C’è qualcosa che non mi torna nel grande rilievo che i grandi mezzi di comunicazione di massa hanno concesso e tuttora concedono all’opera di Thomas Piketty, prima al suo saggio Il capitale del XXI secolo e oggi a Capitale e ideologia, che può esserne considerato il seguito.
D’accordo, Piketty è più simpatico di Marx, vive del suo lavoro invece di sfruttare come Marx l’amico Engels, non va a letto con la domestica senza poi riconoscerne i figli (tutt’al più è stato denunciato per violenza domestica da un’ex ministra, con cui conviveva; ma in tempi di me-too sono cose che capitano). Il suo primo libro ha venduto milioni di copie, ma forse anche per le recensioni favorevoli e il battage pubblicitario dei suddetti mezzi di comunicazione di massa. Eppure che giornali e supplementi illustrati che campano sulla pubblicità di costosissimi orologi, di profumi firmati, di mocassini d’autore non certo alla portata degli ultimi della terra, esaltino come un profeta l’economista che considera la disuguaglianza un peccato mortale della nostra società suona piuttosto stonato. Se non ci fosse il capitale, e soprattutto i capitalisti, chi comprerebbe i Rolex?
Ancora più inquietante è il refrain che si sente ripetere sempre più spesso secondo cui le grandi crisi mondiali e in particolare i conflitti bellici presenterebbero un risvolto positivo: quello di ridurre le disuguaglianze. Da un lato stupisce che storici di sinistra, abituati a presentarci le guerre come un prodotto dell’avidità di mercanti di cannoni desiderosi d’arricchirsi a spese del popolo bue, ora diano per scontato che nella realtà i conflitti abbiano svolto una positiva funzione livellatrice. Insomma, milioni di uomini non sarebbero morti invano, visto che il loro sacrificio ha involontariamente contribuito a ridurre le disuguaglianze.
Il vecchio sogno della patrimoniale
Ma c’è di peggio. C’è chi scorge proprio nel Coronavirus l’occasione per una redistribuzione straordinaria delle ricchezze. È il vecchio sogno della patrimoniale, giustificata dalla necessità di far fronte alle spese straordinarie provocate dalla pandemia. Pazienza, insomma, per quei poveracci che con il Coronavirus ci hanno lasciato le penne. La loro morte è stata un’astuzia della provvidenza per far sì che “anche i ricchi piangano”. Il “vecchio Hegel” evocato da Togliatti a proposito della sorte dei nostri prigionieri in Russia sarebbe contento.
La realtà è più complessa. Le disuguaglianze nella storia ci sono sempre state e ci saranno sempre, perché gli uomini sono e saranno sempre disuguali. Per intelligenza, per carattere, per fibra fisica e morale, ma anche per disposizione al sacrificio e per quella capacità di subordinare un bene immediato e minore al raggiungimento di un bene maggiore in un tempo posteriore che è alla base di tutti i grandi disegni. È stato detto che, se anche tutte le ricchezze della terra fossero distribuite equamente a tutti gli abitanti, tempo sei mesi le disuguaglianze economiche sarebbero tornate come prima, perché ci sarebbe stato chi avrebbe dilapidato a donne, al gioco o all’osteria la sua parte e chi invece ne avrebbe fatto tesoro. Chi conosce la storia sociale sa bene che la figura del self made man non è un’invenzione del Reader’s Digest, che non sempre volere è potere, ma senza volere è difficile farsi strada, che a fondare la casa editrice Rizzoli fu un ex martinitt e che l’ultimo maresciallo d’Italia, il grande Giovanni Messe, si arruolò come soldato semplice e arrivò al vertice della carriera percorrendo tutti i gradini della gerarchia, vincendo l’albagìa di molti gallonati ufficiali del Regio Esercito per chi proveniva dalla “bassa forza”.
Certo, chi parte da una posizione di privilegio dovrebbe avere maggiori opportunità di chi deve fare la gavetta: è vero. Ma non sempre è così semplice. Altrimenti le imprese italiane sopravvivrebbero agevolmente al passaggio alla seconda o alla terza generazione. L’abitudine a una vita agiata, il senso di colpa nei confronti dei meno fortunati, abilmente sfruttato dalla propaganda marxista, un matrimonio sbagliato, il desiderio di affrancarsi dall’ingombrante eredità di un padre padrone hanno condotto alla dissoluzione molti imperi imprenditoriali. Sopravvive di più, in città come Firenze, la ricchezza immobiliare, è vero; ma a che prezzo? Ho conosciuto tanti eredi di aristocratici casati condurre una vita grama per rispettare la solenne promessa fatta sul letto di morte del genitore, di non vendere a nessun costo i palazzi aviti.
L’origine delle disuguaglianze
Il vero scandalo dei giorni nostri non sono le disuguaglianze, ma la loro origine. Il denaro oggi non viene fatto sviluppando attività produttive, ma attraverso l’intermediazione (in sostanza, la speculazione) finanziaria o i capricci della New Economy. Inoltre in Italia la decadenza del sistema educativo, con la conseguente svalutazione dei titoli di studio, ha messo in crisi il ruolo della scuola e dell’università come ascensore sociale. Un giovane ingegnere guadagna spesso meno di un operaio, perché il vero scalino è costituito dal passaggio a ruoli dirigenziali, cui si accede spesso più che per qualità personali per cooptazione. Le differenze di stipendio fra un commesso e un amministratore delegato sono molto più alte di trent’anni fa, ma il lavoro intellettuale ha conosciuto un livellamento verso il basso senza precedenti nella storia. Se molti giovani sposi con prole riescono a sopravvivere è solo attraverso il sostegno economico dei genitori, frutto spesso del risparmio di generazioni.
È a questo patrimonio di sacrifici che i moderni teorici della patrimoniale – spesso ricchissimi – vorrebbero attingere per finanziare redditi di cittadinanza a pioggia o altri interventi perequativi. E qui nasce un interrogativo: perché lo fanno, a costo di andare contro il loro interesse? Pura filantropia, o convinzione che comunque vadano le cose troveranno i modi per eludere la tassazione, come già stanno facendo tante aziende della New Economy, e non solo? Io propendo per la seconda ipotesi: l’abolizione del ceto medio, elemento di stabilità sociale e depositario di autonomia di giudizio e libertà di pensiero, è da troppo tempo l’obiettivo di chi sogna un’umanità di schiavi.
Le disuguaglianze non solo sono naturali, ma, quando non eccessive, l’unico stimolo al progresso, allo sforzo, all’impegno individuale per ascendere…