I risultati dei ballottaggi al Sud confermano il tracollo, senza se e senza ma, del centrodestra. Si tratta di una sconfitta totale, dalle dimensioni che, in altri tempi, si sarebbero dette epocali.
In Puglia il bottino è magro: l’unico Comune in cui è stato eletto un sindaco di centrodestra è stato Ceglie Messapica, nel Brindisino. Vittoria simbolica, come quelle che piacciono alla coalizione: Ceglie è la città natale del portavoce del premier Giuseppe Conte, Rocco Casalino. Si votava, tra i capoluoghi di provincia, ad Andria: lì il centrodestra, che era alla guida del Comune, non è nemmeno giunto al ballottaggio.
In Campania, il centrodestra fa registrare uno smottamento di proporzioni bibliche. Era dal 1993 che non perdeva a Sorrento (Na), ieri è accaduto. Gli unici candidati di destra che vincono sono quelli che si presentano senza i simboli dei partiti della coalizione, come è accaduto a Pagani (Sa), dove Lello De Prisco ha battuto la sfidante Enza Fezza (sostenuta proprio dal centrodestra) con oltre il 60% dei consensi. In altre piazze storicamente vicine alla destra, come Cava de’ Tirreni, la partita s’è risolta prima: vittoria al centrosinistra al primo turno (superato il 51%) e il centrodestra, battuto anche dalla lista solitaria del dinamico frà Gigino, guardiano del convento di San Francesco e Sant’Antonio, terzo con poco più del 17% dei voti. Parentesi lucana: a Matera i Cinque Stelle colgono una delle loro rarissime vittorie battendo, anche stavolta, il candidato del centrodestra sfiorando il 60% dei consensi.
Malissimo è andata in Calabria. A Reggio, Giuseppe Falcomatà s’è imposto con oltre il 58% dei consensi sul candidato espresso dalla Lega, Antonino Minicuci. A Crotone ha vinto l’arancione Enzo Voce che, giunto al ballottaggio contro il candidato del centrodestra Antonio Manica, lo ha sconfitto col 64% rivendicando di aver fatto “una campagna elettorale da 700 euro”.
Questi sono soltanto alcuni dei risultati che fotografano, al Sud, una situazione davvero precaria. In altri tempi si sarebbero pretese dimissioni di massa, repulisti generali, ci sarebbero state polemiche e fortissime contrapposizioni. Insomma, ci si sarebbe rimessi al lavoro per rinnovare tutto. Ma se qualcosa si deve cambiare, lo si faccia a partire dai vertici: il gradimento ai leader non viene trasmesso per osmosi ai candidati sul territorio. Non bastano i comizi né le incoronazioni e nemmeno sventolare successi più o meno virtuali, come i sorpassi nei sondaggi o riconoscimenti internazionali: bisogna costruire una classe dirigente che sui territori ci sia davvero e che abbia un peso specifico importante, costruito sui progetti e le visioni non sui sondaggi dei capi o sui clic di Facebook.
I vertici devono inoltre riflettere sui loro stessi errori: il Sud del “centrodestra” è quasi tutto commissariato oppure gestito tramite nomine fiduciarie derivate direttamente dai leader o dai loro gruppi di trasmissione. C’è, insomma, bisogno di ripensare la strategia, anche perché tra un anno si vota a Napoli, Roma, Torino. Altrimenti non si tocca palla. E non lo si farà più per un bel pezzo.
Come ho scritto più volte su questo sito, i risultati deludenti del centrodestra ai ballottaggi sono figli della sua incapacità di amministrare il consenso. Quando la sinistra vince in un Comune, in una Provincia, in una Regione occupa sistematicamente tutti i posti disponibili, emargina o epura chi considera non compatibile con i suoi obiettivi, stabilisce una rete clientelare che si traduce poi in suffragi. Quando il centrodestra vince, di solito fa annunci bellicosi di cambiamento, ma poi lascia ai vertici le stesse persone, che in genere ne sabotano l’operato, magari suscitando un’apparente condiscendenza. Quella della destra è una politica all’apparenza delle mani nette, in realtà delle mani inette, dettata spesso più da insipienza che da onestà. Ricordo ancora la risposta che mi diede nei primi anni Novanta il sindaco post-missino di Orbetello, quando gli suggerii di abbonare la biblioteca comunale al Secolo d’Italia e a riviste di destra: Non lo farò mai, perché queste cose le facevano i socialisti, quando erano al governo. Fui tentato di rispondergli: Così noi lo prendiamo in tasca due volte, quando siamo in maggioranza e quando siamo all’opposizione. Ma preferii mordermi la lingua e tacere, perché quel sindaco era un galantuomo.
Il risultato è che più il voto è politico, quindi d’opinione, maggiori sono i consensi per il centrodestra; più il voto è locale, più è favorevole alla sinistra. Succede un po’ quello che avveniva nella prima Repubblica, quando alle elezioni amministrative il Msi raccoglieva i maggiori consensi alla Provincia, un ente che contava relativamente poco, perché non pesava il fattore clientelare.
Quanto al risultato di Cascina, credo che sulla sconfitta del centrodestra abbia pesato la delusione (e un po’ l’invidia) degli elettori per la Ceccardi, che prima si è fatta eleggere sindaco, poi è passata al Parlamento Europeo. Sono cose che succedono soprattutto nei piccoli centri, dove il voto è molto personalizzato, anche se obiettivamente si è trattato di uno schiaffo morale.