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La Toscana si conferma ancora una volta regione rossa. Ma non “rosso Ferrari”, come quello emiliano-romagnolo, correlativo oggettivo di uno spirito imprenditoriale vivo e vegeto, quindi ambizioso di miglioramento, di guardare avanti e più avanti ancora – bensì “profondo rosso”, con tanto di colonna sonora dei Goblin, che ad ascoltarla fa venire i brividi lungo la schiena. Qualcuno dice che si trattava di una vittoria annunciata, e adesso queste parole sembrano una mancanza di rispetto verso quanti invece hanno creduto possibile l’impresa, e che si sono impegnati proprio per questo. D’altronde, ai disfattisti viene spesso rimproverato di aver difettato in entusiasmo; ma, in questo caso, si fa un torto all’intelligenza dei disfattisti, facendoli credere che la vittoria sia principalmente una questione di entusiasmo – si avverte l’eco del tradizionale, nefastissimo, “volontarismo all’italiana” – quando invece, storicamente e scientificamente, le battaglie si vincono piuttosto sulla base di una strategia – così che, se si perdono, è spesso, anzi, quasi sempre, perché la strategia era sbagliata.
Lo spirito conservatore del presente
I toscani sono antropologicamente conservatori. È necessario che accada qualcosa di prossimo ad una catastrofe perché si mettano all’anima d’impegnarsi per un cambiamento. Questo è un’attitudine conservatrice miope, perché conserva a prescindere da ciò che viene conservato, lascia andare la barca finché la barca va, ma non s’interroga affatto su dove sta andando. Di tutto ciò che di buono e giusto c’è nell’attitudine conservatrice, qui resta solo l’inerzia, che può diventare immobilismo, impaludamento. Su queste fondamenta antropologiche i progressisti ideologici costruiscono i loro castelli fatati, talmente pesanti per le loro follie che finiranno col far franare tutto quanto – così che al buon toscano si rovescerà addosso la zuppa quotidiana.
Giani
Ma parliamo un po’ della vittoria di Eugenio Giani. La sua candidatura ha significato principalmente questo: l’“apparato” della Sinistra aveva preso posizione, sufficientemente compatto da far convergere sul suo candidato tutte le ingenti risorse elettorali di cui è capace. Ora, l’apparato della Sinistra in Toscana ha alcune peculiarità che lo rendono particolarmente efficace ed efficiente. La lunghissima permanenza al potere ha infatti permesso ai suoi membri di insinuarsi progressivamente nei gangli fondamentali della società, occupando tutte le posizioni occupabili, in ambito sanitario, economico, culturale e, nientemeno, anche ecclesiastico. Se spesso si sente parlare di “occupazione gramsciana del potere” a proposito della strategia politica della Sinistra, ebbene qua in Toscana essa si è compiuta nel modo più perfetto.
Se non sei parte dell’“apparato”, certo non puoi contare sulle risorse che questo ti mette a disposizione. Fuori dall’apparato ci sta quello che viene chiamato dai suoi estimatori (interessati) «popolo»; e, come sostengono alcuni politologi, la dialettica politica di quest’epoca si fonderebbe proprio sul cleavage, sulla “scollatura” tra popolo ed élite, quest’ultima incarnata proprio nei membri dell’“apparato”. Perciò, in linea di massima, chi si oppone all’“apparato” dovrebbe fare affidamento sul popolo. Per farlo, si presume che il popolo abbia delle opinioni, e che queste opinioni siano contrarie a quelle dell’apparato. L’opposizione all’“apparato” si propone di individuare queste opinioni, farle sue e poi rivenderle come merce elettorale per cercare di conquistare il potere. Sulla base di questo assunto è nato il fenomeno del “grillinismo”. Siccome i risultati elettorali sembravano confortare questo approccio, ecco che altri partiti, con tutt’altra storia, si sono messi ad imitarlo – primo fra tutti la Lega- non-più-(ahimé)Nord guidata da Matteo Salvini, con risultati che sono stati sotto gli occhi di tutti.
