In un numero recente de il Borghese abbiamo spiegato perché i Capitolini a Roma siano senza dubbio il terzo museo più importante che esista. Lo si è fatto non solo per adempiere al compito primario di questa Rubrica: da oltre dieci anni tentiamo con fermezza di educare gli italiani alla consapevolezza della unicità di un Patrimonio nazionale che non ha eguali, ma anche per aprire un varco a una verità museale ultima, la quale, se finalmente compresa e accettata, potrà fungere da utile elemento di lotta culturale contro le menzogne che attanagliano l’animo del nostro Popolo. Parliamo del fatto che sono i Musei Vaticani e non il Louvre il primo museo al mondo e che questi fanno sostanzialmente parte dei nostri Beni Culturali. In tal senso, è veramente ridicola la solita corbelleria propinataci da una sinistra oggi involuta e priva oramai di qualsivoglia identità, secondo cui le Raccolte Papali debbano essere considerate un qualcosa di «altro» rispetto a Roma e all’Italia. Una tale scempiaggine andrebbe ignorata, ma, per spirito di servizio, la andiamo a smontare, facendo presenti tre considerazioni oggettive. Primo, nella sontuosa Galleria delle Carte Geografiche, campeggia una iscrizione che recita: «Italia regio totius orbis nobilissima», stando a indicare la superiore nobiltà della nostra Patria. Secondo, il prestigiosissimo Touring Club di Milano include puntualmente i Vaticani nella sua personale classifica sui musei più visitati della Nazione. Infine, con i Patti Lateranensi del ‘29 venne sancito che la Santa Sede non possa alienare i beni contenuti nei suoi musei, creando de iure una servitù internazionale in favore dell’Italia. Come si è visto, la nostra non è una opinione, differentemente da quella dei sedicenti progressisti, bensì un dato storico incontrovertibile. Inoltre, non vogliamo «vincere facile». Pertanto, non includeremo in questa analisi tutto l’inestimabile apparato pittorico dei Palazzi Vaticani (Cappella Sistina, Stanze di Raffaello, ecc.), limitandoci a presentarne le collezioni; le quali sono sufficienti per convincersi che parliamo del primo museo del pianeta, senza se e senza ma! Di seguito, tracceremo un nostro itinerario ideale, così da non perdersi in un labirinto sterminato di ambienti, e utile altresì per costruirsi nella mente una immagine compiuta della straordinarietà delle Raccolte Pontificie.
I Musei vennero fondati da Giulio II nel 1506, con l’entrata in Vaticano del Laocoonte, la seconda statua della Classicità per importanza dopo quella Equestre di Marco Aurelio dei succitati Capitolini. Solitamente, si comincia col Museo Chiaramonti, il quale prende il nome da Pio VII Chiaramonti, che lo istituì agli inizi del XIX secolo. Questo è composto da una ampia galleria ad archi con ai lati esposti migliaia tra busti e sculture. Esso fu allestito e ordinato da Antonio Canova, uomo politico e artista di levatura eccezionale, la cui vicenda personale è legatissima ai Vaticani, visto che fu lui a riportare da Parigi il vile bottino che Napoleone aveva scippato alla Chiesa. Parte del Museo è anche la Galleria Lapidaria, contenente circa 3000 tavolette ed epigrafi, una autentica «biblioteca di pietra», attestandosi come la più grande collezione di questo tipo di manufatti. Purtroppo, è di norma chiusa, venendo aperta solamente per motivi di studio.
Direttamente collegato al Chiaramonti è il Braccio Nuovo, inaugurato nel 1822, che separa il Cortile della Pigna dal Cortile del Belvedere. Il rientro dalla Francia delle opere confiscate comportò un riassetto delle collezioni, rendendo opportuna la costruzione di un nuovo settore per la scultura classica. L’incarico venne affidato all’architetto Raffaele Stern, il quale progettò una soluzione espositiva che ha fatto la storia della Museografia: una maestosa galleria lunga 68 metri, coperta da una volta a cassettoni con lucernari, quindi con una illuminazione zenitale totalmente avveniristica per l’epoca. Il Braccio Nuovo presenta una teoria mozzafiato di statue romane, insieme a qualche originale greco, di grandi dimensioni, con pezzi celebri della Antichità, tra tutti, l’Augusto di Prima Porta (I secolo d. C.).
