Largo ai vinti della Storia. Se il mondo accademico ha già lasciato cadere molte preclusioni verso le riletture “revisioniste” della modernità, tocca al fumetto dar voce alle ragioni degli sconfitti. Era accaduto lo scorso anno con il primo albo della nuova serie bonelliana “Le Storie”, un apprezzato racconto sulla rivoluzione francese vista attraverso gli occhi del “boia di Parigi” Charles-Henri Sanson: eppure, nelle pagine sceneggiate da Paola Barbato e illustrate da Giampiero Casertano, la fama dei padri nobili della grande rivoluzione usciva piuttosto offuscata.
Alle stesse vicende fa riferimento il fumetto storico “Dampierre”, creato e disegnato dal belga Yves Swolfs nel 1988. Già conosciuto come autore della serie western “Durango”, Swolfs si tuffa nientemeno che nell’epopea vandeana, uno dei più controversi e sanguinosi episodi del processo rivoluzionario. In Italia, dopo una prima pubblicazione in volume e una a puntate sulla rivista “Skorpio”, è ora riproposto nelle edicole per iniziativa dell’Editoriale Cosmo, che ha iniziato la ristampa in albi mensili a giugno.
Protagonista della storia è il popolano Julien di Dampierre, un giovane palafreniere coinvolto casualmente negli eventi che porteranno all’insurrezione controrivoluzionaria della Vandea e alla guerra civile tra i “blu”, sostenitori del governo repubblicano, e i “bianchi”, fedeli alla corona e alla Chiesa. Grazie alla protezione del suo signore e maestro d’armi, il borghese Forestier (della cui bella figlia Ariane è innamorato), Julien conquista col proprio coraggio i gradi più alti nell’esercito vandeano, attirandosi le attenzioni della sensuale e pericolosa marchesa di Saint Didier, ma anche l’odio implacabile dei nemici repubblicani e dei cospiratori nascosti tra le stesse schiere monarchiche.
Ben curato nei disegni e nei dialoghi, il fumetto si avvale di una attenta ricostruzione dei fatti storici e delle ragioni che tra il 1793 e il 1796 portarono i contadini del Nord Ovest francese ad insorgere in massa contro gli obblighi militari imposti da Parigi, e più in generale contro le persecuzioni religiose e politiche che accompagnavano l’avvento del Terrore giacobino. L’autore evita comunque di appiattire i personaggi in una contrapposizione assoluta tra “buoni” e “cattivi”: su entrambi i fronti si succedono massacri, tradimenti e congiure, cui si aggiungono le divisioni e gli errori strategici che segneranno il destino tragico dell’insurrezione dopo i primi successi.
L’avvincente narrazione, condotta secondo i più classici canoni delle avventure “di cappa e spada”, ha così soprattutto il merito dimostrare che, sebbene la Storia venga scritta dai vincitori, spesso le storie più belle appartengono al campo dei vinti.