Romanzo psicologico dipinto di azzurro ma, intrinsecamente, venato da sfumature “noir”. Georges Simenon sussurra una storia magnetica e consumata in poche ore di lettura. Due facce della stessa medaglia: passione ed ossessione. Un processo per un duplice delitto e flashback pronti ad incorniciare gli imputati.
Amanti inquieti o bisognosi del passato? Sono innumerevoli le ipotesi ma condotte alla veridicità della follia.
Le richieste del giudice scavano nella colpa rimasta oscura e bruciano la tolleranza del pubblico.
Nella provincia francese di inizio anni ’60 si susseguono falsa innocenza, tradimento, immagini di un preterito al setaccio, morte e prostazione. Andrée e Tony si conoscono da quando erano piccoli e lei ne è sempre stata innamorata. All’interrogatorio nell’ufficio del giudice istruttore e alla lettura del verdetto la sua unica preoccupazione è lui, il suo futuro con Tony.
La verità è labile e nelle mani del lettore. Lo scritto dell’autore è raffinatamente icastico nella sua naturalezza, un gergo pacato, senza orpelli che arriva dritto e, contrariamente a quanto possa credersi concentrato di tecnica e semantica linguistica.
Andrea Camilleri nel raccontare Simenon parlava di sublime semplicità delle parole e profondità dei ruoli. Proprio così, sono più di ottocento le opere a noi disponibili e, nella maggior parte così come in questo straordinario capolavoro non c’è una soluzione al caso ma spazio e metafora dei personaggi tuttavia ignari della veste attribuitogli dalla natura umana.
Eppure, tra le movenze degli episodi, fonte di ispirazione e catarsi mi ritrovo a chiedere:
L’amore è innocente o colpevole?
*La camera azzurra di George Simenon (pp. 153, euro 13,50, Adelphi)
Il romanzo è el 1963, la traduzione italiana di Marina Di Leo per Adelphi del 2003. Sarebbe interessante capire il motivo della odierna riflessione.