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“Il decoro” di David Leavitt e gli Usa visti attraverso i tic della cricca snob liberal

Il romanzo è stato prima in Italia che negli Stati Uniti: alla fine la bellezza di Venezia è farmaco contro le incertezze del vivere

by Cecilia Pignataro 
26 Luglio 2020
in Libri
0
David Leavitt

Il decoro, il nuovo romanzo di David Leavitt, edito da SEM, è stato pubblicato prima in Italia e uscirà in settembre negli USA. Tale scelta, non nuova allo scrittore (anche Eguali amori ha avuto la stessa sorte), rivela il profondo legame con il nostro Paese. Tra Roma e la Maremma, Leavitt ha vissuto, infatti,  ben nove anni.  Fernanda Pivano, indefessa talent scout di giovani scrittori e attenta conoscitrice della letteratura americana, negli Anni Ottanta, lo scoprì e lo sottopose all’attenzione della critica. Insieme a Jay McInerney e Bret Easton Ellis, David Leavitt ha formato un trio, un “brat pack letterario”, che da decenni descrive, con realismo e, a tratti, con crudezza, la deriva ipermaterialista, l’instabilità emotiva, la cecità ideologica della società d’oltre Atlantico. 

L’incipit

“Vi andrebbe di chiedere a Siri come assassinare Trump?”, Il decoro si apre con questo fulminante incipit che colloca il lettore in medias res, nel salotto della casa di campagna in Connecticut di Eva e Bruce Lindquist. Esponenti della High Society, Eva, una donna sui  cinquant’anni con l’hobby per il bello e il superfluo, e Bruce, un broker di successo, e il loro gruppo di amici si trovano a dover fare i conti con la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2016. In effetti, la sera dell’8 novembre, segna il trionfo del candidato più discusso della storia americana, un istrione biondoparruccato, che rappresenta e sublima i malumori dell’America profonda. Egli – si legge tra le righe – non è “un uomo affetto da un disturbo narcisistico della personalità”, ma è il “diavolo” in persona: la tendenza a “medicalizzare” il fenomeno, infatti, lo elude in modo consolatorio, al contrario, ricorrere al soprannaturale serve a potenziare l’idea del Male assoluto che si manifesta nell’eccezionalità della Storia. 

I tic liberal

Ma il libro non è un’invettiva anti Trump. È molto di più. Il romanzo si pone come un laboratorio naturalistico, da cui Leavitt osserva tic, vezzi e difetti dei liberal la cui pretesa superiorità intellettuale non li rende più degni dei sostenitori di The Donald. Eva incarna tale l’idealtipo alla perfezione: figlia di ebrei scappati dalla Polonia, rifugiatisi dapprima in Portogallo e poi in America, ha creato intorno a sé un’aura mitica, frutto più delle grandi disponibilità economiche di suo marito che di particolari attitudini personali, rimaste tutte debitamente inespresse. Ella riempie così il vuoto della sua esistenza borghese passando da un vernissage ad un reading à la page, circondata da yesmen, l’amica Min, giornalista glamour di scarso talento, l’arredatore gay Jake, e assecondata da Bruce che è talmente assuefatto al “sistema” in cui “Lei si occupa di volere e lui di pagare”. Alla precarietà innescata dall’insediamento dell’amministrazione repubblicana, la protagonista reagisce in modo emblematico. Pur “sconvolta”, si rifiuta  di fare ciò che chiunque altro farebbe, ossia “scivolare in un tedio terribile oppure impegnarsi a fondo a girare la testa dall’altra parte”, lo farebbe se ci riuscisse, ma ha “troppa paura”. Una paura auto-determinata, quella di Eva e di tutti i democratici delusi, non legittima come quella che attanaglia le categorie deboli neri, portoricani, asiatici, donne, omosessuali, prese di mira dal Presidente e la sua crew, ma lo squallido timore di perdere i propri privilegi. La cricca snob dei Lindquist non paventa, dunque, la “iena”, la canaglia deprivata dei diritti più elementari, che crede di poter ammansire con “l’inclusione”, ma mal si adatta all’esibizione dell’osceno e del kitsch. Perciò Eva, la più coraggiosa, matura un desiderio di fuga.

Venezia diventa l’Eden, l’altrove incontaminato, un luogo antico, in cui “non senti l’attrazione dell’immediato o la senti in un altro modo”, attraverso il filtro dell’arte. Questo è il punto nodale dell’opera: le Muse della letteratura, della poesia e dell’arte hanno abbandonato gli States e si sono trasferite ad altre latitudini. Nell’era Obama, infatti, gli intellettuali si erano narcotizzati e assuefatti al politically correct, ora, “di nuovo oppressi … ricominceranno a scrivere libri che varrà la pena di leggere al posto di tutta la merda scritta prima … roba da medio borghesi idioti, egocentrici, liberal, gente che sa solo stare lì a guardarsi l’ombelico.” In attesa del riscatto, Leavitt lancia strali contro quella che definisce “una manica di segaioli”, come Jeffrey Eugenides, Jonathan Franzen, Jonathan Lethem, Jonathan Safran Foer. 

Indiscusso maestro “postminimalista” (Piovani), ha descritto in gran parte dei precedenti romanzi le aporie della famiglia. Anche ne Il decoro, in questa Comédie humaine, mette a nudo i meccanismi che logorano relazioni matrimoniali ultraventennali o collaudati rapporti amicali. Eva e Bruce sembrano una coppia ben assortita ma appiattita nelle consuetudini, che l’evento storico traumatico della vittoria di Trump fa deflagrare. Da questo momento i due si allontanano sempre più.

La generosità di Bruce

Alla freddezza calcolatrice di Eva si contrappone la generosità di Bruce. Egli offre un cospicuo contributo in denaro alla segretaria Kathy per un senso di inconfessata rivalsa verso sua moglie che sperpera denaro in costosi capricci. Si sviscerano poi le controverse dinamiche che non di rado si stabiliscono tra amici, la dipendenza ossessiva di Min da Eva, la subordinazione di Eva a Jake, e ancora piccole invidie, ripicche, gelosie. La signora Lindquist è la forza centripeta attorno a cui ruota una girandola di varia umanità, ma per essere ammessi alla sua corte occorre decoro, bon ton, nessun eccesso o accenno di volgarità. In una parola, ipocrisia. Chi valica quel confine, viene impietosamente estromesso dalla compagnia.

Venezia

Venezia

Se il titolo italiano, Il decoro, allude al limite segnato dall’aura mediocritas, che è stato scavalcato in un’epoca, la nostra, in cui dominano la pacchianeria e il cattivo gusto, Shelter in place, il titolo inglese, “trovare un rifugio sul posto” è un invito rivolto a ciascuno a mettersi al riparo dal default della storia. È significativo che tale ricovero sicuro sia Venezia, prezioso scrigno di arte e cultura, unici baluardi quando tutto intorno è precarietà e incertezza. 

*Il decoro, il nuovo romanzo di David Leavitt, edito da SEM

@barbadilloit

Cecilia Pignataro 

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Tags: Barbadillocecilia pignataroDavid Leavittil decorolettarturalibri

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