Nel linguaggio comune della destra sta tornando un’espressione che sembrava superata, un po’ datata, di sapore risorgimentale: “patriota”. Espressione entrata nel lessico politico anche di altri paesi europei. Come mai? Nasce dall’esigenza di connotare un determinato modo di sentire l’appartenenza a un “territorio abitato da un popolo e al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni” (dizionario Treccani). Un modo di sentire profondo e importante. Patriota significa “che è dello stesso paese, compatriota” ma anche “persona che ama la patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa” (dizionario Treccani). Il richiamo è alle guerre, al Risorgimento, in questa spiegazione ha un significato circoscritto, limitato. Non si è patrioti solo perché si ama la patria. Lo si è se si è disposti a un supplemento d’anima, a un supplemento di slancio e di sacrificio per essa. Un sacrificio che deve significare tutto: la vita, il proprio destino. In questa ottica si comprende che solo a destra può essere utilizzato questo termine, così totale e totalizzante. Solo chi vive e sente così radicalmente la propria Origine e la propria Identità, che sono alla base del patriottismo, è disposto a tutto per esse, per affermare il compimento che vi è, di generazione in generazione, in questa realtà. Quindi non va inteso in senso puramente geografico ma basato su ciò che ab origine significava essere italiano, non certo l’italiano globalizzato, l’italiano che potrebbe andare a vivere in un altro paese e sentirsi bene esattamente come a casa propria. La Patria, del resto, è la propria nazione, i propri cari, la propria città, la propria lingua e il proprio dialetto, i parenti e gli amici, i compatrioti di altre regioni e città italiane. Ma per estensione e per identità può essere ricompresa, partendo dall’Italia, anche l’Europa che ha basi e fondamenti culturali nati in Grecia e in Roma. Tanti scrittori patrioti, come Drieu, Brasillach, e tanti altri italiani, tedeschi, hanno cantato l’Europa pur non dimenticando mai il proprio essere francesi, italiani, tedeschi, spagnoli. Essere patrioti è una visione totalizzante e nello stesso tempo “concentrica”: il vero patriota europeo sente l’appartenenza alla propria città, regione, nazione, continente. Il patriottismo, come sottolinea il dizionario Treccani, è “Sentimento di amore, obbedienza e devozione verso la patria”. Sentimento fervido, quindi, che lega alla terra dove si è nati e quindi anche agli avi, alla lingua, alla cultura proprie ma senza chiusure verso l’Europa, anzi. Chi è patriota è più facilmente anche europeista, le due cose non sono in conflitto e la storia lo ha dimostrato in varie contingenze. Chi è patriota non può essere internazionalista o globalista, non può essere materialista, non può anteporre agli interessi della patria idee astratte come a esempio “i diritti universali” o “i valori democratici” o “il diritto di migrare” o l’appartenenza a una nazione solo come “la patria come luogo dove si sceglie di vivere”. Come usano dire gli anglosassoni, “Right or wrong, my country” (“giusta o sbagliata, è la mia patria”) come legame indissolubile, indiscutibile a priori. La polemica patriota-europeista è falsa, quindi. E l’Unione europea non c’entra con l’Europa.
La modernità tende proprio a cancellare la cultura, le tradizioni, la storia. Perciò richiamarsi alla Patria, alle regole e ai nostri ascendenti ha proprio il senso di opporsi a questa operazione che vuole fare dei popoli masse informi disposte al massimo a essere individui. Altra cosa ancora è il nazionalismo rispetto al patriottismo. Sì, perché la Patria esiste da sempre, non è un’invenzione o una idea di parte, o frutto di una politicizzazione.
Addirittura il primo a citare la Patria, secondo gli studiosi, fu Virgilio (70-19 a.C.): considerava la Patria la terra nella quale vivevano le genti d’Italia; poi Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) che considerava l’Italia “terra che è insieme la figlia e la madre di tutte le altre, scelta dalla volontà degli Dei” qui con una connotazione universalistica, visto che si era in piena epoca romana. Fu questa visione, forse, a essere ripresa da Dante Alighieri che definì il Belpaese “la più nobile regione d’Europa”. Non aveva torto: due fra le maggiori civiltà del mondo, se non le maggiori, nacquero nella penisola: la Magna Grecia e Roma. Per non parlare di tutta la cultura e la meraviglia che l’Italia ha dato al mondo. A seguire, con Petrarca, Machiavelli e tanti altri pensatori italiani, il concetto di Patria si affermò. Solo con la Rivoluzione francese (Allons enfants de la Patrie…) e il Risorgimento l’espressione finì per assumere una connotazione politica.
Ma mai come oggi la Patria è qualcosa di necessario e in divenire, il cui concetto sarà arricchito dalle successive generazioni, esattamente come avvenuto in passato senza dimenticare mai l’Origine, le ascendenze, l’appartenenza. Perché la Patria è il territorio, il sangue, le tradizioni ma soprattutto ciò che i nostri padri hanno realizzato, hanno lasciato.