“Quello dell’autonomia regionale è nodo fondamentale con cui la destra deve fare i conti una volta per tutte. Lo dissi in tempi non sospetti: sbaglia chi vuole dipingere e indirizzare questa parte politica come la paladina di istanze centraliste e spesso assistenzialiste. Purtroppo ero stata buona profeta lasciando Fratelli d’Italia dopo le forti contestazioni subite per essermi espressa a favore del referendum che chiedeva più autonomia in Regione”: questa la posizione di Viviana Beccalossi, presidente del Gruppo Misto nel Consiglio regionale della Lombardia, intervenendo nel dibattito in corso sul tema dell’autonomia.
“La richiesta di adottare maggiori forme di autonomia – prosegue Viviana Beccalossi – è assolutamente compatibile con la Costituzione, non rappresenta affatto un tentativo di mettere a rischio l’unità nazionale, quanto piuttosto la volontà di rendere più efficace l’azione della pubblica amministrazione, restituendo alle Istituzioni quell’autorevolezza persa agli occhi dei cittadini. Non è un caso che nel 2017 il 95% dei lombardi abbia risposto con un plebiscito a questa richiesta di modernizzazione del rapporto con chi li governa. Richiesta che sarebbe politicamente errato sottovalutare e che rischia di minare il futuro della coalizione di centrodestra”.
Il ruolo di Tatarella
“Ricordo – ribadisce Viviana Beccalossi – che fu proprio Alleanza Nazionale, grazie alla sensibilità del compianto Pinuccio Tatarella, a depositare per prima atti formali in tal senso. Nel 1997 venne avanzata la richiesta di riconoscere lo status di ‘Regioni a Statuto Speciale’ a tutti gli Enti che fossero stati in grado di farsi carico delle maggiori competenze senza aggravio di costi per lo Stato”.
“Credo e ribadisco –conclude Viviana Beccalossi- che la destra debba uscire da questo ‘falso storico’, occupandosi di alimentare sforzi ed impegni di imprese, associazioni, lavoratori e professionisti senza i quali sarà difficile riemergere dall’arretratezza economica in cui l’Italia è tristemente caduta. Questa destra, quella della modernità e dello sviluppo, quella della tutela della libertà dei singoli e delle imprese dai vincoli della burocrazia e dal peso fiscale, è quella che intendo continuare a rappresentare, al di là di sigle, bandiere e gruppi di appartenenza”.
Il problema non è oggi quello di richiedere più autonomia regionale (per continuare a spendere senza controllo?), bensì di ridisegnare, secondo una visione politica coerente, l’amministrazione territoriale dello Stato, fissando le competenze (oggi assai confuse e sbilanciate, stante l’impianto regionalistico della Costituzione peggiorato dall’ultima riforma del titolo V che si è sovrapposto sic et simpliciter a quello centralistico, per intenderci non sono compatibili le Regioni così mal disegnate e le vecchie Province) tra Stato centrale ed enti territoriali. Una riforma che deve partire dalla geografia e dalla storia, eliminando Regioni e Province e puntando sui distretti o bioregioni: secondo lo studio della Società geografica italiana ci sarebbero solo 36 dipartimenti ben delimitati, con competenze certe contro le attuali 20 Regioni, 100 Province e città metropolitane ed altri enti inutili!
Io personalmente propendo per lo Stato centralista, ma non per il centralismo assoluto à la francese. Piuttosto sono per un centralismo con elementi federalisti. Un eventuale concessione dello statuto speciale a Lombardia e Veneto, le due regioni più produttive d’Italia, sarebbe un danno per tutta la Nazione. É una mezza secessione. Comprendo perfettamente le ragioni di Lombardi e Veneti nel voler avere restituito parte di quello che loro versano allo Stato sotto forma di tasse, ma non è con l’autonomia fiscale che risolvono questi problemi. Che poi parliamoci chiaro, le istanze autonomiste promosse da quelle due Regioni non hanno nulla di identitario e nessun fondamento storico, la verità è che vogliono trattenere per sé il 90% del gettito fiscale come avviene nelle province di Bolzano e Trento, e in Valle d’Aosta. E non sono sicuro che vogliano l’autonomia per il bene dei cittadini, ma piuttosto per creare delle importanti reti clientelari che solo avendo tutti i soldi a disposizione si possono fare. Lo fa già la Sicilia che ha l’autonomia politica ma non fiscale, il che è vergognoso visto che lo fa con i soldi di tutti i cittadini italiani. Ma di sicuro, Lombardia e Veneto gestirebbero di gran lunga meglio l’autonomia rispetto alla Sicilia, a cui va revocata senza indugi.
