Un libro strano, difficile da metabolizzare, seppur da leggere rapidamente. Democrazia Cristiana. Il racconto di un partito (Sellerio, 2019) di Marco Follini lascia l’amaro in bocca. Il problema non è lo svolgimento, ma il tema. Quello dello Scudocrociato. Chi lo ha scritto evidenzia un legittimo, umanissimo, persino romantico, senso di nostalgia. Chi lo legge, invece, – soprattutto se non ha vissuto quegli anni – ha ben altri sentimenti. Avverte il senso di nausea, la lentezza e il grigiore di una parentesi storica infinita. Persino paura. Paura di chi vorrebbe il ritorno immediato a quella modalità di gestione del potere, a quell’antropologia politica, a quell’Italia bloccata a cui non erano concesse alternative affidabili.
La tentazione
La Dc come ricetta ai populismi, ai torsi nudi del Papeete. Lo sussurra chi vorrebbe riabilitare una fase storica stagnante per blindare se stesso. Il governare della Democrazia cristiana era stanco, spesso inconcludente. Votato alla mediazione continua, ai travagli interni, ai compromessi, ai sensi di colpa, alle mance che risolvevano ogni diatriba, ai vincoli esterni. La Dc odorava di borotalco e sagrestia. Roba che per votarla – Indro Montaneli dixit – bisognava stare davvero col naso turato.
Tutto questo mentre i suoi esponenti vivevano con insofferenza e umiliazione il primato culturale del Partito comunista. Ma non faceva nulla per scalfirlo. Appunto perché il potere veniva prima di tutto. Prima delle cattedre, delle letture e dei teatri. Il potere, sì. Quello strumento gestito per tutta la Prima repubblica come se fosse di esclusiva competenza. E lo era. L’eredità di quei giorni è tutta sulle spalle indebitate delle nuove generazioni.
Il pelo sullo stomaco
Marco Follini ce la racconta così. Con onestà intellettuale e lucidità storica. Un partito cinico, da pelo sullo stomaco. Immorale nel suo bigottismo. Moderato fino alla paralisi. Tutto da buttare? No di certo. Ma è difficile capire cosa conservare oggi. Oggi che ci vorrebbe invece un ciclo nuovo, dove legittimità della politica e assertività del governo dovrebbero aiutarci a gestire la crisi più cruda dal Dopoguerra, in cui il combinato disposto pandemia più sconquasso sociale aprirà quasi certamente un’instabilità senza precedenti. Non sazio del pantano targato Rosatellum, il Parlamento sta studiando per il ritorno integrale al proporzionale. Escogitando quindi il nuovo avvio della Prima repubblica senza però che il funerale della Seconda sia celebrato pubblicamente.
@fernandomadonia
@barbadilloit
Sì, ma quella DC, la famosa ‘balena bianca’ era simile al PCI. Ed era il ritratto di una parte consistente dell’ Italia, politica, sociale, culturale, piaccia o no. Poi al suo interno c’erano i peggiori (normalmente la sinistra morotea, zaccagniniana, lapiriana, quella collusa con le criminalità organizzate del sud ecc.) e qualcuno che, in fondo, si salvava. Penso al sindaco di Torino Amedeo Peyron, a Pella, a Segni…Non era molto dissimile neppure dai partiti berlusconiani, anche se più abile. L’odore di sacrestia, il grigiore, la povertà etica, la vigliaccheria (ben esibita dal ’68 in poi, spesso vomitevole…). Però dobbiamo compararla con gli attuadi pidioti, comunistoidi, vaffanculisti… Di chi è la colpa?
Il potere della DC era simboleggiato da tre Ministeri: Interno, Esteri, Difesa e dall’IRI. Ed un patto di non-aggressione con Banca d’Italia, Mediobanca, massonerie finanziarie. Del resto poco le importava.
Eh sì, la DC era un partito claustrofobico, ma ancora peggio una puttana politica che pur di rimanere incollata alle poltrone ha fatto accordi contronatura e compromessi con tutti, persino con il PCI. Il compromesso del 1975 tra Zaccagnini e Berlinguer altro non fece che svelare una realtà che fu tenuta nascosta all’opinione pubblica, ovvero che DC e PCI non sono mai stati partiti tra di loro avversi, ma i due volti del medesimo Sistema che venne instaurato in Italia dopo l’affermazione della repubblica.
