Come sempre, Pietrangelo Buttafuoco si lascia leggere che è un piacere. E il messaggio di Salvini e/o Mussolini arriva forte e chiaro: la distanza tra i due leader è incolmabile. Da qualsiasi lato la si guardi, non c’è che fare – con buona pace di coloro che non ce la fanno proprio a non sollevare spauracchi e vivere senza l’ossessione di ritrovarsi il Duce fin dentro l’ascensore. Ma lasciamo stare la questione, almeno per ora. Il libro va letto tutto, comprese le conclusioni che ci dicono tanto e tanto (persino cose che non si vorrebbero sentire).
Se non ci fosse stata la pazza crisi di agosto 2019, parleremmo del leader leghista con un altro linguaggio, quello dell’invincibile. Dobbiamo fare, però, i conti con la storia. Accettando cioè che Salvini sia un grande leader, capace di un consenso straordinario, ma privo della mano de dios (sì quella che Maradona usò per umiliare l’Inghilterra nel 1986 in Messico).
Le parole di Benito Mussolini servono ancora oggi a decifrare il presente. Piaccia o no, con la Marcia su Roma ottenne un’innegabile vittoria politica su tutti i suoi avversari. Fu proprio in quel frangente storico che utilizzò un’espressione potente: «Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ci abbandona dopo la vittoria». Questo è il cosiddetto Discorso del bivacco, il primissimo intervento a Montecitorio da presidente del Consiglio. Nei giorni prima, anche i Quadrumviri utilizzarono alla stessa maniera la parola «stravincere».
Due indizi non fanno una prova, ma ci rivelano tantissimo. Ovvero, un preciso piano d’idee, un modus operandi ben codificato. Il risultato? La Rivoluzione (nel bene o nel male) è andata oltre i vent’anni. Per questo il confronto vero dovrebbe investire, invece, i due Matteo (uno è Renzi). Le vittime della maledizione delle Europee. Dopo averle vinte, a cinque anni di distanza l’uno dall’altro, hanno pensato entrambi di poter fare e disfare come meglio potevano le regole della Politica e umiliare i propri compagni di viaggio.
Angelino Alfano sta all’ex sindaco di Firenze; come il M5s di Luigi Di Maio sta all’allora ministro dell’Interno. Di entrambi abbiamo avuto tutti la sensazione che a un certo punto potessero scrivere la storia non solo italiana, ma continentale. Eppure, anche loro si son dovuti arrendere tragicamente a un’evidenza: fin quanto resterà in vigore la Carta del 1948 saranno i Paolo Gentiloni e i Giuseppe Conti ad averla sempre vinta.
@fernandomadonia
Salvini ha sbagliato a staccare la spina al governo in quel modo spianando la strada al PD. In quanto a Renzi gioca a fare il grande elettore per cercare di tornare al governo
Direi che non hanno vinto i Gentiloni o i Conte o la Costituzione cattocomunista del ’48: è stata l’allergia degli italiani agli “uomini della Provvidenza”. Essi hanno fatto indigestione, volentieri in linea di massima, del Duce, per due decenni, ma si sono sentiti poi illusi e traditi dalla guerra rovinosamente perduta, nella quale Mussolini fece entrare il Paese per un bluff non riuscito. Craxi pure ci aveva pensato e sappiamo come finì. Sentimento passato ai figli, nipoti, pronipoti…
La politica sovente perdona le sconfitte (politiche), ma non gli errori capitali. E Salvini ne ha commessi due, gravi. Il primo entrare in un governo cialtronesco e sballato, dove ha finito per essere colui che ha reso possibile il varo dell’infame Reddito di Cittadinanza voluto dai 5 stalle. Secondo, aver pensato di aver ‘capitalizzato’ – con la sua immagine mediatica di Ministro dell’Interno-uomo d’ordine -quanto gli era necessario per riuscire vincitore alle urne. Non tenendo in conto quanto era viceversa ben chiaro a quasi tutti gli osservatori: che l’establishment non lo avrebbe certo accontentato, ma che, anzi, avrebbe fatto di tutto per erodere il suo momentaneo successo nei sondaggi.
Ma voi pensate veramente che Salvini o Renzi o la Meloni decidano in base al loro istinto o ai consigli dei loro collaboratori. La politica di oggi è un gigantesco reality, chi comanda e muove i fili (americani, Vaticano, massoneria, servizi segreti, sionisti) dà le carte e i burattini si muovono di conseguenza.Il prof. Conte non è uscito dal cilindro dei grillini, è collaboratore di un uomo molto potente come il prof. Alpa, Renzi e Salvini sono molto legati a Verdini e così via senza dimenticare l’influenza di Bannon , Open society ecc.
Questo libro di Buttafuoco è stato fra le letture più piacevoli della mia clausura forzata , in realtà un piacere breve in quanto il testo è composto da poco più di un centinaio di pagine e quindi si legge tutto d’un fiato, anche grazie alla scrittura sempre sfavillante dell’autore. La tesi è semplice: fare un paragone fra Mussolini e Salvini è semplicemente ridicolo, sarebbe “come fare il confronto tra Rita Hayworth e non so chi, laddove Mussolini è la femme fatale hollywoodiana e Salvini è – al più – una Elettra Lamborghini, calzante come esempio perché quest’ultima è un’irresistibile influencer”… Insomma
nonostante si possano cogliere anche delle simpatiche analogie(magari anche topoi letterari?) fra i due, esse in realtà ci rivelano più che altro la caduta intellettuale e morale intercorsa fra queste due Italie così vicine e così lontane,per fare un esempio già solo nell’appellativo utilizzato si riscontra questo carattere decadente se non parodistico,e così si è passati dal “Duce” al “Capitano”(poi declinato in tutte le varie storpiature popolari)… Insomma dai ritratti dipinti da Buttafuoco esce fuori uno iato incolmabile fra le due figure, una statura assolutamente diversa e soprattutto un idea diversa del mondo, una visione completamente differente dello stato e della società, che nessuna contingente analogia e popolarità potrà colmare… .P.S. Invece interessante il filo rosso che fra le righe del piccolo pamphlet
Buttafuoco traccia fra Garibaldi, Mussolini e Craxi…
In buona parte concordo anche con l’articolo, ma in realtà l’errore politico dei due Matteo al di là delle considerazioni sui personaggi è stato più che altro un errore commesso per arroganza, per sottovalutazione degli avversari e delle capacità di difesa del parlamento dalle egemonie con forte (quanto labile) sostegno popolare, vuoi anche per alcuni “consigli” e “pressioni” internazionali e per mancanza di una vera visione politica a medio-lungo termine, ma soprattutto è stato un errore nei tempi e nei modi, gli sarebbe bastato un attività di logoramento, oppure cogliere talune occasioni che pur hanno avuto, Salvini ad esempio avrebbe potuto rompere senza preavviso a giugno come gli consigliava Giorgetti, Renzi avrebbe potuto gestire diversamente la campagna sul referendum costituzionale, ma come detto anche nell’articolo è proprio nel sentirsi al di sopra delle dinamiche di questa repubblica che i due hanno trovato la loro debacle, in questo stagno loro sono quasi affogati, altri invece seppur con minor seguito popolare hanno potuto trovare il perfetto habitat in cui nuotare, ma del resto tutti loro, i due Matteo compresi, non sono appunto che piccoli pesci nelle acque stagnanti di questo paese dove ogni fatto viene deciso altrove nelle grandi acque della finanza sans frontieres e dell’egemonia atlantica…