Questo articolo vorrebbe chiudere i conti. Mettere il punto. Poter dire: cosa fatta, capo ha. Lo schema è semplice: attaccarsi con le unghie e con i denti alla verità dei fatti; chiudere un percorso, aprirne un altro avendo piena ed inconfutabile ragione.
La Ragione: la Destra come irrealtà incapacitante
La Destra che vince e che aumenta i suoi consensi è l’espressione narrativa di una realtà inesistente e per questo incapacitante: non esiste Patria, non esiste Comunità; non esiste Organicità. Chi oggi si fa sofisticamente in quattro per tenere assieme tutto, dalle estetiste ai rentier, dall’Horeca alla Confindustria, dai bagnini ai banchieri, dagli agenti di commercio agli incubatori di Start-up, in un finto malcompreso “corporativismo” per lo sprofondo nazionale, si rivela ben conscio della sola realtà esistente: quella del Mercato e dei Padroni del Mercato.
La narrazione, infatti, prevede un nemico esterno, un traditore interno, una purezza di sangue e di suolo da rinnestare, possibilmente una religione da ritrovare, un Papa da cambiare, assieme ad un disinteressato alleato internazionale capace di fornire quella credibilità mondiale degna della rinnovata Nuova Italia. L’irrealtà non fa altro che parlare di se stessa, mai di quel che effettivamente accade. Tutto deve combaciare in un disegno che, per quanto reazionario e ribellista. non deve mai ammettere conflittualità sistemica.
Il tradimento di Gramsci e del gramscismo
A chi, nel 2020, si ostina nel definirsi Nuova Destra andrebbe fatta una domanda: sì, ma Antonio Gramsci? Perché in fondo, questo grandissimo Italiano che stava un po’ indigesto a tutti, è stato usato a più non posso per rivendicare egemonie non così spesso fattivamente egemoniche. Fondamentalmente Gramsci piaceva fino al punto in cui ci si rammentava che l’egemonia auspicata e teorizzata aveva senso all’interno di una cornice di pensiero critico. Udite udite: Anticapitalista. Marxista. Insomma mettere su gruppi editoriali coi soldi dei Padroni faceva un po’ troppo facile, no?
Il Novecento rovesciato
Per chi dunque, per amor di realismo e verità, mantiene una curiosità gramsciana, critica, anticapitalista, persino marxiana, non sarà difficile vedere in questi tempi un novecento ribaltato: non veniamo da nessuna lunga corsa nazionale, nessun conflitto armato, nessuna saldatura fra Risorgimento, masse e vittorie mutilate.
Veniamo piuttosto da trent’anni di sconfitte sindacali e sociali. Da una dura e silenziosa battaglia fra Capitale e Lavoro, voi altri irrazionalisti dicevate un tempo Sangue contro Oro, adesso andrebbe bene un meno poetico Carne contro Debito; trent’anni di distruzione e disintegrazione partecipativa.
Il Sovranismo dunque non è una questione nazionale: la fatidica terra d’Esperia non c’entra un bel nulla. Spiace. A ‘sto giro la questione, il lungo corso storico dei trattati ordoliberisti prima che globalisti, è tutta legata alla rinascita di una coscienza collettiva banalmente plebiscitaria. ”Date un senso alla nostra decima, o ci metteremo a fare i conti.” Se nazione sarà nuovamente, se Italia sarà nuovamente, lo sarà come incidente storico all’interno di questa rinata conflittualità totale.
La Valle Giulia Globale
È o non è una Valle Giulia globale? Perderemo anche questo treno? Un treno questa volta assai lucido e netto, dove le fisime culturali e antropologiche sono talmente esasperate da risultare insignificanti. Vi schiererete dalla parte del Debito perché vostro padre disprezza l’utopismo irenico boldriniano? L’acqua calda! Ecco i Cani di Pavlov tanto funzionali allo stesso radicalismo chic che si vorrebbe debellare in nome del “buon senso”. Salvini ha forse coniato il fascismo chic? Forse. E’ d’altro canto un tratto tipicamente atlantico-missino…
Fusariani di tutto il mondo? No Grazie
Ma allora questa cosa un capo l’ha? Finisce tutto a socialdemocrazia e Fusaro? La Costituzione più bella del mondo e la razionalità tecnica di un nuovo socialismo patriottico possibilmente democratico? Schifo la Destra, tutti a Sinistra? No amici. Se è vero, e ne sono assolutamente convinto, che l’Italia non esiste, né la Patria, né la Comunità: ma solo il Debito ed il Mercato, che nulla esiste delle squallide reminiscenze romantiche e nazionaliste di fine ottocento, inizi novecento, con cui tutt’oggi si tiene insieme una popolazione di attenti giocatori; e che le chiavi di lettura postmarxiane siano imprescindibili per capire il nostro tempo; sono altrettanto convinto che qualora fossimo in grado di rendere trasversalmente politica la questione plebiscitaria, ridando a questa definizione geografica detta Italia uno Stato fattivamente sovrano, allora un realismo materialista tutto tradizionale, tutto tipicamente “romano”, tutto universalmente “stoico” e “virile” riaffiorerebbe in un popolo nuovamente rimestato a buona coltivazione. Come se, riposto nel suo ambiente naturale, un gene avesse modo di esprimere se stesso in tutta la sua brutale naturalezza.
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