DC e PCI si divisero l’Italia e la divorarono. I primi si attribuirono il controllo dell’economia, i secondi della cultura, ed é per questo che l’egemonia culturale della sinistra, soprattutto negli ultimi 50 anni, non é mai stata contrastata. E di fatti, ecco oggi come siamo ridotti, con una società alla deriva sotto ogni aspetto, e con una sudditanza culturale che i partiti di “destra” hanno verso la sinistra.
Il moderatismo in politica come nella vita, é sempre un atteggiamento responsabile, ma non lo si può applicare in tutte le situazioni.
Il problema è che, leggi elettorali a parte, camaleontismo di DC, PSI, PSDI, PRI, PLI (il PCI ha solo cambiato due o tre volte nome, il MSI si è evirato gioiosamente), la Seconda Repubblica non è mai nata. Il sistema bipolare non è mai nato. Il semi-presidenzialismo alla francese non è mai nato. Seconda Repubblica è così rimasta una formula giornalistica. ¡Nada más!
La seconda repubblica è stata senz’altro peggio della prima, partiti ridotti a puro marketing e gestiti da oligarchie che in realtà o rispondono alla malavita o a interessi stranieri sempre sotto l’egida delle varie obbedienze massoniche e degli Usa.
@Guidobono, mi permetto di dire che a cementificare la nascita della Seconda Repubblica, e quindi il bipolarismo, sono stati i sistemi elettorali per sindaci, presidenti di Provincia e governatori. Durante la Prima, il proporzionale e le elezioni di secondo livello erano pratica comune. Attualmente abbiamo una situazione mista, il che non aiuta affatto. E che rende, paradossalmente, il governo romano meno legittimato rispetto a quelli locali.
Condivido i commenti di Werner e Guidobono. Effettivamente una seconda repubblica – al di là delle alchimie elettorali – non è mai nata. Il cambiamento politico da una repubblica all’altra è dato infatti dalla forma che assumono le istituzioni e non c’è dubbio che il logoro parlamentarismo della 1^ repubblica è restato immutato, aggravato se mai dalla riformuncola del titolo V che ha dato un’ulteriore spinta alla frammentazione dei poteri e all’affarismo regionale. Se fosse stato introdotto un semi presidenzialismo allora potremmo legittimamente parlare di 2^ repubblica. Del resto PD e Forza Italia ed ora anche i 5 stalle non sono che i nipotini mediocri del compromesso storico PCI-DC.
F. M. Adonia. Hai ragione. Infatti l’unica riforma veramente attuata è stato il decentramento…elettorale e l’ulteriore crescita (numerica) della classe e sottoclasse politica…
Il proporzionale puro, che é stato legge elettorale dal 1946 al 1993, non poteva non favorire gli inciuci ed impedire il compromesso DC-PCI del 1975. Nessuna forza politica o gruppo di liste può mai acchiappare il 65% dei voti, salvo casi rari come in Russia dove il partito di Putin arriva da solo al 70%. Ragjon per cui, la cosiddetta “legge truffa” del 1953 la DC aveva approvato, in realtà fu la cosa più onesta che aveva fatto, perché era un proporzionale con premio di maggioranza al partito o alla coalizione che prendeva almeno il 40% e assegnava il 65% dei seggi in parlamento. E a quei tempi la DC era il primo partito col 48% dei consensi, e quella legge, fosse rimasta in vigore, non solo gli avrebbe permesso di fare governi da sola, ma anche di poter mantenere o aumentare i consensi, e di condannare il PCI all’opposizione eterna. Ma siccome DC e PCI erano finti avversari, sappiamo tutti come é andata. D’altronde, assieme hanno creato le Regioni nel 1970, e la DC ha dato al PCI la Televisione di Stato, l’istruzione, la burocrazia e la magistratura, oltre ad avergli concesso il divorzio, il diritto di famiglia del 1975 e l’aborto. La DC sul piano etico-morale ha consentito l’approvazione di leggi contrarie a quello che era l’orientamento del suo elettore-tipo.
Tra l’altro, nel periodo della “legge truffa”, De Gasperi ricevette pressioni da Papa Pio XII affinché facesse governi con MSI e PNM, e mettesse fuori discussione qualsiasi alleanza con il PSI, il quale nel frattempo andava sempre più allontantandosi dal PCI, con cui ruppe soprattutto dopo i fatti ungheresi del 1956. Stando ai sondaggi, se oggi fosse in vigore una legge elettorale come quella del ’53, Lega e FdI, avrebbero i numeri per fare un governo da soli, senza Forza Silvio.