Come sosteneva il grande prof. Miglio, le situazioni parossistiche offrono i casi migliori per studiare certi fenomeni politici. La Toscana è uno di quelli. Già abbiamo detto che qua l’apparato della Sinistra è senz’altro il più solido ed organizzato di tutta Italia. Questa tornata elettorale si doveva presentare, allora, come l’ennesimo (da un decennio a questa parte) scontro tra apparato e popolo. Lo stacco di 8 punti percentuali guadagnato da Giani rispetto alla candidata del CDx Susanna Ceccardi, decreterebbe allora la netta vittoria dell’“apparato” sul popolo. Sul “popolo”…? Personalmente, l’unico popolo che conosco è quello elettorale, composto da individui che decidono di votare chi ritengono più adeguato a tutelare le proprie istanze. Ad essere stato davvero sconfitto, è l’atteggiamento presuntuoso di coloro che considerano le istanze popolari come opposte a quelle dell’élite, cioè dell’“apparato”.
Se è comunque vero che il popolo ha delle opinioni, non è affatto vero che queste siano opposte a quelle dell’“apparato”; semmai, può essere vero il contrario: un “apparato” efficace, come quello della Sinistra in Toscana, può educare il popolo ad essere positivamente recettivo nei confronti dell’ideologia propinata dall’“alto”. Non solo: molto più prosaicamente, siccome l’“apparato” amministra il potere, può ottenere il sostegno degli elettori anche semplicemente in maniera clientelare, “do ut des”. Mi si potrebbe obbiettare: «ma il CDx ha recentemente vinto in numerose città toscane» – vero, ma in questo caso sarebbe opportuno andare ad analizzare i fattori che hanno portato a tale risultato, per rispondere alla domanda più inquietante: «è il CDx che ha vinto o è stata la Sinistra ad avere perso?». Senza contare che, per avere una risposta più chiara a questa domanda, dovremmo forse aspettare quella “prova del nove” che è la tornata elettorale della riconferma.
L’“apparato”, dunque, è più forte del “partito d’opinione popolare” (o “populista”) per ragioni dimostrabili empiricamente. Il che, si badi bene, non significa che i cosiddetti “partiti-chiesa” – che nella “prima Repubblica” erano l’espressione partitica degli “apparati” di potere – siano ancora oggi vivi e vegeti, e siano i veri vincitori dei “partiti populisti”; significa piuttosto che tra un qualsivoglia “partito populista” (di tendenza ideologica destrorsa, ma anche per quelli sinistrorsi varrebbe lo stesso argomento) ed un “apparato” di potere, alla fine vince sempre quest’ultimo. Questo fatto è un monito importante, un vero e proprio adhān a tutte quelle forze politiche che, avendo vinto una battaglia contro l’“apparato”, hanno la possibilità di aprire qualche breccia effettiva nelle sue mura. Fuori di metafora, significa approfittare del successo elettorale per rimuovere sistematicamente personaggi legati all’“apparato” dalle posizioni di potere in cui lo stesso le aveva collocate, affidandole a qualcuno che ne sia comprovatamente estraneo.
Molto probabilmente, in Toscana si arriverà presto al redde rationem. Per un momento la Sinistra ha temuto di perdere il potere, e questa sensazione l’ha mandata ai matti: una ragione sufficiente per giustificare un ulteriore giro di vite contro quanti hanno osato opporlesi, che saranno spinti ancora di più ai margini della società toscana. Non faccio “la Cassandra” di circostanza: basta osservare il dato storico per rendersi conto che ogni vittoria della Sinistra in Toscana ha puntualmente significato un incremento di potere per l’“apparato”, con relativo indebolimento fattuale dell’opposizione, che, tradotto, significa appunto «marginalizzazione». Davvero “storico”, allora, sarebbe semmai un cambiamento d’atteggiamento da parte della Sinistra, che sorprendentemente decidesse di trattare alla pari coloro che hanno la raccomandazione clientelare e coloro che non ce l’hanno, oppure se si facesse un esame di coscienza per domandarsi se, magari, potesse in qualche cosina cambiare approccio. Ma, notoriamente, il potere alimenta se stesso, è auto-conservativo – e auto-celebrativo: “loro” hanno vinto, “gli altri” hanno perso, sic et simpliciter. Questo è un altro monito alle forze politiche d’opposizione risultate vincitrici elettoralmente: se dai alla Sinistra d’“apparto” una mano, lei si prenderà il braccio e tutto ciò che ad esso è attaccato. Non avrà pietà di te.
