La via maestra resta sempre il voto. Dare la parola agli italiani. Non ci sono dubbi. Ma superata la fase emotiva delle semplificazioni, c’è la storia parlamentare che costituisce il tracciato da seguire quando si affronta una crisi di governo.
Non contano i consensi degli italiani per le varie forze politiche, o meglio, non contano solo i consensi dei partiti nell’ultimo sondaggio. Pesano i voti dei parlamentari, tra cui peones, eletti per caso, e tanti pragmatici disincantati.
E poi ci sono i sovranisti governisti, convinti che stando al governo si avrebbe l’opportunità di incidere nei progetti realizzabili con i fondi Ue del Recovery, nella politica internazionale (dove si va manifesta sempre più una Italietta nel Mediterraneo), e nel temperare i furori del mondo radicale dei diritti (in attesa che passi la crisi pandemica e economica per completare la demolizione dei legami comunitari e tradizionali in nome del nichilismo estremo e dell’immigrazionismo). Magari con il ministero dello Sviluppo Economico, o della Difesa, o dell’Innovazione, per essere parte della lotta patriottica alla crisi, e della modernizzazione di un paese che non riesce a garantire diritti essenziali nella Sanità e nell’Istruzione, come testimoniano le sofferenze delle famiglie e dei giovani.
E’ solo una fascinazione? Chi può dirlo. Magari Renzi e Conte si ri-fidanzano. Magari si rompe l’alleanza giallo-rossa e al Colle si sceglie la via dell’unità nazionale, quella a cui guardano anche tanti eletti Lega-Fdi convinti che un premier istituzionale sia meglio dell’attuale professore di Volturata Appula…
Così si potrebbe avverare a profezia di Giancarlo Giorgetti, Richeliu della Lega, che qualche tempo fa aveva previsto i marosi per il governo del BisConte, prefigurando una via d’uscita con un governo di unità nazionale, a guida istituzionale.
La profezia di Giorgetti
Scrive Francesco Verderami sul Corsera:
“Quando descriveva la parabola della legislatura disegnandone la traiettoria con un dito, in pochi nella Lega gli davano retta. Forse perché non ritenevano plausibile un simile scenario. Forse perché lo temevano. Perciò Giorgetti liquidava bruscamente la conversazione: «Vedrete che finirà così. Non c’è avvenire se non si fa un governo che abbia in Parlamento la forza necessaria per caricarsi i problemi del Paese»”.
L’evolversi della situazione politica tra i conservatori è così sintetizzata ancora da Verderami:
“E sebbene l’ipotesi sia ancora fumosa, c’è un motivo se è il tema su cui si concentrano i ragionamenti dei leader di opposizione. Non c’è dubbio che Berlusconi sarebbe pronto a rispondere a un eventuale appello per «salvare il Paese»: ne ha parlato l’altro giorno con Gianni Letta e Ghedini che sono andati a trovarlo in Francia. Ovviamente non si espone per non rompere l’unità della coalizione, ma è a conoscenza delle idee di Salvini come della Meloni. Per quanto si marchino stretto, presi come sono dalla competizione interna, il capo del Carroccio e la leader di FdI sono pronti a verificare le condizioni di un gabinetto di unità nazionale. Ma usciranno allo scoperto solo se la profezia di Giorgetti si realizzerà. Sanno che in quel caso — vista l’emergenza pandemica e la crisi economica — se dovessero negarsi, finirebbero per isolarsi e ritrovarsi fuori da una sorta di nuovo arco costituzionale. Per ora lasciano agli alleati più piccoli il compito di lanciare segnali in quella direzione. Nel frattempo ripetono «al voto, al voto»”.
Chi sono i sovranisti governisti nella Lega e in Fdi? Non escono allo scoperto, ma – come avvenuto già nella nascita del governo Conte Uno – chiedono, se ci sarà l’occasione, di fare politica per usare le leve dell’esecutivo. Con realismo. Quello che è mancato ai troppi che hanno ceduto alle sirene dei santoni di altri continenti, con il volto di paffuto, ora diventati di colpo demodè…
Ma perchè non lasciamo perdere il sovranismo – tanto non ci crede nessuno – e si costituisce il Partito della Serietà Nazionale (non a Napoli, magari).