Federico Fellini aveva un film nel cassetto che non è mai riuscito a realizzare, salvo verso la fine degli anni ottanta sotto forma di fumetto con i disegni del magistrale Milo Manara. Si tratta del Viaggio di G. Mastorna detto Fernet, che Vincenzo Mollica ha sapientemente definito come: “il film non realizzato più famoso della storia del cinema”. La storia, sinteticamente, è incentrata su un clown, archetipo dai diversi significati all’interno della cosmologia felliniana, che compie un viaggio nell’oltretomba. Il copione era sostanzialmente giunto al termine ma, quasi d’improvviso, Fellini decide di interrompere il progetto, suscitando le ire del produttore, Dino de Laurentis. Ciò che ha fermato il maestro di Rimini non era semplice superstizione legata ad un presagio di sventura conseguente alla realizzazione del film o per lo meno non era solo quello. Fellini aveva deciso di fermarsi motivato, così asserisce il maestro di Rimini, dal parere di una persona che conosceva la portata di ciò che si muove nel mondo ultrasensibile, dimensione in cui il regista confidava non poco, affidando ad essa gran parte dei suoi lavori, a partire dalla realizzazione di Giulietta degli spiriti. La persona in questione è Gustavo Rol.
Non si vuole esprimere, in questa sede, un parere netto sull’attività extrasensoriale in sé e per sé, piuttosto che sulla veridicità delle azioni di Rol. Ci hanno provato già in diversi, non sempre con risultati eccelsi. In maniera del tutto aprioristica, Gustavo Rol è stato spesso ridotto al ruolo di mero prestigiatore, illusionista, cosa che, come testimoniano diversi libri, non era. Non risulta utile neanche dare risposte nette che atrofizzano domande di stampo filosofico ed esistenziale, scetticismo o idolatria sono due estremi difficilmente conciliabili e per scivolare nel riduzionismo mitologico basta un soffio. Mettiamo da parte per un attimo i dubbi raziocinanti e guardiamo le cose con gli occhi di Fellini, accantoniamo lo scetticismo emergente ed accontentiamoci dunque di una descrizione etsi Deus (in questo caso lo scetticismo) non daretur.
Durante tutta la propria esistenza Rol, cattolico praticante, ha perseguito l’insegnamento della carità. Nato nel 1903 da una famiglia della borghesia torinese, Gustavo Adolfo Rol ha dovuto fare i conti con una sensibilità che, una volta raggiunta una determinata consapevolezza, lo ha portato a toccare vette trascendenti, con la forza d’animo che inizialmente ricorda Giordano Bruno e i poeti romantici. Capace di cose incredibili facilmente collocabili nel territorio della fenomenologia mistica, cristiana e non solo, pur negando qualsivoglia legame con il mondo del paranormale. Pittore per gusto estetico e talento artistico, credeva nel canale dell’arte, ponte privilegiato per affinare i sensi in direzione di energie superiori, ricercatore spirituale che però ufficialmente svolgeva l’attività di antiquario. Nel corso degli anni, la sua casa in via Silvio Pellico diventava il luogo in cui lui, tramite quelli che definire esperimenti, era solito mostrare le possibilità paranormali, che, sosteneva, non erano frutto di una particolare abilità o predisposizione personale, piuttosto di un’armonia data da forze non tangibili.
Ne hanno scritto con dovizia di particolari Dino Buzzati, Giuditta Dembech e Vittorio Messori, giusto per citare alcuni di coloro i quali hanno contribuito ad impostare un discorso narrativo su di lui, fornendo documentazione per i posteri. Ciascuno di loro ha infatti colto un aspetto particolare della persona, senza tuttavia modificarne l’essenza. Concordano tutti su un dato, ovvero sul fatto che Rol ponga i suoi doni oltre il proprio ego e l’interesse economico, puramente al sevizio del prossimo. Ha cercato, tra l’altro, di mettere in contatto il mondo scientifico, di cui una frangia negli anni avrebbe appoggiato le tesi legate alla fisica quantistica, con il mondo della spiritualità, tentativo affrontato in precedenza da figure del calibro di Carl Gustav Jung e Rudolf Steiner.
Racconta Franco Zeffirelli, regista e amico personale di Rol, una delle molte persone che hanno avuto modo di assistere ai fenomeni sopracitati:
<< (…) in una delle mie prime visite mi disse: ‘Scegli una carta dal mazzo’. Un mazzo assolutamente nuovo ancora chiuso nel cellophane. ‘L’asso di picche’, risposi, era la prima carta che mi era venuta in mente. Aprì il mazzo e ogni carta si rivelò un asso di picche. Cinquantadue assi di picche! Non era magia. Le carte erano vere, lucide, nuove di zecca. Altro che divertimento: piombammo tutti in uno stato di meraviglia, quasi di panico. Sembrava che il segreto di Rol fosse quello di riattivare nel suo cervello le ‘cellule dormienti’ di cui tutti disponiamo, ma che ormai non sappiamo più usare>>.
Al di là della chiosa di Zeffirelli, la vita di Rol è innestata su una fede certa e solida, su convinzioni per certi versi incrollabili, frutto di un cammino personale, graduale, iniziato a Parigi spinto da una volontà di ricerca iniziata per caso, o forse per colmare un’ancestrale sete di conoscenza, laddove la sensibilità non riusciva ad esprimersi con l’arte dell’immaginazione. Grazie all’aiuto di un misterioso polacco che gli insegna i trucchi con le carte, Gustavo Rol arriva ad elaborare un sistema armonico in grado di connettere il calore, la quinta musicale ed il colore verde: “Oggi, 28 luglio 1927, la mia ricerca è finita. Ho scoperto la legge che lega le vibrazioni del colore verde a quelle sonore della nota sol e a particolari vibrazioni termiche; il segreto della coscienza sublime”. In realtà sarebbe stata una strada lunga, conclusasi il 22 settembre 1994.
Una figura che ha incasellato come stella polare della propria esistenza l’aiuto verso il prossimo intersecato ed interdipendente ad uno stretto legame con la trascendenza, oltre il mito.
Grazie di questo Suo articolo che apprezzo per il tentativo di oggettività. Non posso però non segnalare una frase che non trova alcun fondamento biografico se non nelle invenzioni degli scettici, ovvero: «Grazie all’aiuto di un misterioso polacco che gli insegna i trucchi con le carte». Ho analizzato nel dettaglio (biografico e bibliografico) questa ed altre cose nel mio “Il simbolismo di Rol” (2008). L’episodio del “Polacco” risale a un raconto di Pitigrilli del 1952, e non si parla per niente di trucchi con le carte. Rimando al mio libro, la cui versione eBook si trova gratis in rete, per gli approfondimenti. Sul rapporto con Fellini, c’è invece ancora tutto da dire. Ho comnciato a farlo io lo scorso anno con due articoli sulla rivista “Luce e Ombra”, che trovate nella pagina “contro gli scettici” del mio sito.