Anche quest’anno è arrivato, puntuale come la morte, il 25 aprile. A causa della pandemia, senza festeggiamenti, manifestazioni, discorsi, sfilate, quindi senza neppure le consuete contestazioni contro i rappresentanti della Brigata ebraica da parte dei militanti di sinistra che commemorano in corteo la data fatidica.
Resta la data e il suo significato: anniversario della Liberazione d’Italia, festa della Liberazione, festa della Resistenza, o solo 25 aprile. Data che evoca ricordi, immagini, rappresentata da una narrazione ormai largamente superata da storici di vari orientamenti, come Renzo De Felice, Giorgio Pisanò, Giampaolo Pansa, Claudio Pavone, quest’ultimo primo storico di sinistra ad affermare, in un ponderoso saggio, che non fu una guerra di Liberazione, ma di una Guerra civile, sovrapponendo così il suo giudizio a quello di Pisanò.
Ma ci sono immagini e vicende che, da sole, mostrano il volto della “Liberazione”, in una guerra aspra vinta dalle truppe angloamericane, che impiegarono ben due anni per risalire la penisola da Gela fino a Milano, utilizzando i gruppi di partigiani al Nord come informatori e facendo loro eseguire attentati utili all’esercito degli Alleati.
Come detto, alcune immagini spiegano tutto di quel periodo e di come fu vissuto, al di là delle celebrazioni e delle ricostruzioni di parte. Una immagine che illustra bene quel clima è quella di Mussolini appeso a testa in giù alla pensilina di un distributore di benzina accanto al corpo straziato di Claretta Petacci (che non aveva avuto alcun ruolo nel fascismo, nella guerra, nella Repubblica sociale, nelle scelte politiche ecc.) e altri gerarchi. Un’immagine che rimanda alle rivolte di Paesi del Terzo Mondo (qualcosa del genere è accaduto in Libia qualche anno fa). Piazzale Loreto come immagine simbolo della “Liberazione”. Fu una “macelleria messicana”, come ammise il comandante partigiano Ferruccio Parri, con il sangue che colava per terra e la folla che si accalcava sputando e irridendo i corpi senza vita (vedere i filmati dell’Istituto Luce) e facendo altro. Una vicenda senza pietas. Ci saranno stati senz’altro antifascisti in buona fede, animati da ideali, certo, ma quanti erano? E dove erano?
Altra immagine, altro strazio, lontano da militari e guerra: una bambina 13enne, la savonese Giuseppina Ghersi, figlia di operai, aveva scritto un compito in cui inneggiava al Duce. Fu catturata da antifascisti armati e fu fatta sfilare per la città. Poi, violentata e uccisa con un colpo alla nuca. Migliaia di altre vicende del genere accaddero (le centinaia di volontarie del Servizio ausiliario femminile della RSI violentate e uccise in maniera sommaria). Una mattanza che durò anche a guerra finita, fino al 1949. Esecuzioni sommarie, circa centomila secondo le proiezioni degli storici. Anche questo fu la “Liberazione”. Nel 2006 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano riaffermò i valori della Resistenza “pur senza ignorare zone d’ombra, eccessi e aberrazioni”. Concluse invitando tutti a superare le divisioni. Ma la memoria non è un’opinione.
Pietà e onore per i Caduti per l’Italia.
gli inutili partigiani hanno fatto più morti dopo la fine della guerra che il corona virus.
E’ ora di mandarli a cagare!
Grazie, Manlio, per questo articolo lucido e misurato, ho sempre ritenuto il 25 aprile la festa di una fazione contro la nazione!