La pandemia da Covid-19, con la quale ci stiamo confrontando da diversi mesi, sta cambiando le nostre vite: le sta cambiando in peggio e non soltanto dal punto di vista economico-sanitario. L’imprevista situazione nella quale ci siamo venuti a trovare, imprevista per quanti vivevano nella illusoria convinzione del progresso illimitato, ci ha costretti ad interrogarci su quanto sta accadendo. Da qui la pubblicazione di un numero considerevole di volumi dedicati alle conseguenze della pandemia da Cornavirus. Tra essi, ci preme segnalare il libro di Aldo Maria Valli, Virus e Leviatano, edito da Liberilibri (per ordini: 0733/3231989, ama@liberilibri.it, pp. 94, euro 11,00). L’autore noto giornalista e già vaticanista del Tg1, è attualmente dedito alla cura del blog Duc in altum.
Valli utilizza, quale registro privilegiato al fine di interpretare quanto è avvenuto durante il lockdown, strumenti esegetici filosofico-politici. In quei mesi tragici, abbiamo assistito alla sospensione radicale delle garanzie costituzionali. Ciò, e non solo in Italia, è avvenuto grazie ad una narrazione, creata ad hoc dai mezzi di comunicazione di massa sempre più eterodiretti, mirata a diffondere il terrore per la malattia. Una comunicazione emozionale che ha, in un lasso di tempo brevissimo, trasformato il cittadino, attivo politicamente e cosciente dei propri diritti, in un paziente che: «non è più in grado di interloquire, ma può solo lasciarsi guidare» (p. 22) dallo Stato paternalista, incarnatosi nella figura, televisivamente suasiva ed onnipresente, del nostro Presidente del Consiglio, pronto a promulgare, dall’alto del suo scranno, una serie di decreti che, nel momento in cui scriviamo, non sappiamo ancora quando avranno termine. Di fronte a tale situazione, l’autore si interroga sulla tradizione democratico-liberale, svanita, durante il presunto «stato d’eccezione», in un battibaleno, chiedendosi se essa sia stata nella nostra storia soltanto maquillage della tendenza, innata in noi italiani, allo statalismo o, al contrario, qualcosa di sostanziale.
Per usare le parole di Giancristiano Desiderio, durante la quarantena forzata abbiamo visto nello Stato: «un’istituzione salvifica alla quale vendere l’anima, in cambio della salvezza del corpo» (p. 16). Non c’è da stupirsi: viviamo in un’epoca in cui gli uomini concedono realtà esclusivamente al tangibile, alla materia, alla quantità, al corpo. Per questo, da tempo immemorabile, il sacramento della confessione è stata sostituito con periodiche visite agli ambulatori dei medici, dai quali ci attendiamo l’unica salvezza possibile. Di fronte alla paura da Covid-19, lo statalismo è divenuto punto di riferimento, non solo del ceto politico, ma anche del corpo sociale, che ad esso si è adeguato docilmente: «Dispotismo statalista condiviso, dunque» (p. 16) chiosa Valli, grazie all’assolutizzazione della Salute quale valore e della scienza come fede: «Il dogmatismo […] è riapparso sotto forma di intransigenza medico-scientifica […] il virologo ha assunto il ruolo di sacerdote» (p. 17). Non è casuale che, in tale contesto, si sia scelto quale slogan designate la quieta accettazione della reclusione coatta, «Andrà tutto bene» che, ricorda Valli, risale a Giuliana di Norwich, mistica inglese del Trecento, venerata come santa da cattolici e anglicani.
La crisi ha messo in luce la debolezza dello Stato, soverchiato dagli organismi sovranazionali, la debolezza degli esecutivi, il cui autoritarismo è conseguenza dell’incapacità decisionale che li contraddistingue di fronte all’emergenza, ma ha, inoltre, chiarito la latitanza dei corpi intermedi e della Chiesa, che assecondando le decisioni del Presidente del Consiglio, ha accettato supinamente la sospensione della libertà religiosa. E’ accaduto che: «l’autocrate di turno si è proclamato servitore del popolo e ha preso le decisioni sotto forma di servizio, per il bene della salute pubblica» (p. 19), supportato nella sua azione dal Comitato Tecnico-Scientifico (redivivo Comitato di salute pubblica). Siamo al totalitarismo della Tecno-Scienza che si impone sull’homo timorosus, sull’ homo vacuus del nostro tempo. Tale soggetto depotenziato accetta di buon grado di rinunciare, a favore del nuovo Leviatano, alla libertà. Del resto, come ha notato Jacques Attali, lo Stato nazionale non si impose in Francia, attraverso l’istituzione, nel XVII secolo, dell’Ospedale, in cui venne reclusa, stando a Foucault, la povertà e la diversità sociale? E allora, quale migliore occasione, per i nostalgici di Marx, per tornare a sperare in un ordine nuovo. Il filosofo Slavoj Žižek ha sostenuto che: «il coronavirus ci costringerà a reinventare un comunismo basato sulla fiducia nelle persone e nella scienza» (p. 33). Gli ha fatto eco il nostro Beppe Grillo, rilevando che l’attuale emergenza potrebbe favorire una svolta rivoluzionaria.
