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L’europeismo di Drieu tra filosofia, letteratura e politica

Passaggio al Bosco ripubblica il saggio "Drieu La Rochelle: il mito dell'Europa" con scritti di Adriano Romualdi

by Andrea Scarano
16 Gennaio 2021
in Cultura
1
Il mito dell’Europa di Drieu La Rochelle

Quale visione del mondo caratterizza uno dei principali letterati francesi del Novecento, dalla personalità complessa e solitaria, misconosciuto in quanto scomodo e inattuale, a lungo ignorato anche dalla destra, compresa quella italiana? La casa editrice “Passaggio al bosco” propone la ristampa del saggio “Drieu La Rochelle: il mito dell’Europa”, pubblicato per la prima volta nel 1965 con i contributi di Adriano Romualdi, Mario Prisco e Guido Giannettini.

Gli autori ripercorrono le vicende di uno scrittore “diviso” tra speculazione filosofica e pensiero politico, letteratura e problemi sociali, religione e militanza più o meno attiva, tormentato innanzitutto dall’idea – di chiara derivazione nietzschiana – della decadenza, causa della scomparsa delle individualità nell’anonimato e della lenta dissoluzione di classi e gerarchie, minaccia incombente sia per la Francia che per l’intero occidente, immersi nel “pantano putrido” delle società moderne, borghesi e capitaliste.

Aristocratico e legato alle proprie origini normanne, Drieu partecipò attivamente alla prima guerra mondiale salutandola come una vera e propria liberazione, enfatizzando sia i suoi aspetti mistici ed eroici che l’ebbrezza di un sogno di potenza capace di svelargli l’unità assoluta dei binomi vita/morte e dolore/gioia, inducendolo a sperare nelle possibilità di rinascita poi vanificate dalla ritirata dei francesi, nei confronti dei quali non nascose un forte risentimento; la loro mediocrità di fronte alle potenze emergenti era il segnale che l’esperienza repubblicana iniziata nel 1789 potesse considerarsi irrimediabilmente conclusa.

L’obiettivo di distruggere i miti della civiltà decadente, compresi quelli stantii del conservatorismo, sfociò nell’adesione al movimento dadaista; la confluenza dei suoi maggiori animatori nel surrealismo e nel comunismo – ai cui militanti lo scrittore riconobbe sempre la predisposizione al sacrificio e alla lotta – decretò ben presto il suo allontanamento dai vecchi amici e l’inizio dell’impegno teso all’edificazione della patria e dell’idea europea. L’unità politica, superamento del nazionalismo in una forma di federazione di Stati, alternativa sia al capitalismo che al comunismo, avrebbe altresì evitato lo spauracchio di una condizione di subordinazione coloniale alla Russia o agli Stati Uniti.

La progressiva presa di coscienza del fatto che solo il fascismo inteso come fenomeno europeo potesse imporsi alla stregua di una rivoluzione integrale, sintesi di interessi politici e spirituali, dei valori di libertà e autorità, lavoro e capitale, cominciò con i tumulti di Parigi del febbraio 1934; la cronaca di quegli avvenimenti, ripresa nel romanzo “Gilles”, lo illuse per breve tempo che l’insurrezione di fascisti e comunisti potesse rovesciare il governo radical-socialista.

L’analisi del fallimento dell’azione rinnovatrice dei partiti di destra e di sinistra contenuta in “Socialismo fascista” spinse Drieu ad auspicare la costituzione di un nuovo partito, riponendo l’effimera speranza dell’instaurazione del socialismo – “non quello dei negatori dello spirito e non basato sull’invidia”, sottolinea Romualdi – e del fascismo nella militanza tra le fila del Partito popolare francese, una formazione di ex comunisti (tra i quali il suo fondatore, Jacques Doriot), radicali e fascisti.

Nel contesto del secondo conflitto mondiale, in cui la Germania nazionalsocialista – simbolo del più “compiuto” fascismo europeo – affermò progressivamente la propria egemonia come dato di fatto incontrovertibile, Drieu giustificò l’adesione al collaborazionismo non solo con la scelta dell’intellettuale che, non temendo le scelte impopolari, si assume le sue responsabilità. L’atteggiamento morbido tenuto dai tedeschi verso la popolazione ed i militari francesi e la rinuncia – dopo l’armistizio e almeno fino alla metà del 1941 – a rivendicazioni territoriali sia per i possedimenti coloniali che per regioni (come l’Alsazia e la Lorena) appartenute fino al 1919 alla Germania, lo illusero che essi avrebbero accettato la leale cooperazione degli altri paesi nella posizione di “primi inter pares”, soddisfacendo le esigenze di inserimento della Francia nel processo di formazione del Nuovo Ordine Europeo, del ritorno alle mitiche età dell’oro e della grandezza antica.

Una volta scomparsi il nazionalismo tradizionale e le vecchie patrie, lo scacchiere internazionale sarebbe stato costituito da tre Imperi: America, Russia ed Europa unita – nonostante la sciagurata guerra fratricida anglo-tedesca – contro massoni e gesuiti, progressisti e radicali, borghesi e proletari. Partendo da una critica del concetto di progresso e di civiltà che coinvolgeva anche il cattolicesimo moderno e decadente, Drieu sviluppò un’etica fascista che, perseguendo l’obiettivo della “civiltà dell’eroe”, i miti del sangue e dell’uomo nuovo, disciplinasse l’anima – concepita come eterna – ed il corpo, ricorrendo sia alle virtù guerriere che a quelle monacali; attribuì, pertanto, alla spiritualità non il significato perbenista e sentimentalistico di amore per il prossimo, ma quello di forza interiore che si traduce in severità e dura essenzialità.

La sua concezione religiosa tentò di conciliare il cristianesimo eroico della visione medioevale del Cristo regale e virile ed il paganesimo, concepito come recupero di orientamenti metafisici pre-cristiani – che ammetteva l’esistenza di altre divinità al di sotto di Dio (“profondità del mondo”) – e come negazione del fatto che un Dio “personale” esprimesse l’autentico sentimento della divinità.

Senso del sacrificio, significato della resurrezione, guerra perduta, sogno infranto dell’Europa sono tematiche ricorrenti nella sua produzione letteraria, insieme a quella della morte. Alla vigilia dell’invasione e dei bombardamenti alleati, Constant – protagonista del romanzo “Cane di paglia” – è lo spettatore amareggiato e distaccato degli eventi, pronto a compiere il gesto estremo in qualità di alter ego di Drieu che – tradito dalla scelta dei tedeschi di rinnegare il ruolo rivoluzionario per perseguire politiche di annessione destabilizzanti per l’unità del vecchio continente – pianificò e consumò, in piena coerenza e coscienza, il suicidio.

Andrea Scarano

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Tags: adriano romualdiBarbadillodrieudrieu la rochellepassaggio al bosco

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Comments 1

  1. sandro says:
    4 anni ago

    eccellente sintesi del pensiero di Drieu, cui può aggiungersi che fu precursore di un ecologismo identitario

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