Dare per scontato e non sapere, questi sono due tra i principali difetti del Popolo Italiano, aggravatisi notevolmente nella cosiddetta «Epoca Repubblicana». Quintessenza di tale deleteria mentalità è la non comprensione della unicità dei Musei Capitolini, incredibile scrigno storico-artistico della Città Eterna. Di questo complesso museale si sente sempre e soltanto ripetere che è il più antico museo, vero. Nondimeno, ciò che non si dice mai è un dato incontrovertibile. Ossia, che stiamo parlando della più importante raccolta di Bellezza del pianeta dopo gli inarrivabili Musei Vaticani e il seccante Louvre, museo di rapina per eccellenza. Impossibile descrivere adeguatamente i Capitolini in un articolo; eppure, una cosa la possiamo fare in questo breve racconto delle sue collezioni: dare prova del perché questi «musei» – con quel plurale condiviso proprio con i Vaticani – siano secondi solo a quelli dei Papi e a quello di Parigi.
I Musei Capitolini sono il simbolo stesso di Roma, creati grazie alla donazione del 1471 da parte di Sisto IV di opere precedentemente conservate in Laterano. Nel ‘500, Leone X e Pio V ne implementarono le collezioni, ma fu soprattutto nel 1734, con l’acquisizione della Raccolta Albani, che i Capitolini si ingrandirono notevolmente. Molto più recente è invece la inclusione di Palazzo Caffarelli-Clementino, con la quale si segnò l’ultima fase di espansione del percorso espositivo. Una piccola e doverosa precisazione. Durante la Amministrazione Veltroni, l’allora Assessore alla Cultura Gianni Borgna aveva pensato di allargare ancora i Capitolini, occupando parte di Palazzo Senatorio (attuale sede del Comune), nonché alcuni edifici adiacenti, situati su Monte Caprino, come l’ex-Istituto Archeologico Germanico, ma con l’avvento della Giunta Alemanno, l’ambizioso progetto venne purtroppo accantonato. Sia come sia, i Capitolini, riprendendo una definizione tipica della migliore scuola museologica italiana, sono una epitome di «museo gremito».
Partiamo da Palazzo Nuovo, che mantiene a tutt’oggi la concezione espositiva originaria, offrendo così un prezioso documento storico per gli studiosi e, nel contempo, comunicando appieno al visitatore il fascino del passato, con ambienti «popolati» di marmi. Innumerevoli qui i capolavori, come del resto accade in buona parte delle varie sezioni dei Capitolini. Di grande suggestione sono le sale al Primo Piano, come quelle dei «filosofi» e degli «imperatori», con una serie infinita di busti, trattasi della maggiore collezione esistente, dopo quella dei succitati Vaticani. Tra le tante statue di pregio, vanno ricordate: il Galata Morente e la Venere Capitolina, entrambe forse del II secolo d. C. Scendendo al livello inferiore, troviamo l’imponente fontana del Marforio, che domina il Cortile, ove sono anche collocate delle colonne in granito con rilievi egittizzanti, pure in questo caso, parliamo di pezzi rarissimi.
Un collegamento sotterraneo porta al Tabularium, una struttura destinata ad accogliere gli archivi pubblici della Roma Imperiale. Al suo interno, fra elementi architettonici antichi e un consistente nucleo di epigrafi, certe addirittura in ebraico, si ha la percezione di entrare nel «ventre» dell’Urbe. In questa area dei Musei si trova il celeberrimo affaccio sul Foro Romano, che al tramonto regala un panorama mozzafiato. Quasi storditi da siffatta solenne grandezza, si esce dal Tabularium, per arrivare dentro Palazzo dei Conservatori, vera anima dei Capitolini.
Nel Cortile sono sistemati i frammenti della Statua Colossale di Costantino (313 – 324 d. C.), insieme ad altre sculture di grandi dimensioni. Al Primo Piano, ecco gli Appartamenti, completamente ricoperti di splendidi affreschi narranti la storia di Roma, tra cui spiccano quelli del Cavalier d’Arpino (1568 – 1640). Nella prima enorme sala sono collocate due statue di Papi: l’Urbano VIII (1635 – 1640, marmo) di Gian Lorenzo Bernini, e l’Innocenzo X Pamphilj (1650, bronzo) di Alessandro Algardi. Opere che farebbero scalpore in qualsiasi museo internazionale, mentre qui le si considera quasi degli «elementi di arredo»; a riprova di quanto i Capitolini siano stolidamente sottostimati. In tal senso, un altro esempio di questa sottovalutazione ce lo offre il Carlo I d’Angiò (1277 ca., marmo) di Arnolfo di Cambio, il primo ritratto medievale di un personaggio vivente scolpito in Europa pervenuto fino a noi, e dai visitatori puntualmente ignorato. Che dire poi della Lupa Capitolina? Un originale etrusco in bronzo (V sec. a. C.), emblema di Roma, che i soliti studiosi, il cui unico passatempo pare essere la anti-italianità, sostengono risalire a un periodo ben più tardo, nel tentativo non solo di ridurne il valore artistico, ma, subdolamente, provando parimenti a sminuire il portato del mito fondante di Roma.
A malincuore siamo costretti, per motivi di spazio, a tralasciare parecchie opere, molte delle quali sono in ogni manuale di Archeologia. Ciononostante, ineludibile è un commento sulla Statua Equestre di Marco Aurelio (II d. C.). Per farla breve, questo monumentale bronzo (quello posto in piazza del Campidoglio è una replica moderna) è uno dei principali lasciti della Classicità. Infatti, non esiste nulla, in nessun museo, che lo possa eguagliare. Perché? Semplice, da questa statua è stato ripreso attraverso i secoli il modo di rappresentare un Sovrano all’apice della sua gloria e potenza. Essa è posizionata al centro della vasta e luminosa Esedra (inaugurata nel 2005) ideata dall’architetto Carlo Aymonino. Questa scenografica cornice, con i suoi ampi spazi, ha permesso inoltre di valorizzare al meglio i resti del Tempio di Giove Capitolino.
Passando al Secondo Piano, si incontra la Pinacoteca, la più antica raccolta pubblica di quadri; ennesimo primato dei Capitolini. Tiziano, Caravaggio, Rubens, Domenichino, Guercino, Pietro da Cortona sono solo alcuni dei nomi presenti nella collezione. Qui è anche custodito il San Sebastiano (1615 – 1616, olio su tela) di Guido Reni, iconico dipinto che ha ispirato quella che noi da tempo chiamiamo la «estetica della crudeltà» del noto scrittore giapponese Yukio Mishima.
I Musei Capitolini sono una meraviglia assoluta, un «titano», vanto dell’Italia intera. In essi, si possono ammirare opere inestimabili che sono una chiara dimostrazione di ciò che è stata Roma nella storia dell’Umanità come madre della Civiltà Occidentale. Ripetiamo, sono senza dubbio il terzo museo al mondo, e questo va scritto e fatto capire agli Italiani, così colpevolmente e costantemente incapaci di apprezzare il nostro sterminato Patrimonio. (da il Borghese, luglio, 2020)
Riccardo Rosati