«Populismo rassicurante». L’espressione è stata coniata ieri da Matteo Renzi e usata in Senato per sbertucciare il premier Giuseppe Conte e le sue decelerate verso la Fase 2. Un ossimoro stuzzicante che dovrebbe definire i sentimenti di quei tanti (forse anche legittimamente) che sono terrorizzati da un nuovo schizzare degli indici di letalità della Covid-19. Quando vuole, Renzi sa essere un astuto costruttore di formule. Da rottamatore a rottamato, da padre a (probabile) boia dell’intesa giallorossa. Fa tutto lui.
Davanti a una politica in cerca di un nuovo lessico e di guide, l’uscita del capo di Italia viva codifica (forse inconsapevolmente) un momento dello spirito che è già presente da tempo nella politica occidentale. Se ci sono populisti e sovranisti che sbraitano (i quali non piacciano ai più composti sovranisti scientifici), ce ne stanno altri che si presentano con una modalità totalmente contraria, aggressivamente passiva, ma altrettanto violenta: «State calmi, state buoni, state a casa, che se arrivano gli altri chissà cosa succede».
È da anni che, per contrastare i possibili risultati elettorali delle forze populiste e sovraniste, i diretti avversari sventolano le bandiere delle peggiori sciagure. Lo abbiamo visto quando si è tentato di arginare i pentastellati con un linguaggio sguaiato (Renzi lo fu più di altri) per poi consegnare loro alle ultime Politiche un numero di seggi straordinario. I due gabinetti Conte sono il frutto degli errori di allora e di un Rosatellum dalle architetture barocche.
«Populismo rassicurante». Usato come un manganello quando si è tentato in tutti i modi di arginare – con l’impegno di intellettuali e artisti mobilitati sulle due sponde dell’Atlantico – il tycoon Donald Trump. Risultato? Eletto. Per non parlare poi della Brexit o del voto che ha confermato Boris Jonson primo ministro. La catastrofe non è arrivata. Semmai è arrivato il virus. Un male comune che non fa gioire più nessuno.
C’è poi il «Populismo rassicurante» di Emmanuel Macron che ha sparigliato i piani di Marine Le Pen. Ma il caso francese è il più interessante da studiare appunto perché è risultato vincente. Tra la gauche c’è chi parla oggi di un «sovranismo travestito». Da quando eletto, l’inquilino dell’Eliseo non ha fatto altro che muoversi in funzione di un chiaro primato dell’interesse nazionale transalpino anche a costo di scaricare migranti (letteralmente!) oltre il confine italiano. Mauro Martinelli de La Stampa ha intanto dato notizia del potenziamento ufficiale della Golden power dello Stato contro la svendita delle aziende francesi.
In termini di «populismo rassicurante» la Germania di Angela Merkel, come sempre, è la prima della classe. Mentre si accusano populisti e sovranisti di voler minare i fondamenti dell’Unione Europea, con un tatticismo ben tarato in perfetto stile da internazionale democristiana, la cancelliera ha saputo dar rappresentanza alle ansie storiche di tutte le classi della società tedesca, da sempre sospettose verso gli stili di vita dei popoli del Sud.
Un’ossessione per la stabilità che da troppo tempo sta divaricando il perimetro dell’integrazione continentale. Rassicurare loro (e i quindi mercati collegati) per scontentare tutti gli altri. I guasti s’intravedono tutti. In un mondo dove il monopolio della paura è equamente condiviso tra i poli della dialettica politica, nessuno, forse, ha più ragione dell’altro.
@fernandomadonia
@barbadilloit
Bisogna riconoscerlo, ma il Bulletto di Rignano è un politico di razza, capace di risollevarsi anche dopo gravi batoste.