“Dio esiste”.
“La Patria è una”.
“La famiglia è l’unione di uomo e donna”.
Al lettore italofono queste tre lapidarie sentenze non possono che richiamare alla mente il noto motto mazziniano (qui leggermente modificato) che rimanda un po’ al fascismo. Chi è un po’ abituato all’attuale dibattito politico-culturale russo non sarà in alcun modo sorpreso nel sapere che queste sono alcune delle affermazioni più interessanti del programma del partito politico “Per la verità” (Za pravdu) fondato da un uomo dichiaratamente socialista: lo scrittore russo Zachar Prilepin.
L’uomo
Evgenij Nikolaevič Prilepin, noto come Zachar Prilepin, nasce il 7 luglio 1975 nel “selo” (unità amministrativa russa intermedia fra il villaggio e la città) di Il’inka nella regione di Rjazan’. Frequenta l’Accademia militare di Nižnij Novgorod e contemporaneamente studia filologia all’università statale della stessa città. Nel 1996 viene chiamato alle armi e quindi partecipa alla prima guerra cecena (1994-1996) nei corpi speciali russi OMON. Nel 1999 partecipa alla cosiddetta “guerra del Daghestan”, conflitto che segna l’inizio della seconda guerra cecena (1999-2009). Nel 2014 partecipa alle operazioni militari nel Donbass che porteranno all’annessione della Crimea. Gli studi militari e la partecipazione diretta a questi conflitti lo segnano profondamente come uomo, artista e politico. Nel 2000 inizia la carriera giornalistica presso la testata “Delo” di Nižnij Novgorod di cui diverrà redattore principale l’anno successivo. Dal 2007 al 2015 è il direttore generale e il principale redattore de “Il nuovo giornale” della stessa città. È sposato con quattro figli.
L’artista
Zachar Prilepin è definito dalla critica russa “il nuovo Tolstoj” poiché è in grado di comporre opere al passo con i tempi ma in perfetto stile tolstojano (si vedano a titolo d’esempio i saggi di Galina Juzefovič). La sua produzione artistica si rifà direttamente alla tradizione del periodo d’“oro” della letteratura russa, con le parole dello stesso Prilepin: “Deržavin, Vjazemskij, Lermontov, Bestužev-Marlinskij e Gumilёv sono i miei predecessori”. Non a caso il tema di un’opera del 2017 “Plotone. Ufficiali e miliziani nella letteratura russa” (Vzvod. Oficery i opolčency v rucckoi literature), purtroppo non ancora tradotta in italiano, è proprio il rapporto con i maggiori esponenti di questa gloriosa tradizione.
Prilepin, da un punto di vista formale, affronta questo problema componendo una raccolta di biografie di quegli scrittori del secolo d’oro che “non solo sapevano tenere in mano la penna, ma anche le armi”: il tenente Gavril Deržavin, l’ammiraglio Aleksandr Šiškov, il generale Denis Davydov, il colonello Fёdor Glinka, il capitano Konstantin Batjuškov, il generale maggiore Pavel Katenin, il “kornet” (grado dell’esercito imperiale russo) Pёtr Vjazemskij, il capitano di cavalleria Pёtr Čaadaev e infine il capitano Aleksandr Bestužev-Marlinskij sono i suoi principali interlocutori. Uomini d’armi e scrittori, guerra e letteratura, penna ed armi, Russia e Caucaso sono per Prilepin binomi indissolubili. La guerra non è solo un mero fatto storico da raccontare o un pretesto per scrivere nuovi racconti o romanzi. La guerra in tutti questi autori si configura come un’esperienza personale profondamente vissuta, una riflessione critica del reale, una comprensione del senso della storia russa.
Altri testi non ancora tradotti in italiano che meritano di essere menzionati sono: “Il nome dei fiumi. 40 motivi per dibattere sulle cose più importanti” (Imja rek. 40 pričin posporit’ o glavnom, 2020) e “Alcuni non finiranno all’inferno” (Nekotorye ne popadut v ad, 2019).
