Di recente, parlando di Beethoven e delle partizioni della storia della musica, abbiamo detto che Bach non è un compositore propriamente barocco. Occupiamoci ora del Barocco musicale e di uno dei più importanti compositori del suo periodo medio, Giovanni Legrenzi. Il suo nome dice poco o nulla ai musicofili. A parte la sua importanza in fatto, la sua attività di operista, benché fosse sacerdote, attrae l’interesse dei pochi che a lui si sono dedicati. L’operista si manifestò soprattutto a Venezia, città ricca di teatri: e pare un continuatore fedele del grande Francesco Cavalli. Oltre che alla Cantata e alla musica strumentale, Legrenzi, nato nel 1626 a Clusone e morto nel 1690 a Venezia, si dedicò in particolare alla musica sacra, e in questo genere le sue opere sono quasi tutte pubblicate. Venne giudicato, come peraltro non pochi compositori, “Orfeo” e “Anfione” “dell’età nostra”.
Legrenzi ebbe una carriera particolarmente prestigiosa per qualità di sedi ove occupò la carica di Maestro di Cappella. Dall’agosto del 1645 al novembre del 1656 fu organista in Santa Maria Maggiore in Bergamo; dal novembre di quest’anno fino al gennaio 1665 fu Maestro di Cappella dell’Accademia dello Spirito Santo in Ferrara, sotto la protezione della più potente famiglia cittadina, i Bentivoglio. Il suo orgoglio gli fece respingere altri impieghi per i quali era stato votato senza il consenso pieno. Fra il 1670 e il 1671 fu Maestro di Cappella presso l’ “Ospedaletto” di Venezia. Trascorse di nuovo alterne vicende; per un voto perdette il posto di Maestro di Cappella in San Marco; ma il 26 aprile 1685 lo ottenne e lo mantenne fino alla morte. Suoi allievi furono due sommi compositori della prima metà del Settecento, Antonio Lotti e Antonio Caldara.
La grandiosa struttura della cattedrale marciana esigeva musica pomposa, prevalentemente accordale. Legrenzi, seguace, oltre che di Cavallli, di Monteverdi, era cultore finissimo della polifonia. Non di quella nello stylus antiquus sul modello di Palestrina: ma di quella che, senza rinunciare alla fittezza e all’intreccio delle linee orizzontali, desse alla parola sacra il giusto rilievo affinché venisse non solo percepita ma colta sotto il profilo espressivo. A Ferrara, forse anche per compiacere al gusto sofisticato del marchese Bentivoglio, compose (pubblicazione: Venezia, 1662) le Compiete con le Lettanie e Antifone della B.V. La Compieta è il completorium, ultima delle Ore Liturgiche, e comprende una successione di Salmi e Antifone simili a quella dei Vespri. Le Compiete di Legrenzi sono a cinque voci con basso continuo; escono ora in una esecuzione squisita per la “Naxos” interpretate dalla Nova Ars Cantandi diretta da Giovanni Acciai con Ivana Valotti che realizza il basso continuo.
Si vuole esistano oggi molti cultori del Barocco musicale. Di solito, prediligono esili Arie d’Opera. Vorrei che si dedicassero al globo rotante di queste linee contrappuntistiche le quali ti avvolgono e lasciano che la parola sia sempre, alla fine, padrona della musica, secondo la formula di Monteverdi.
*Da Il Fatto Quotidiano del 27.12.2020