
L’ultimo libro di Chiara Valerio è un appassionato elogio della matematica, applicata alla pratica democratica. Il titolo emblematico, La matematica è politica, rivela l’intento dell’autrice di approcciarsi alla prassi della vita politica utilizzando l’empirismo dei numeri, delle formule e delle inferenze algebriche. Compito non nuovo, peraltro, che ricollega il breve libretto, edito da Einaudi, alla lunga tradizione della saggistica politico-scientifica: Machiavelli, Cartesio, Leibniz sono tra i primi ad aver impiegato il metodo scientifico all’analisi della struttura politica di una società. Chiara Valerio ripropone lo stesso modus operandi trasferendolo all’attualità.
L’età degli algoritmi
Ispirandosi ad un testo di un eccellente matematico, Paolo Zellini, Matematica degli dei, algoritmi degli uomini, uscito qualche anno fa per Adelphi, la Valerio sostiene che tutti siamo oramai immersi negli algoritmi, in un flusso di numeri che modellano o orientano la quotidianità. Big Data capaci di influenzare in modo subliminale le nostre scelte. In questo condizionamento occulto, la facoltà di discernimento, elemento primo che distingue l’uomo dalla bestia, è a rischio. La tecnologia è un Moloch temibile, un tritacarne della libera e consapevole volontà, che va dominato perché non ci stritoli. La matematica, in quanto scienza, dunque staccata dalla tecnologia, deve essere dotata di una responsabilità di verifica. Non tutti i dati, infatti, sono attendibili, non tutto quello che viene spacciato per certo ha il crisma dell’Assoluto a cui affidarsi con fideistica accettazione.
Regole e limiti
L’atteggiamento matematico, al contrario, presuppone la possibilità della fallibilità, pur mirando all’esattezza. Essa contempla l’errore come un tassello nella sua incessabile ricerca delle verità in rapporto al contesto e all’approssimazione e nel rispetto di regole e limiti. Letta così, la matematica assomiglia alla democrazia: “Democrazia e matematica da un punto di vista politico si somigliano: come tutti i processi creativi, non sopportano di non cambiare mai”. “Studiare Matematica educa alla democrazia” , – osserva la scrittrice -. Essa insegna, nel contempo, a seguire le norme e, se necessario ad infrangerle, esorta allo studio, che è passione, e all’immaginazione, che è il motore del Progresso. Passione e immaginazione dovrebbero costituire, altresì, le doti più spiccate dell’uomo politico. Il vero homo publicus, infatti, sa porsi l’obiettivo di prospettare futuri mondi a cui adattare criteri dettati dal mutato contorno. La mente matematica, allenata all’elasticità del calcolo, si predispone alla “rivoluzione” permanente innescata dalla velocità del cambiamento a cui è sottoposta la contemporaneità.
Dopo anni e anni passati confidenzialmente tra formule e figure geometriche, la Valerio si è dedicata a tempo pieno alla letteratura (è editor per Marsilio). Persuasa che la matematica ha una sua “grammatica” cristallina, auspica che il rigore dei simboli numerici si esperisca anche tra le parole. L’infodemia è infatti uno dei mali più pericolosi della nostra società, affetta, appunto, da un “eccesso di informazioni spesso non vagliate con attenzione” e veicolate da una verbosità obliqua, che non lascia scampo se non al fraintendimento.
Per la Valerio, le parole non sono pietre, ma dovrebbero essere numeri. La comunicazione, specie quella ufficiale delle figure istituzionali, rappresentanti di un governo democratico, deve pertanto giovarsi di parole esatte, precise, puntuali.
In estrema sintesi, i cardini essenziali dell’insegnamento curricolare scolastico, la grammatica e la matematica, da soli garantiscono alle generazioni future la tutela e la conservazione della libertà democratica. Che i nostri studenti imparino ad apprezzare sempre più la bellezza dei numeri per diventare cittadini consapevoli, questo è, purtroppo, un altro discorso.
*La matematica è politica di Chiara Valerio, pp.112, euro 7,99