Ogni capitolo del primo libro è dedicato ad un particolare periodo della storia russa (considerata dalle sue origini fino agli avvenimenti contemporanei) o ad alcune delle personalità politiche più importanti “che con le loro decisioni hanno condizionato la vita di milioni di persone”. Vengono anche presi in considerazione e criticati tutti i valori (positivi o negativi che siano) e le “illusioni” che hanno animato la storia russa. Nel secondo libro l’autore racconta ed esamina la propria vita negli anni successivi al 2014. Il tema principale di questo libro è l’esperienza del militare Prilepin e dei suoi commilitoni nelle operazioni militari svoltesi nel Donbass. Quest’opera viene definita dallo stesso Prilepin un “romanzo fantasmagorico”. Il fine di questo libro non è quello di fare propaganda, il nemico infatti non è in alcun modo demonizzato e la propria impresa militare non viene minimamente esaltata: l’autore racconta non in senso meramente realistico ciò che ha visto con i propri occhi e che ha vissuto e condiviso con i suoi commilitoni.
Per il lettore italiano al momento sono disponibili le seguenti opere: “San’kya” 2011, “Patologie” 2011, “Il peccato” 2012, “Scimmia nera” 2013, “Il monastero” 2017 (edite da Voland).
Zachar Prilepin è anche autore di molti programmi televisivi. Nel 2013 sul canale “Dožd’’” (La pioggia) va in onda il programma “Prilepin”, di cui egli stesso è autore e nel quale, nelle vesti di presentatore, intervista un ospite (di solito giovani cantanti e scrittori). Altri programmi molto famosi da lui condotti sono: “Sale”, “Un thè con Zachar” e “Zachar Prilepin. Lezioni di russo.” Nel 2011 Prilepin fonda il gruppo musicale “Elefank” debuttando con l’album “I tempi dell’anno” (Vremena goda). Nel 2012 debutta come attore nella serie “L’ispettore Kuper” e l’anno seguente partecipa alla messa in scena televisiva del suo racconto «Vоs’mёrka».
Ucraina e letteratura russa
La crisi ucraina del 2014 influisce direttamente sulla carriera artistica di Prilepin. Infatti, i suoi libri, prima dell’annessione della Crimea, erano tradotti in circa 45 lingue. Essendo stato considerato sbrigativamente dall’Occidente favorevole all’annessione, il 2014 è per la sua popolarità all’estero un “annus horribilis”. In realtà questo episodio non solo permette di conoscere meglio l’artista e il politico Prilepin, ma anche di elaborare alcune considerazioni sul rapporto fra storia ucraina e letteratura russa. Prilepin ha più volte apertamente criticato le modalità dell’avvenuta annessione della Crimea, arrivando addirittura a definire questa scelta di Putin, “che è una persona razionale”, una sorta di capriccio. Il motivo per il quale in tutto il mondo occidentale Prilepin è stato frettolosamente considerato un fervido sostenitore di questa campagna militare risiede nel fatto che egli, come molti altri, e non solo in Russia, sostiene la seguente tesi: l’Ucraina è in realtà composta da due nazioni diverse, una più propriamente ucraina (risiedente nell’Ucraina occidentale) e un’altra russa (risiedente nell’Ucraina orientale). Falsificare o piegare a fini politico-mediatici un’opinione di tal sorta, in un momento storico come quello attuale, è molto facile. Di solito questa affermazione, prima di essere distorta, viene corroborata dall’argomento seguente: nella Seconda guerra mondiale, non solo larga parte della popolazione era favorevole all’invasione nazista, ma addirittura vennero creati gruppi armati per sostenere attivamente i nazisti (i “banderovcy”, dal nome del loro leader Stepan Bandera). Per certi aspetti la storia ucraina del secondo conflitto mondiale è molto simile a quella italiana: il paese era diviso in ucraini nazisti-fascisti e antifascisti. Questa tesi viene falsificata, a seconda delle finalità politico-propagandistiche, in questi modi: in Occidente si afferma che l’annessione della Crimea è il risultato di un’aggressione immotivata che giocoforza risveglia un nazionalismo “fascista” molto pericoloso e chi, al contrario, considera legittima l’annessione, afferma che con questo intervento è stato realizzato il desiderio, sempre ostacolato dai “banderovcy”, di tutti quegli ucraini che non solo sono russofoni, ma si definiscono autenticamente russi.
In realtà, la verità è, come sempre, un po’ più complessa. I profondi dissidi che inquietano il popolo ucraino vengono da molto lontano. Ridurre frettolosamente la questione, come purtroppo oggi molto spesso accade, ala dicotomia fascisti-antifascisti, in entrambi i casi, comporta una visione alterata della realtà.
