L’Italia “periferia” d’Europa? Secondo il Fondo monetario internazionale sì. Continua l’operazione “attacco” da parte dell’Fmi che – tra un’ingerenza e una bacchettata al nostro Paese – si ostina a tracciare dell’Italia un profilo degradato e falso. Prima il “divieto” di tagliare una tassa iniqua come l’Imu, mentre adesso è arrivato il rapporto annuale, dove il nostro Paese è stato inglobato e classificato fra le peripheral country, ossia i “paesi periferici” dell’Eurozona.
Dopo i “Pigs” insomma, l’acronimo volgare e razzista (significa “maiali”) con cui per anni sono stati definiti i paesi in “difficoltà” dell’Ue (ossia Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Portogallo), arriva adesso la mappa delle organizzazioni sovranazionali che in qualche modo intendono ridisegnare l’Europa. Non a caso, infatti, il continente viene diviso in due settori: una parte centrale virtuosa di serie A (con le nazioni “core” ossia Germania, Francia, Austria, Olanda) e il resto considerato periferia, ossia Europa di serie B.
A nulla sono valse le proteste da parte dell’Ue: il rapporto rimane così com’è stato concepito, con tutte le implicazioni politiche ed economiche che susciterà dato che il rating di un Paese risente molto della reputazione che questo possiede in seno alle organizzazioni finanziarie.
Per l’Fmi, dunque, il nostro Paese sarebbe addirittura tra quelli “sottosviluppati”, alla stregua di Grecia e Portogallo le cui economie versano in condizioni oggettivamente complesse ma mai paragonabili a quelle dell’Italia. Un’indicizzazione, questa, che – evidentemente – non tiene conto della realtà oggettiva di un Paese del G7 e della terza economica d’Europa.
Con tutta probabilità, allora, trattasi di un‘“aspirazione” da parte di una certa finanza che vede la già traballante Unione europea e tutta l’Eurozona come un’area da poter aggredire. Perché un’Europa divisa – con tutta la sua storia e il suo impianto sociale – può fare solo comodo alla speculazione internazionale.