Silvio Berlusconi è stato condannato. Così la Corte di Cassazione ha deciso – dopo un conto alla rovescia che messo a dura prova la tenuta nervosa dei protagonisti – con una sentenza “bizantina” di complicata lettura ma che conferma l’impianto del procuratore generale: il reato di frode fiscale è stato compiuto dall’imputato. Resta aperta la “finestra” dell’interdizione (che la Suprema Corte ha rimandato in Appello), ed è sulla definizione di questa decisione che si giocherà adesso la strategia del Cavaliere rispetto se stesso e le sorti del governo.
Dal punto di vista giudiziario, il ricorso dei legali Franco Coppi e Niccolò Ghedini è stato respinto anche se Berlusconi non uscirà immediatamente dalla scena politica. Sarà la Corte d’Appello, infatti, a stabilire la durata dell’interdizione, la vera “condanna” per il leader del Pdl. Di fatto lo scenario fosco disegnato dallo stesso Berlusconi si è manifestato, anche se in una forma che non lo punisce su tutti i fronti ma che fa precipitare nell’incertezza il futuro della tenuta del sistema politico italiano.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Beppe Grillo, come era scontato, ha esultato: «Berlusconi è morto. Viva Berlusconi! La sua condanna è come la caduta del Muro di Berlino nel 1989», ha scritto sul suo blog. Ma è chiaro come siano state le prime parole del Pd – che non avrà poche difficoltà a gestire un elettorato che non accetterà mai di convivere con un “pregiudicato” – quelle più attese. Lo ha fatto con il segretario Guglielmo Epifani che ha commentato subito con il coltello tra i denti buttando la palla nel campo dell’“alleato”: «Il Pd rispetta la separazione tra i poteri e chiediamo al Pdl rispetto verso la magistratura e di non fare forzature istituzionali dopo una sentenza che è basata sull’accertamento dei fatti e non su pregiudizi».
Da parte del Pdl è Sandro Bondi, coordinatore del Pdl, ad esprimere tutto il suo sconforto per una decisione durissima: «La sentenza della Cassazione non dà serenità al nostro Paese, che avrebbe un bisogno assoluto di stabilità di governo e di riconciliazione nazionale. Toccherà alle forze politiche più responsabili e alle istituzioni più coscienti della gravità della situazione, agire per non far precipitare l’Italia in un pericoloso vicolo cieco e di mantenere aperta una prospettiva di tenuta dello Stato e della democrazia».
Non è un caso, poi, che sia giunto subito anche il commento di Giorgio Napolitano, che si candida nuovamente a fare l’arbitro di una situazione nebulosa. «La strada maestra da seguire è sempre stata quella della fiducia e del rispetto verso la magistratura», ha spiegato il capo dello Stato, che con questo teorizza la separazione definitiva tra il destino del Cavaliere e quello del governo. Il cerino, adesso, passa a ciò che Berlusconi deciderà di fare assieme ai suoi. Il governo è appeso a un filo. Ma, ora come mai, stavolta lo è anche il destino del Cavaliere.