La Chiesa, di fronte a tale situazione, avrebbe potuto far ri-scoprire agli uomini: «oltre la fisicità della malattia, la sua meta-fisicità», avrebbe dovuto tornare a parlare del mistero della vita. Eppure, durante la pandemia è risultata acquiescente alla disposizioni governative, sintonica alla cultura di senso comune dominante : «Più che teologia ha fatto sociologia religiosa, lasciando i fedeli privi di un punto di riferimento saldo» (p. 52), in un momento in cui avevano estremo bisogno di parole di verità. Quella di Papa Francesco è una Chiesa che ha rinunciato a se stessa. La situazione attuale è dominata dal conformismo assoluto, dal totalitario pensiero Unico, dall’intellettualmente corretto. Tale conformismo, come ebbe a dire Anders, si basa non sulla semplice assimilazione dei contenuti proposti dal potere, ma li interiorizza profondamente. L’anima del «congruista» patisce l’eccedenza di informazione acritica, che gli impedisce di compiere scelte autonome. Inoltre, lo Stato terapeutico mira non soltanto a redarguire e a reprimere chi non si adegui agli obblighi imposti, ma agisce in modalità soft, per determinare il benessere dei nuovi «sudditi» e, in questo ambito, non ammette concorrenza.
Questo libro ci mette in guardia rispetto a quanto potrebbe capitarci, in termini politici, anche dopo la pandemia. Propone, però, la difesa delle liberal-democrazie, che non condividiamo. A nostro modo di vedere, fin dalle sue origini la democrazia liberale, come riconobbe lucidamente il filosofo Andrea Emo, ha avuto tratto epi-demico, in senso etimologico greco, in quanto ab initio ha teso a sovrapporsi, con i suoi apparti, al popolo. Il dispotismo sanitario ha mostrato in modo teatrale tale tendenza: esso rappresenta una variabile radicale del nuovo regime in cui, da tempo, si sono trasmutate le democrazie-liberali, la governance, espropriatrice di libertà. Non si tratta di difendere dal dispotismo sanitario la democrazia liberale, ma di pensare ad una democrazia organica centrata sui valori della Tradizione, quale possibile alternativa al presente.
* Virus e Leviatano, di Aldo Maria Valli, edito da Liberilibri (per ordini: 0733/3231989, ama@liberilibri.it, pp. 94, euro 11,00 , per acquisti qui)
La demorazia organica si chiama comunismo, nazismo, fascismo, peronismo ed ha fallito ovunque.
Ho conosciuto Aldo Maria Valli nel lontano 1987, quando una giuria di cui facevo parte gli conferì il Premio Londa (non Londra: Londra è un Comune appenninico della Provincia di Firenze, enclave bianca nella Toscana rossa). Insieme a lui premiammo Eugenio Corti, per il suo romanzo Il cavallo rosso, autentico capolavoro per cui lo scrittore di Besana, di recente scomparso, sarebbe stato vent’anni dopo proposto per il Premio Nobel per la Letteratura. Premiammo Valli, all’epoca redattore dell'”Avvenire”, per il suo saggio La verità di carta, che denunciava le ipocrisie e le rimozioni della grande stampa sul fenomeno dell’aborto, divenuto nell’eufemistico gergo burocratico interruzione volontaria di gravidanza. Ricordo la serata del premio, vicino al lago artificiale che faceva l’orgoglio di quella cittadina, e la cena, in cui Valli, in compagnia della madre, fu afflitto da un attacco improvviso di allergia. Poi ci perdemmo di vista, ma seguii con soddisfazione le brillanti tappe della sua carriera in Rai. E con ancor maggiore soddisfazione ho preso atto delle sue recenti prese di posizione nei confronti dell’evoluzione dell’odierno pontificato. Leggerò volentieri questo suo libro, che ha il merito di sollevare un problema – la tutela dei diritti dell’individuo dinanzi all’invadenza di una dittatura salutistica – che nei prossimi mesi (basti pensare alla proposta di un passaporto sanitario) si porrà in forme forse drammatiche.