La propaganda
Andiamo adesso ad analizzare un aspetto della propaganda politico-elettorale della Sinistra toscana (e non solo) che mi intriga in modo particolare: l’“antifascismo”. Si sente dire che l’argomento dell’antifascismo è stato utilizzato dalla Sinistra d’“apparato” come una sorta di talismano per esorcizzare lo spettro della vittoria del CDx, come “coperta di Linus”, per dirla con l’on. Giorgia Meloni, per difendersi dalla paura della sconfitta. Così interpretato, l’argomento dell’antifascismo risulterebbe un argomento difensivo. Ma il reiterato, direi nauseante, utilizzo che ne è stato fatto, forse lascia intendere che la sua funzione sia tutt’altra. Perché arroccarsi su un argomento così inattuale? Perché è tutt’altro che inattuale. Da molto tempo il concetto di «fascismo» ha perso il suo significato storico per assumerne uno antropologico-culturale. Fondamentalmente da Umberto Eco in avanti, fino agli ultimi, indegni, epigoni del suo sforzo intellettuale – come Michela Murgia – «fascismo» ha assunto il significato ben più lato di “non radicalmente di Sinistra”, “non omologato alla ideologia della Sinistra radicale”, et similia – dunque comprendente tutta le destre in blocco. Ne consegue che «antifascismo» sia un argomento ideologico tutt’altro che difensivo, anzi: è praticamente un “ariete” utilizzato dalla Sinistra per sfondare le già fragili porte della cittadella ideologico-culturale del CDx.
Quest’ultimo non trova di meglio per difendersi dall’aggressione che cercare di ricollocare l’argomento dell’antifascismo in una dimensione storica, ripetendo ad ogni occasione un ritornello altrettanto nauseante di quello dei suoi avversari: “non siamo interessati a questioni di settant’anni fa”… Il che, si capisce, è perfettamente inutile, anzi, una vera e propria perdita di tempo: la natura dell’argomento è diversa se adottato dalla Sinistra o dal CDx; ma, se per la prima è un argomento offensivo, per l’altro è al massimo un argomento difensivo, che costringe a giocare di reazione – presupposto di un “fallo di reazione” in un gioco inventato dalla Sinistra stessa.
Così interpretato, l’argomento dell’antifascismo adottato dalla Sinistra si rivolge ad un elettorato diverso da quello presunto, non si capisce se per ingenuità o per necessità, dal CDx. Quest’ultimo crede perlopiù che tale argomento faccia presa sugli anziani, i pochi reduci della lotta antifascista vera e propria ed i loro immediati eredi. Ma, in verità, l’argomento dell’antifascismo si rivolge piuttosto ai giovani, anzi, ai giovanissimi. «Tre indizi fanno una prova»: le “sardine”, “Friday 4 Future”, “Black Lives Matter” – sono gli indizi più recenti; tutti e tre movimenti di giovani e giovanissimi, che si ritrovano compatti dietro all’argomento/slogan dell’antifascismo. Probabilmente manco sanno cosa sia stato il fascismo “originale”, ma non è questo il punto: sono giovani e giovanissimi, non è loro prerogativa il “sapere”; essi sono piuttosto accesi dall’entusiasmo per una causa e guidati da un senso tribale d’appartenenza. Basta trovare la causa adatta, ed ecco milioni di giovani mobilitarsi per essa – l’ardore della gioventù. Determinate circostanze storiche hanno fatto sì che oggi fosse proprio la Sinistra, spesso quella più radicale, a trovare loro la causa adatta. Ed ecco che l’argomento dell’antifascismo diventa efficace proprio per accattivarsi le simpatie elettorali dei più giovani. Nel frattempo, quello del “non siamo interessati a questioni di settant’anni fa” arranca nelle paludi della retorica senza entusiasmo.
La questione dell’antifascismo appena affrontata, si ricollega ad un macro-tema che, almeno in Toscana, non viene posto al centro dell’attenzione politica del CDx come dovrebbe, quasi relegato a margine della dialettica politica: quello della cultura. A onor del vero, ci sono tante belle realtà locali che si dedicano con devozione e serietà alla promozione di una cultura alternativa a quella egemonica della Sinistra, riuscendo anche a raggiungere obiettivi ben aldilà della mera testimonianza. Purtroppo, questo impegno viene perlopiù confinato nella dimensione dell’iniziativa privata – individuale o comunitaria che sia – senza tradursi in contesto istituzionale. In altre parole, ci sono persone e gruppi di persone che s’impegnano con grande dispendio di tempo, di risorse personali, di energie, ad opporre una cultura alternativa a quella egemonica dell’“apparato” della Sinistra; solo che, mentre l’“apparato” continua a detenere la maggior parte dei canali istituzionali – università, fondazioni, musei, teatri, etc. – a quegl’altri tocca di restare marginali, cioè non inseriti nei gangli del potere, non attualizzanti la “strategia gramsciana di occupazione del potere”. Finché si è all’opposizione, nessuna sorpresa: è il gioco delle parti. Ma quando si è ottenuto un successo elettorale, sarebbe necessario sfruttarlo per compiere quest’operazione.