Poi, c’è il Museo Pio Clementino, creato nel 1771 per volontà di Clemente XIV e ampliato successivamente da Pio VI, pure esso dedicato alla statuaria greco-romana, con una quantità infinita di capolavori in marmo: il Laocoonte (40 – 30, a. C.), il Torso del Belvedere (I secolo a. C.) e l’Apollo del Belvedere (II secolo d. C.). Invero, il Pio Clementino è la quintessenza di quello che la Museologia Italiana suole definire: «museo gremito», visto che è quasi difficile muoversi tra i suoi ambienti, tanto sono stracolmi di oggetti.
Il Museo Gregoriano Egizio è da considerarsi una delle maggiori collezioni del genere a livello internazionale. Fondato da Gregorio XVI nel 1839, è incentrato sul rapporto tra la Roma Imperiale e la Terra dei Faraoni. Come per tutti i Vaticani, questo Museo espone solo una frazione delle opere che custodisce. Nondimeno, quello che è possibile ammirare impressiona, segnatamente l’Emiciclo, con statue imponenti come quella della Regina Tuia (1391 – 1353 a. C., granito). Il parlare della sezione egizia, ci consente di evidenziare un limite nella gestione dei Vaticani. Ossia, che sin troppo spesso molti spazi sono inaccessibili, e ciò è un peccato, perché così si impedisce la piena fruizione di queste fantasmagoriche raccolte. Rimanendo in tema, pensiamo alla Terrazza del Nicchione – praticamente mai visibile – la quale regala un affaccio meraviglioso sul Cortile della Pigna e accoglie ben otto statue della Dea Leonessa Sekhmet, uno dei gruppi statuari più rilevanti di tutta la storia dell’Egitto Faraonico.
Salendo di un livello, si incontra il Museo Gregoriano Etrusco, il terzo al mondo, dopo Villa Giulia e il Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Allestita nel Palazzetto del Belvedere e l’Appartamento di Tor dei Venti, tale collezione, disposta su 22 sale, è immensa e contiene opere e manufatti dal IX al I secolo a. C. Oltre a una serie interminabile di vasi greci e parecchi sarcofagi, il Museo ha nel Marte di Todi (fine V secolo a. C., bronzo) il pezzo di maggior pregio.
Negli anni sessanta del Novecento le raccolte che si trovavano fino ad allora nel Palazzo Lateranense furono trasferite in Vaticano, dove nel 1970 venne aperta una intera nuova ala espositiva, per volere di Giovanni XXIII, con quattro musei: il Pio Cristiano, il Gregoriano Profano, quello Missionario Etnologico (inferiore forse solo al Pigorini all’EUR) e quello Filatelico e Numismatico. Il Pio Cristiano comprende reperti del Periodo Tardoantico, distinguendosi in modo particolare per la raccolta di sarcofagi, nonché per il fondamentale nucleo di epigrafi ebraiche; mentre il Gregoriano Profano è famoso per gli originali greci (persino dei frammenti del Partenone) e i mosaici romani. In quest’ultimo caso, impossibile non menzionare quello enorme dalle Terme di Caracalla.
Il percorso attraverso l’Antichità finisce qui, e già si sarebbe quasi sfiancati per la mole d’arte osservata. Eppure, siamo giusto alla metà dei Vaticani. Ad esempio, pensiamo alla Pinacoteca, che sciorina i quadri dei nomi che hanno segnato l’arte dal ‘200 fino al XIX secolo: da Giotto al Beato Angelico, da Melozzo da Forlì al Perugino e Raffaello (lascia a bocca aperta il grande salone con gli arazzi da lui disegnati), da Leonardo a Tiziano, a Veronese, a Caravaggio. Non si dovrebbe poi ignorare, come disgraziatamente diversi turisti distratti e approssimativi fanno, la Collezione d’Arte Contemporanea, nata nel 1973 dal desiderio di Paolo VI di ripristinare il dialogo tra Fede e modernità. Per farla breve, in 55 sale, tutti i protagonisti del ‘900 trovano spazio all’interno dell’Appartamento Borgia, affrescato dal Pinturicchio. Nei decenni, l’ambizione di innumerevoli blasonatissimi artisti di avere una propria opera nei Vaticani ha fatto sì che qui prendesse forma una raccolta, a parer nostro, seconda solo a quella della GNAM, sempre nella Capitale.
L’unico «Museo Universale», questi sono i Vaticani, epitome di Roma, giacché, parimenti all’Urbe, qualsivoglia superlativo è riduttivo. Per fortuna, stanno da noi, e ne possiamo godere quando vogliamo. Anzi, i Vaticani sono Roma e, dunque, necessariamente inarrivabili. Per chi pensa che il Louvre sia migliore. Beh, si spera che un giorno il buon Dio gli faccia dono di un cervello. (da Il Borghese di ottobre 2020)