La paura del covid. Il timore per un futuro economico scurissimo. Le pressioni sulle nostre città: quarantena, emigrazione, degrado. La speranza di progredire è bruciata e la parola più pronunciata è il termine inglese lockdown. In sintesi, la modernità è finita. Per capire questa realtà di crisi, a volte, è utile guardare dentro la letteratura. Il romanzo dell’anno, ‘Colibrì’ di Sandro Veronesi, racconta vicende familiari assuefatte al dolore e alla depressione. Al termine, tuttavia, lo scrittore di ‘Caos calmo’ disegna sì l’Uomo del futuro, ma questo appare retorico, scontato, in un appello ai buoni sentimenti.
I sociologi poi ci spiegano che dobbiamo imparare a convivere con il male, con il covid e la crisi. Inoltre commentatori illustri ripetono che è necessario collaborare in questi mesi difficilissimi. E collaborare a tutti i livelli. Per azzerare lo scontro sociale e condurre il paese in un porto sicuro. Collaborare cioè? Dire sì ad un governo che ha perso gravemente tempo per affrontare la seconda ondata infettiva? Collaborare come? Entrate in un organo collegiale, oggi troverete tutti contro tutti. Nulla cambia pure con gli appelli alla collaborazione o all’unità nazionale di queste ore.
Per affrontare l’emergenza, l’unità nazionale non nasce dopo un articolo prestigioso. Se il covid è come il terrorismo (è peggio), i suoi governanti devono coinvolgere veramente tutti per affrontare questo male. Ma molti anni di esclusione politica e culturale delle opposizioni non si superano in qualche settimana. La collaborazione nazionale, tra le diverse forze socio-politiche, ha senso solo dopo aver fatto effettive aperture o chiari riconoscimenti.
Dei tanti appelli alla collaborazione cosa resterà? Viene in mente un letterato del XX secolo, Renato Serra, che scriveva sulla tragedia della guerra, sulla tragedia mondiale che in fondo non cambiava nulla, rimaneva un fatto enorme ma vicino ad altri fatti. Quindi, in mezzo alle tragedie covid e crisi, l’uomo non cambia. E dopo gli appelli del presidente Mattarella, dopo gli articoli prestigiosi sul Corriere della Sera, torneremo alle aspre polemiche. Dunque, collaborazione, il tuo nome è vano? Con gusto shakespeariano scriviamo ciò, senza avere grandi speranze.
Solo un verso torna nella memoria e ci consola. Questo, “Si è alzato il vento, bisogna tentare di vivere.” Tanti decenni fa Paul Valéry scrisse queste parole in un poema sublime. Le scrisse per mostrare che la verità è solo esistenza; e basta un colpo di vento per mettere in discussione tutto (anche le migliori volontà di collaborazione).
Prima se ne vadano questi sciagurati, si voti e poi si vedrà.