Io credo che bisogna semplicemente fare che lo Stato centrale destini i fondi in base a quanto preso da ciascuna regione. Se dalla Lombardia riceve tot, gli si dà tot, se dalla Sicilia riceve tot, gli si dà tot. Invece succede che alla Provincia autonoma di Bolzano, che trattiene il 90% delle imposte pagate in loco, lo Stato dà ogni anno 5 miliardi di euro, molto di più che a Lombardia e Veneto messe assieme che sono i maggiori contributori. Uno scandalo. Il buonsenso suggerirebbe che a quegli enti che trattengono il 90% delle imposte, lo Stato dia solo il corrispettivo del rimanente 10% che riceve da loro. Come Sandro sono per l’abolizione delle Regioni, ma a differenza sua sono per il ripristino delle Province. Però una sorta di meccanismo federalista penso vada applicato sulle tasse comunali, perché essendo il Comune l’ente più vicino al cittadino, credo sia giusto ad esempio che possa trattenere a sé il 30-40% delle entrate dovute all’imposte come quella sugli immobili e sui rifiuti.
Anche se, a proposito di questo, io sono per un’unica imposta comunale sugli immobili con cui si finanziano tutti i servizi, ovvero una nuova ICI che vada applicata su tutti gli immobili. Aver abolito l’ICI sulla prima casa è stata solo una stupida mossa elettorale che ha avuto il merito di danneggiare le finanze dei Comuni, e non ha minimamente avvantaggiato le famiglie proprietarie dei immobili, dato che oltre l’80% di esse ne possiede una sola, quella in cui abitano, ma piuttosto la minoranza di ricconi che di case ne hanno tante e che possono permettersi di pagare le imposte.
Il virus delle autonomie è uno dei tanti regali dell’antifascismo. Comunisti e democristiani, d’accordo con tutte le mafie, si divisero l’Italia. Nel 1970, i giovani del MSI (ero fra questi) combatterono insieme ad Almirante contro questa ignominia.
Le regioni hanno dato il peggio dell’antinazione, sono un danno economico colossale, valutabile in centinaia di miliardi di euro.
Chi difende le autonomie regionali è un traditore o un malfattore, anzi, peggio, è un antifascista!
Dai commenti capisco che l’inquinamento del nostro ambiente resta grave, nonostante che la crisi di tutti gli altri partiti (che partiti non lo sono neanche più) abbia ridato spazio a chi AVREBBE RADICI MA FA FINTA DI NON AVERNE.
I nazionalisti non possono fare sconti all’unità della nazione.
E la nostra nazione ha i comuni, le province ed i prefetti.
Le Regioni sono una ridicola forzatura che ha generato mostri legislativi, sanità locali differnziata, regioni più piccole di una città (vedi Molise, Val D’Aosta, Trento, Bolzano).
Le demenziali leggi regionali dovrebbero essere tutte abolite, la sanità tornare nazionale (dopo il COVID è criminale non farlo), le regioni statuto speciale cancellate e che non resti neanche la cenere.
Senza le Regioni, l’Italia che è già ricca, sarebbe di gran lunga la nazione più ricca del mondo e riprenderebbe il suo cammino secolare.
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Il problema non è oggi quello di richiedere più autonomia regionale (per continuare a spendere senza controllo?), bensì di ridisegnare, secondo una visione politica coerente, l’amministrazione territoriale dello Stato, fissando le competenze (oggi assai confuse e sbilanciate, stante l’impianto regionalistico della Costituzione peggiorato dall’ultima riforma del titolo V che si è sovrapposto sic et simpliciter a quello centralistico, per intenderci non sono compatibili le Regioni così mal disegnate e le vecchie Province) tra Stato centrale ed enti territoriali. Una riforma che deve partire dalla geografia e dalla storia, eliminando Regioni e Province e puntando sui distretti o bioregioni: secondo lo studio della Società geografica italiana ci sarebbero solo 36 dipartimenti ben delimitati, con competenze certe contro le attuali 20 Regioni, 100 Province e città metropolitane ed altri enti inutili!
