Un incontro inaspettato. Per caso ricevi un libro. Lo sfogli ed ecco che le sue frasi cominciano a spalancare le finestre del cervello. Ti accorgi che i pensieri dello scrittore sono dentro di te, ma avevi bisogno di trovarli scritti. E li hai trovati in ‘Diagnosi. Saggio di Fisiologia sociale’ di Gustave Thibon, un filosofo alternativo e tradizionalista, un pensatore alla ricerca delle radici della crisi. Le sue parole abbracciano il lettore, invitano a superare gli schemi intellettuali, suggeriscono così: Attenti, la destra e la sinistra non sono sempre in opposizione. Uomini di destra fecero politiche sociali e quelli di sinistra sposarono i valori di ordine e stabilità. Quindi? Smettetela di riempirvi la bocca con le differenze – lo scriveva Thibon nel 1940 – perché tutto è saltato; pertanto “non si stratta più di imbiancare, ma di ricostruire.” Insomma il capitolo ‘Lo spirito di sinistra e lo spirito di destra’ avvicina le prospettive della contemporaneità, ricorda che la destra trascura “la bassezza degli uomini” e poi idealizza “ipocritamente la natura umana.” Ma ha pure tanto da dire ad una sinistra tutta retorica, figlia di un discutibile “ottimismo senza limiti.”
Thibon dà del tu a Pascal e a de Maistre, pensatori con “una coscienza tragicamente viva dell’abisso.” Ci avvicina così allo scetticismo che accompagna da sempre quelli che non se la bevono, gli apoti prezzoliniani, quelli che sono “scettici per rispetto della verità suprema, realisti per amore della realtà del loro ideale.” C’è un’attraente sincerità intellettuale in questo libro che non dimentica di bacchettare ogni fariseismo, anche quello di destra. Oggi Thibon spinge avanti la nostra riflessione: le destra abbisogna di sincerità, di un ritorno alle competenze, al senso del servizio.
Inoltre ci piace conoscere questo pensatore con le parole di Paolo Giulisano nell’introduzione al testo Iduna. Parole che ci fanno scoprire “un filosofo di campagna, abituato a scrutare tra semi in maturazione nella terra, tra gemme, tra parassiti che possono intaccare ciò che deve maturare.” E i pensieri di Thibon non fanno nette distinzioni tra la sfera privata e quella pubblica. Osservano le due identità, cercano punti di sintesi. “Il primo effetto di una istituzione sana è quello di piegare l’egoismo individuale al servizio del bene comune e di far coincidere , nella più larga misura possibile, l’interesse privato e il dovere sociale.”
Ma la saggezza è fatta di realismo. Discutiamo della comunità e difendiamola. Alla sua base però vi è il lavoro dell’individuo, il suo sacro egoismo. Scriviamolo impudicamente, l’egoismo è una molla della società, giacché il contadino che zappa la sua terra e l’imprenditore coi suoi affari rappresentano la medesima intenzione, lo stesso coraggio, cioè: far fruttare la società partendo assolutamente da se stessi.
‘Diagnosi’ è una ritrovata fonte del pensiero conservatore. È un punto di riferimento che affascinò i maestri. L’introduzione del 1940 a questo libro fu scritta da una guida dell’esistenzialismo cattolico, Gabriel Marcel, da un maestro che insegnò che esistere è questione di fedeltà o tradimento. E Thibon insegna da moralista del XX secolo: sa che le grandi morali furono devastate dagli eventi storici e chiede invece l’ascolto delle morali quotidiane, “Oggi la morale più alta deve imparare a chinarsi sulle realtà più umili…”
*Gustave Thibon, “ Diagnosi. Saggio di Fisiologia sociale”, Iduna , 2021, pagg. 173