Che cos’è l’arte? Impossibile dare una definizione univoca, tanti sono i concetti che, nel corso dei millenni, si sono affastellati sull’argomento. Certamente è un linguaggio in grado di trasmettere emozioni. E’ espressione della visione dell’artista, della sensibilità del tempo, dei contesti in cui si manifesta. E’ creatività e trasgressione, sintesi e visione della vita e del mondo. E’ soprattutto segno della soggettività individuale ed è difficile perciò rinchiuderla in uno schema oggettivo. Questo fino a ieri.
Da Bucarest arriva infatti la notizia che la Biennale del 2022 intitolata “Farewell to Research” (Addio alla ricerca) sarà curata da un programma di intelligenza artificiale chiamato Jarvis, che prende il nome da un’IA fittizia che appare nei film e nei fumetti di Iron Man.
Il programma è stato costruito e sviluppato dallo studio viennese Spinnwerk e inizierà generando un “breve testo come concetto – come una frase o due”, afferma il suo fondatore Razvan Ion. Quindi “utilizzerà il deep learning per attingere dai database di università, gallerie o centri d’arte” usando il concetto iniziale come struttura chiave per le sue scelte curatoriali, afferma Ion. “Alla fine del processo Jarvis selezionerà diversi artisti per la biennale in base alle conoscenze così acquisite”.
Per “preparare” Jarvis al suo ruolo, comunicano gli organizzatori, saranno necessari due anni di lavoro per fargli imparare il mestiere di curatore, adoperando materiale utilizzato per corsi di laurea e master delle più prestigiose università.
I curatori in carne ed ossa si stanno scavando la fossa con le proprie mani ? O – al contrario – la provocazione lanciata dalla Biennale del 2022 serve solo per ravvivare l’attenzione ed il dibattito ?
Il dato di fondo è che con questo tipo di scelte si aprono scenari inquietanti sui rapporti tra l’Uomo e gli umanoidi dall’intelligenza artificiale. Sia chiaro, qualche novità in ambito artistico è già stata registrata.
Nel 2018, una stampa su tela, il Portrait of Edmond de Belam, è stato battuto da Christie’s New York a 432mila dollari. L’autore? Una intelligenza artificiale sviluppata dal collettivo francese Obvious. Alla base del processo creativo, un algoritmo che prevedeva il confronto tra due reti neurali, a partire da un database di immagini relative a 15mila ritratti storici realizzati tra il XIV e il XX secolo. Confrontando le informazioni, le due reti neurali hanno potuto “dare vita” a un ritratto non solo realistico ma anche in bello stile.
Ma qui, per la Biennale di Bucarest, non si tratta di catalogare, né di produrre un’opera d’arte, né di lavorare in sicurezza, come accade per gli algoritmi connessi ai sistemi intelligenti dei veicoli senza conducente, dove l’intelligenza artificiale può decidere, in caso di pericolo, se sterzare o frenare a seconda della situazione, ossia a seconda delle informazioni inviate dai vari sensori.
Per la produzione artistica il livello è diverso e tocca il “valore” delle opere da esporre, la loro essenza: l’intelligenza artificiale – da sola – è sufficiente per “selezionare” un’opera d’arte ? Soprattutto è in grado di cogliere le peculiarità e le sensibilità dei diversi artisti ? E’ capace di contestualizzarle ? E sulla base di che cosa ? E’ in condizione di valorizzare artisti emergenti, ma poco conosciuti ?
Qui torniamo al senso e al valore dell’arte, che non può essere mero assemblaggio di informazioni, ricavati dai database specializzati. L’arte è evidentemente molto di più. E’ volontà e liberazione creativa. Non può essere prigioniera di una tesi. E’ – per dirla con Berto Ricci – segno di sacra fanciullezza e ingenuità. Ma è anche impeto e assalto. Scriveva Filippo Tommaso Marinetti, il padre del futurismo: “L’arte è rivoluzione, improvvisazione, slancio, entusiasmo, record, elasticità, eleganza, generosità, straripamento di bontà, smarrimento dell’Assoluto, lotta contro ogni catena, danza aerea sulle cime brucianti della passione, varchi da aprire, fame e sete di cielo … giocondi aeroplani golosi d’infinito …”.
La vera sfida è riuscire a cogliere simultaneamente l’insieme delle visioni, delle passioni, delle genialità che hanno segnato la storia artistica dell’umanità, senza costruire catene in grado di ingabbiare l’arte. Accumulare dati, lasciando ad un algoritmo il potere di ordinarli, appare francamente un’operazione un po’ pedante. In definitiva quanto di meno artistico sia possibile immaginare.