Chi non ha molta prossimità col mondo della cultura, potrebbe pensare che l’impegno politico in questa operazione consista nel soddisfare le ambizioni narcisistiche di qualche intellettuale snob. Ma in ballo c’è qualcosa di decisamente più importante: c’è la possibilità di incidere nel substrato culturale del “popolo”, rendendolo recettivo non più alle istanze proposte dalla Sinistra, ma a quelle della Destra. Ad intervenire su quel substrato non sarebbero sufficienti elezioni quotidiane, perché è qualcosa di più profondo e radicato rispetto alla superficie toccata dalle proposte elettorali. Questo la Sinistra lo sa bene, ed ha infatti trascorso gli ultimi settant’anni ad investire risorse per ottenere i risultati che sono difronte agli occhi di tutti. Oggi è invalsa la tendenza a parlare di “egemonia culturale della Sinistra”, come se questa fosse stata imposta improvvisamente da uno schiocco di dita. Evidentemente non è così: è stata conquistata progressivamente, senza fretta ma senza tregua. Ed il suo strumento principale sono stati appunto quei canali istituzionali della cultura ai quali ho dianzi accennato.
La più inquietante delle vittorie riportate dalla Sinistra in questo modo, è stata quella dei giovani, delle nuove generazioni, che si è tradotta soprattutto nella capacità di mobilitarli. Le migliaia di giovani che sono scesi in piazza negli ultimi anni sono culturalmente legati alla Sinistra, non c’è dubbio; e non ho visto manifestazioni di piazza altrettanto imponenti dove invece sfilavano giovani di Destra. Questo dovrebbe essere un punto sul quale riflettere, perché i giovani, senza dubbio, sono il futuro. E il futuro non deve appartenere alla Sinistra, non possiamo permetterlo.
La candidata del centro-destra era ‘sbagliata’. Poi le ragioni della sconfitta sono certamente molte…
Articolo lungo-talvolta troppo dottorale- ma comunque che in parte condivido:soprattutto riguardo ai giovani che oggi in larga parte vanno a snx.Però,a tale proposito,i giovani hanno cominciato ad andare a snx dal ’68. Poi,hanno continuato non solo per ideologia ma per “contaminazione” . Ad iniziare dalla Scuola in cui gli insegnanti di Lettere o sono apertamente di snx e propagandano in classe la loro ideologia o sono vili conformisti che adottano libri di testo tutti allineati all’antifascismo di interpretazione comunista. Ancora,in questo mondo”globalizzato”in cui la violenza e prevaricazione viene sempre designato con il termine “fascista”:dai libri di letteratura,ai giornali,al cinema ,alla televisione(pensiamo al lavaggio del cervello fatto da Mieli nella rubrica “Storia” della Rai),fino ad approdare alla musica leggera(con i vari cantautori alla Fedez)o addirittura alle liti coniugali…Perciò,è ovvio che non si deve avallare questo nutrito assedio come per es.ha fatto Sallusti in Tv commentando il lancio di pomodori a Salvini come una violenza “fascista”.Nè tantomeno ridursi a respingere questa accusa di infamia soltanto dicendo che il Fascismo è ormai defunto perchè appartiene al secolo passato. Anche il comunismo (salvo in Cina,Corea del Nord,Vietnam…)appartiene al secolo passato ma le sue nefandezze per quantità ed estensione mondiale sono ben più criminali di quelle presunte da addebitare al fascismo italiano .
Niccolò , trovo la tua disanima reale e convincente.
I giovani sono molto più acculturati dei 50enni come me, non è solo con la dottrina delle loro famiglie che giudicano.
I valori della sinistra forse è dico forse sono valori apprezzati da chi ha una cultura.
Un grande abbraccio.
Complimenti.
Giovani oggi molto ‘acculturati’? Quando tutti i sondaggi, le analisi, le statistiche ecc.dicono il contrario? Forse vivo in un mondo diverso (non parlo solo dell’Italia, ovviamente).