Una ragazza sola, magra, con un corpo “troppo fragile per vivere e contenere la sua ostinazione” è seduta a un tavolino del cafè La Rotonde, in boulevard Montparnasse, a Parigi, il 16 novembre 1916. Molti francesi sono al fronte, ma nella capitale vivono, in quel periodo, molti giovani artisti.
Così si apre il romanzo Non dipingerai i miei occhi di Grazia Pulvirenti, romanzo intenso che narra una storia che nessuno conosce perché il personaggio, realmente esistito, è stato col tempo inghiottito dall’oblio imposto dalla famiglia all’indomani della sua morte.
Jeanne Hébuterne, la ragazza “sola e magra”, compagna e musa del grande artista italiano Amedeo Modigliani, era la sua modella più apprezzata. Giovanissima donna disinibita, ribelle, anticonformista, non seppe sopravvivere alla morte del suo amato per meningite tubercolotica il 24 gennaio del 1920, nell’ospedale de la Charité, a 35 anni di età. Così, due giorni dopo Jeanne, incinta all’ottavo mese, preferì seguirlo nel silenzio, “oltre la soglia” della vita, lasciando sola una bambina di poco più di un anno, Jeanne Modigliani. Si lanciò nel vuoto da una finestra. Il nome di Jeanne Hébuterne ai più non dice nulla sebbene molti ricordano che la modella preferita e ultima compagna di Modigliani si suicidò per lui. Di lei resta solo un atto di profonda ed estrema devozione.
Nata a Meaux, in Francia, il 6 aprile 1898, molto bella, corpo da modella ma anche pittrice di talento. E fu proprio all’Académie Colarossi che conobbe Modigliani e tra loro due fu subito un colpo di fulmine. Un amore duro, contrastato dal padre di lei, Achille Casimir Hébuterne. Di origini ebraiche come Modigliani, ma convertito al Cattolicesimo, non approvava la relazione della figlia con un artista ebreo, che considerava un depravato. E Jeanne divenne subito modella e compagna del pittore livornese, rinunciando a tutto per vivere con lui a Montparnasse, in una mansarda fatiscente.
L’anno scorso, per i cento anni della morte di “Modì” è stato girato un docu-film sull’artista visto con gli occhi della compagna. Ma il documento che restituisce con forza questa storia è Non dipingerai i mie occhi di Grazia Pulvirenti, donna e intellettuale poliedrica: poetessa, scrittrice, germanista, ordinario di Letteratura tedesca nell’Ateneo di Catania, autrice di vari saggi.
Il romanzo è un’opera di fantasia, non una biografia sulla breve vita di Jeanne. Un’opera di fantasia che proprio per questo forse si avvicina maggiormente alla realtà. Pulvirenti afferma che il materiale documentario reperito le ha offerto piste da seguire per “disegnare” la breve esistenza della ragazza e le frasi riportate in corsivo, e virgolettate, sono state espresse davvero da Jeanne.
Insomma, Jeanne era una ragazza che abbandonò la famiglia agiata per seguire il suo amore, a vent’anni divenne madre e conobbe la disperazione e poi la morte per la perdita del compagno.
Grazia Pulvirenti un po’ con la documentazione ritrovata, un po’ con una sensibilità davvero profonda, ricostruisce una scheggia di esistenza, un percorso presto smarrito nel nulla. Lo fa dando voce a una donna che aveva talento nella pittura, ma che nessuno avrebbe conosciuto come artista. Dopo la morte la sua famiglia, infatti, non volle che fossero esposti i suoi quadri. Solo di recente sono stati mostrati al pubblico.
Tutta la storia, dalla Rotonde nel 1916, si dipana per alcuni anni, troppo pochi, e viena narrata in un romanzo dolce, diviso fra arte e vita, morte e amore, che sembra scritto per un debito di solidarietà (ecco la dedica dell’autrice sul risguardo: “A Jeanne e alle donne scomparse nell’ombra della storia. Affinché il loro sguardo silente possa ancora parlare…”), per restituire la voce a una ragazza che i dolori della vita hanno spezzato, hanno fatto dimenticare i suoi colori, l’espressione obliqua, di sottecchi, rimasta per sempre in alcune foto e in alcuni quadri di Modigliani, con quell’incarnato candido, gli occhi glauchi, i capelli castani con riflessi rossi, il volto imbronciato o lo sguardo assente. Pulvirenti punteggia il racconto con titoli di opere d’arte: da disegni a quadri, a fotografie a schizzi e sotto ogni titolo di opera c’è una narrazione, un flash, pensieri che logorano l’attesa, quella di una vita troppo breve trascorsa con Amedeo.
L’autrice, una vera scrittrice, restituisce, con particolare chiarezza e singolare precisione, anche la vita della Parigi di quegli anni, l’ambiente artistico, le giornate nelle cantine e negli atèlier, le mostre nei parterre, i tetti e i cafè di Parigi.
“Non dipingerai i miei occhi” diceva Jeanne ad Amedeo, e lui segnava “due ferite azzurre”. Perché nei suoi occhi era racchiusa la sua anima, ed era l’essenza che Modigliani ricercava, non la verosimiglianza. Un libro da non perdere.
Grazia Pulvirenti, Non dipingerai i miei occhi (Jouvence ed., pagg. 145, euro 12.00)