Io personalmente propendo per lo Stato centralista, ma non per il centralismo assoluto à la francese. Piuttosto sono per un centralismo con elementi federalisti. Un eventuale concessione dello statuto speciale a Lombardia e Veneto, le due regioni più produttive d’Italia, sarebbe un danno per tutta la Nazione. É una mezza secessione. Comprendo perfettamente le ragioni di Lombardi e Veneti nel voler avere restituito parte di quello che loro versano allo Stato sotto forma di tasse, ma non è con l’autonomia fiscale che risolvono questi problemi. Che poi parliamoci chiaro, le istanze autonomiste promosse da quelle due Regioni non hanno nulla di identitario e nessun fondamento storico, la verità è che vogliono trattenere per sé il 90% del gettito fiscale come avviene nelle province di Bolzano e Trento, e in Valle d’Aosta. E non sono sicuro che vogliano l’autonomia per il bene dei cittadini, ma piuttosto per creare delle importanti reti clientelari che solo avendo tutti i soldi a disposizione si possono fare. Lo fa già la Sicilia che ha l’autonomia politica ma non fiscale, il che è vergognoso visto che lo fa con i soldi di tutti i cittadini italiani. Ma di sicuro, Lombardia e Veneto gestirebbero di gran lunga meglio l’autonomia rispetto alla Sicilia, a cui va revocata senza indugi.
Io credo che bisogna semplicemente fare che lo Stato centrale destini i fondi in base a quanto preso da ciascuna regione. Se dalla Lombardia riceve tot, gli si dà tot, se dalla Sicilia riceve tot, gli si dà tot. Invece succede che alla Provincia autonoma di Bolzano, che trattiene il 90% delle imposte pagate in loco, lo Stato dà ogni anno 5 miliardi di euro, molto di più che a Lombardia e Veneto messe assieme che sono i maggiori contributori. Uno scandalo. Il buonsenso suggerirebbe che a quegli enti che trattengono il 90% delle imposte, lo Stato dia solo il corrispettivo del rimanente 10% che riceve da loro. Come Sandro sono per l’abolizione delle Regioni, ma a differenza sua sono per il ripristino delle Province. Però una sorta di meccanismo federalista penso vada applicato sulle tasse comunali, perché essendo il Comune l’ente più vicino al cittadino, credo sia giusto ad esempio che possa trattenere a sé il 30-40% delle entrate dovute all’imposte come quella sugli immobili e sui rifiuti.
Anche se, a proposito di questo, io sono per un’unica imposta comunale sugli immobili con cui si finanziano tutti i servizi, ovvero una nuova ICI che vada applicata su tutti gli immobili. Aver abolito l’ICI sulla prima casa è stata solo una stupida mossa elettorale che ha avuto il merito di danneggiare le finanze dei Comuni, e non ha minimamente avvantaggiato le famiglie proprietarie dei immobili, dato che oltre l’80% di esse ne possiede una sola, quella in cui abitano, ma piuttosto la minoranza di ricconi che di case ne hanno tante e che possono permettersi di pagare le imposte.
Il virus delle autonomie è uno dei tanti regali dell’antifascismo. Comunisti e democristiani, d’accordo con tutte le mafie, si divisero l’Italia. Nel 1970, i giovani del MSI (ero fra questi) combatterono insieme ad Almirante contro questa ignominia.
Le regioni hanno dato il peggio dell’antinazione, sono un danno economico colossale, valutabile in centinaia di miliardi di euro.
Chi difende le autonomie regionali è un traditore o un malfattore, anzi, peggio, è un antifascista!
Dai commenti capisco che l’inquinamento del nostro ambiente resta grave, nonostante che la crisi di tutti gli altri partiti (che partiti non lo sono neanche più) abbia ridato spazio a chi AVREBBE RADICI MA FA FINTA DI NON AVERNE.
I nazionalisti non possono fare sconti all’unità della nazione.
E la nostra nazione ha i comuni, le province ed i prefetti.
Le Regioni sono una ridicola forzatura che ha generato mostri legislativi, sanità locali differnziata, regioni più piccole di una città (vedi Molise, Val D’Aosta, Trento, Bolzano).
Le demenziali leggi regionali dovrebbero essere tutte abolite, la sanità tornare nazionale (dopo il COVID è criminale non farlo), le regioni statuto speciale cancellate e che non resti neanche la cenere.
Senza le Regioni, l’Italia che è già ricca, sarebbe di gran lunga la nazione più ricca del mondo e riprenderebbe il suo cammino secolare.