Se pensando alla religiosità giapponese, infatti, l’immaginario collettivo spinge a figurarci, solitamente – anche per via di certo filtraggio cinematografico – glabri ed essenziali monaci zen assorti in meditazione o sacerdoti dello shintò dediti ad officiare protocollari cerimonie religiose, il testo di Arnold, diversamente, ci accompagna per mano in un itinerario nel “Giappone profondo” di una vivida coloritura che, come accenna l’autore, potrebbe avere l’eguale solo nello sgargiante folklore del Sud America.
Contesti come quello dello sciamanesimo popolare delle itako, le veggenti e taumaturghe cieche, e dei burberi asceti delle vette, gli yamabushi, ma anche degli stessi arcaici contesti del buddismo tendai e shingon, si stagliano qui fra natura (quasi) incontaminata, arcaiche credenze, enigmatiche presenze (possessioni spiritiche e divinità “guardiane”), dubbio e premonizione, sacro e profano, voces mysticae e santocchieria, in una trama avvincente che si snoda tra reportage e liriche pennellate en plein air a metà fra impressionismo e pittura sumie.
Paul Arnold, che è stato presidente della Comunità buddhista di Francia e fondatore della Comunità buddhista d’Europa, fu magistrato ed ebbe a pubblicare oltre a saggi anche romanzi e opere teatrali; grande studioso di esoterismo, oltre che orientale, occidentale, gli si deve anche una apprezzata Storia dei Rosa-Croce che, nella sua versione italiana, edita da Bompiani, fu introdotta dall’immancabile Umberto Eco. L’introduzione di questo testo, di cui la prima edizione risale al 1972, è invece affidata allo studioso romano Riccardo Rosati, anglista ed orientalista, autore negli ultimi anni di una intensa attività pubblicistica riguardante il Sol Levante, tra cui la curatela de La Religione dei Samurai di Kaiten Nukariya e il suo saggio recentissimo Mishima. Acciaio, Sole ed estetica.
Numerosi furono i soggiorni di Arnold – che aveva sposato una giapponese – in Oriente: oltre i molti viaggi in Giappone, si ricorda anche quello sui ghiacci perenni dell’Himalaya, laddove condusse importanti studi sul buddhismo tibetano. Come si evince anche dalle pagine in questione, le sue fortunate ricerche nel continente asiatico furono in gran parte merito oltre che dell’importante apporto della amata “compagna di viaggio”, della sua sensibilità “tradizionale”, che gli consentì di instaurare proficui dialoghi con varie e autorevoli figure religiose, accreditandosi nell’alveo di scuole e circoli piuttosto chiusi (non di rado esplicitamente avversi al “forestiero”, gaijin), prendendo parte a riti ormai misconosciuti anche dagli stessi autoctoni, soprattutto a causa della proibizione di certi culti legati allo shogunato da parte del potere imperiale in via di centralizzazione e ammodernamento a partire dalla Restaurazione Meiji del 1868, quando il Giappone pose fine ad un lungo periodo di isolamento, aprendosi alle importazioni dall’Occidente; e che vide parallelamente diffondersi in Europa quel particolare gusto che andò sotto il nome di Japonisme, di cui una certa idea ci è data, fra le altre, in molte opere dei Goncourt, di un Aubrey Beardsley, nei romanzi decadenti e, soprattutto, nella celebre Madama Butterfly di Puccini.
Un interesse europeo per il Giappone che – ricorda Rosati – si riverserà in opere di “saggistica narrativa”, nella seconda metà del ‘900, di autori come Roland Barthes, Goffredo Parise ed Italo Calvino, i quali non mancheranno di evidenziare anche bizzarrie e contraddizioni della cultura dell’Arcipelago.
Non tutte, ma molte tappe di questo Viaggio tra i mistici del Giappone rappresentano una indicazione, o forse, più precisamente, un segno, una rivelazione: sono – per chi vuol crederlo – la dischiusura di un “oltre” da cui lumeggia qualche barlume di verità sulle sorti dell’uomo, in quello che si presenta come un “percorso esperienziale” – queste le parole utilizzate nella sua introduzione da Rosati. Un “viaggio” che, scrive lo stesso Arnold, vuole essere anche “un contributo alla restaurazione della spiritualità in Occidente”, laddove la modernità pare aver causato una riduzione della coscienza necessaria per “aperture” sul trascendente.
Un testo, dunque, che si può leggere con l’interesse scientifico dell’antropologo o con l’afflato del “cercatore” spirituale, oppure semplicemente con lo svagato interesse con cui si legge un godibile resoconto di viaggio. Per i virtuosi, anche combinando le tre modalità assieme…
*Paul Arnold, Viaggio fra i mistici del Giappone, Iduna, Sesto San Giovanni (MI), 2021, € 16,00