Senza andare troppo lontano nei secoli della storia ucraina e delle sue relazioni con la Russia, si può richiamare alla memoria un gigante della letteratura russa: Michail Bulgakov. Ne “La guardia bianca” (1924) Bulgakov non solo descrive gli avvenimenti più importanti della storia ucraina durante il primo conflitto mondiale, ma mostra magistralmente il sentimento delle diverse fazioni. Zaristi nostalgici che sperano in una vittoria dell’impero tedesco, socialisti ucraini che prima invocano un aiuto da Mosca in funzione antitedesca per poi opporsi al potere centralista di Mosca, quindi l’esperienza della Zentral’naja Rada, la campagna di Simon Petljura e il Direttorato. Le differenze sono profonde, i dissidi tanti, le relazioni con la Russia e la Germania (e in generale con l’Occidente) molto complesse. L’attuale situazione ucraina, prima di essere presa in esame, deve essere inserita in questo contesto. Solo così si potranno capire le reali dinamiche che animano gli avvenimenti contemporanei e, secondariamente, una affermazione come quella di Prilepin. Nella regione occidentale di Černovzy grande parte della popolazione (soprattutto nelle campagne) parla in rumeno. In alcune località anche l’insegnamento scolastico (escluso quello universitario) viene espletato in questo idioma. Nelle città delle regioni occidentali invece si parla l’ucraino e un po’ di russo. A Kiev e nelle regioni centrali si parlano sia l’ucraino sia il russo mentre nelle regioni orientali, annesse nel 2014, solo il russo. Gli ucraini, e questo ai giorni nostri lo si può benissimo osservare in ogni città italiana, nella maggior parte dei casi, fra di loro, parlano in russo (soprattutto se provengono da regioni differenti). Se considerata a partire da questo complesso contesto etnico, l’affermazione di Prilepin sembra addirittura banale. Repetita iuvant: sostenere una tesi del genere non significa essere necessariamente favorevoli all’annessione della Crimea.
Il politico
Ecco, dopo Limonov, un altro esempio di quel connubio tipicamente russo di valori di destra e di sinistra. Il 29 ottobre 2019 Zachar Prilepin fonda il partito politico “Per la verità”. La verità, si legge nel programma politico, risiede nella base reale dello stato, cioè nel popolo. Valori di sinistra, dinamicità, espansionismo diplomatico, culturale, politico, linguistico e difensivo nei confronti dei propri alleati e conservatorismo sono alcuni dei principi che guidano l’azione politica di questo partito.
Oggi la Russia è per Zachar Prilepin uno stato borghese che si è completamente abbandonato al capitalismo e al consumismo. Nonostante molto spesso il potere cerchi di mascherarsi come conservatore, a parere dello scrittore, la Russia attuale ha abbandonato completamente i propri valori tradizionali. La Russia non solo deve recuperare questi valori ma, in un mondo completamente globalizzato e molto occidentalizzato, deve diventare il vero “baluardo” dei valori conservatori. In primo luogo, come citato all’inizio di questo articolo, la famiglia consiste esclusivamente nell’unione di un uomo e una donna. Dio esiste e il tema della religione, in quanto profondamente legato a quello dell’identità nazionale, non deve essere escluso dalla politica. Identità nazionale non significa xenofobia. In questo programma è ribadito a chiare lettere che la civiltà russa è profondamente multietnica, il contributo apportato al suo sviluppo dalle altre culture è assolutamente innegabile.
Altri punti molto interessanti riguardano il tema dei confini: la terra è sacra e deve essere difesa ad ogni costo. Questo partito si propone di rappresentare la continuità dell’intera storia russa: “impero russo e Unione Sovietica sono ugualmente importanti”. Il comunismo non può essere equiparato al nazismo. La tesi liberale dell’eguaglianza degli estremismi viene recisamente respinta. Ciò non significa assumere un atteggiamento negazionista nei confronti delle numerose tragedie che hanno caratterizzato la storia dell’Unione Sovietica. Giova ricordare che Prilepin è autore di un libro intitolato “Il monastero” (Obitel’) nel quale viene raccontata una storia d’amore nata e svoltasi nel durissimo lager sovietico dell’isola russa di Soloveckij.
Note
- Tutte le traduzioni dal russo sono dell’autore dell’articolo.
- Le tre citazioni iniziali corrispondono alle righe 3, 4 e 5 del terzo punto della prima parte del programma politico del partito “Per la verità” disponibile anche su internet.
- Tutte le affermazioni di Zachar Prilepin riportate nell’articolo con il virgolettato sono tratte dall’intervista “Polnoe interv’ju Zachara Prilepina/Redakzija/ Ischodniki” disponibile su youtube.