Nico Naldini, chi era costui? Maurizio Cabona – scrittore, giornalista e critico cinematografico – lei che ci ha lavorato insieme, l’avrà conosciuto…
“… Solo da lontano però. Naldini collaborava al supplemento ‘Lettere & arti’ de Il Giornale, nato nel 1984 e sopravvissuto filo a metà gennaio 1994, ma non l’ho mai visto in redazione”.
Naldini era solo ‘il cugino di Pasolini”?
“No. La parentela l’avrà aiutato a entrare dalla porta di servizio – era addetto stampa – nel cinema, ma Naldini aveva qualità. Il suo documentario ‘Fascista’, del 1974, non era come quelli dei primi anni ’60: era un ‘ricordo con rabbia’, ma anche un’interpretazione moderatamente critica”.
Ciò parve il segno di un retour à l’ordre…
“… Infatti. Il film di Naldini fu coevo alla stesura, se non alla pubblicazione, dell’Intervista sul fascismo di Michael Ledeen a Renzo De Felice (Laterza). Erano i primi passi di un revisionismo che continua fino a oggi, ‘redimendo’ più che il fascismo, il fascismo come Dino Grandi avrebbe voluto che fosse: un’estrema destra, cioè”.
Torniamo a Naldini.
“Implicitamente, nel suo documentario, parlava anche della sua generazione, quindi di sé stesso, di Pier Paolo e del fratello Guido, ucciso nel 1944 a Porzûs. Erano tutti passati per il fascismo senza staccarsene fino al crollo. Ciò li aveva riflettere fino a capire che esso era stata una protesi della monarchia, non una rivoluzione”.
Al ‘Giornale’ Naldini era autorevole?
“Quando lui arrivo’, Il Giornale era un coagulo di firme autorevoli. Lo scrivevano magnifici sessantenni per i loro coetanei. Così ogni anno la testata perdeva circa 5.000 copie per fattori naturali”.
Continui.
“Nato anch’esso nel 1974 per disturbare il Corriere della Sera, Il Giornale in effetti lo disturbo’, ma non prevalse nelle vendite né a Milano (lì fu la delusione), né altrove”.
Perché…
“… Non era né carne, né pesce. Doveva sostenere un nominale centrosinistra vocato ormai a fare, con l’imporsi di Craxi, una politica economica di centrodestra. Doveva sostenere una maggioranza parlamentare che, che grazie al monopolio sulla TV, aveva quasi abbandonato tutto ciò che era la cultura alla sinistra e all’estrema sinistra. Eppure aveva per cultura moltissima attenzione”
Di nuovo le chiedo: perché questi ossimori?
“Cinismo. Il Giornale era la continuazione, in età repubblicana e con gli opportuni adeguamenti, della linea di Dino Grandi. Non a caso nel 1975 patrocinò la nascita di Democrazia Nazionale attraverso gli articoli di fondo di Montanelli stesso, Mario Cervi e l’azione di Gualtiero Jacopetti, documentarista anche lui, come Naldini”.
Poeta friulano, regista, letterato, Naldini era dunque fuori contesto?
“Sì. Come tanti altri collaboratori, provenienti dal Mondo, dall’Espresso, da Comunità“.
Naldini perciò scalpitava?
“Il giornalismo anche quello culturale, è un lavoro, non una missione. Se voleva lanciare un messaggio, Naldini lo affidava ai suoi libri, che meritano più attenzione di quanta abbiano avuto. La sua biografia del cugino Pier Paolo Pasolini (Pasolini una vita, Einaudi) non dice tutto di lui, ovviamente, ma lo osserva da un’angolazione unica”.