Ha cominciato Alessandro Piperno su ‘Lettura’. Lo ha fatto recensendo una nuova edizione delle opere di Arthur Rimbaud. E Piperno va letto con attenzione: ha riferito che la rivoluzione del poeta francese si conclude con il viaggio in Africa, con la Legione straniera. Cioè, la vita di un genio della poesia coincide con la scelta radicale, con l’action dangereuse. Per questo tipo di argomentazione è giunto il momento da dedicare a Rimbaud, anche grazie ad una traduzione rinnovata delle sue opere curata da Marsilio Editori (‘Opere’, pagg. 856, a cura di O. Bivort, traduzione di O.Tajani).
Ci ha sempre attratto Rimbaud, il maudit, l’avventuriero che tenta di fare soldi vendendo fucili. Ora chi volesse rileggere la sua bufera potrebbe avvicinarsi a questa idea: il poeta di Charleville sputa versi sul paradiso di scienza e progresso. E chi ricorda, “Scienza con pazienza, / il supplizio è sicuro”? Così il suo pensiero è aspro verso “le magnifiche sorti e progressive” della cultura liberale di fine secolo.
Per altro. Giovanni Papini pubblica Rimbaud su ‘Lacerba’, sul foglio dei giovani amanti della patria. E nella simpatia papiniana verso Rimbaud vi è il riconoscimento di un’avanguardia poetica immensa. Dopo molti anni, però, Papini dichiara eticamente colpevole il poeta delle ‘Illuminazioni’, ma, nello stesso momento, lo giustifica e fa tale ragionamento: Arthur creava poesia pura, purtroppo per cercare la purezza è necessario (a volte) accettare il disordine, vivere dalla parte sbagliata.
È chiaro da sempre: nell’esistenza e nella letteratura di Rimbaud vi è una corsa verso la negazione del conformismo; allora per tentare di sentirsi più liberi leggiamo il poeta: sarebbe un’occasione per tirar fuori le idee dal conformismo di lungo corso. Per questo e altro, vorremmo creare spazi tematici in cui inserire le poesie di Arthur Rimbaud, senza compiere forzature interpretative. Quindi vorremmo cercare assonanze per sostenere che un verso del giovane Ezra Pound, in ‘Quia pauper amavi’, ha la luce dei bagliori delle liriche di Rimbaud.
Stracciamo le ipoteche storico-letterarie. Entriamo in una ‘Stagione all’inferno’. Qui c’è una musica concepita per la bellezza del creato, “Fiori magici ronzavano. I pendii li cullavano. Si aggiravano le bestie di un’eleganza favolosa. Le nuvole si addensavano al largo, sul mare, fatto di un’eternità di lacrime calde.” Torna così una natura pagana o la ricerca di una perenne limpidezza, motivi questi ben leggibili nelle atmosfere di Nietzsche.
La frase che segue potrebbero essere letta in ‘Così parlò Zarathustra’, “Io sono il viandante della strada maestra attraverso i boschi nani; il rumore delle chiuse copre quello dei miei passi. Vedo a lungo il malinconico bucato d’ore del tramonto.” Ma queste parole non sono del filosofo della ‘Nascita della tragedia’, queste sono di Rimbaud, il quale, come il filosofo tedesco, testimoniò una filosofia del tramonto.
Vi sono diversi studi che mettono a confronto Rimbaud e Nietzsche. Diverse interpretazioni evidenziano come i due grandi hanno in comune la ricerca di una nuova civiltà. Diversamente i prof di qualche anno fa leggevano Rimbaud per fare gli intellettuali di Sinistra. Era una moda. Adesso, piuttosto, una libera sensibilità dovrebbe andare oltre gli steccati ideologici per recitare i versi dell’anima sentinella, versi che sognano l’eternità “con il mare dileguato / con il sole.”
La recente pubblicazione delle opere del veggente, involontariamente, chiede di levare Rimbaud da una tendenza critica univoca, per avvicinarlo invece alla cultura del crepuscolo: quella che sogna una natura intatta e un vento di incantesimi. C’è un video di Corto Maltese in cui il personaggio di Hugo Pratt recita la poesia ‘Sensazione’, “Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri, / punzecchiato dal grano, a pescar l’erba tenera…”.
Bell’articolo. Non c’entra nulla, ma mi ricordo quanto scritto da Michel Houellebecq in ‘Sottomissione’: “Su Rimbaud sono state scritte migliaia di tesi, in tutte le università di Francia, dei paesi francofoni e non solo, Rimbaud è probabilmente l’argomento di tesi più sfruttato del mondo, forse con l’unica eccezione di Flaubert, quindi basta andare a recuperare due o tre vecchie tesi, discusse in qualche università di provincia, e interpolarle vagamente, nessuno ha i mezzi materiali per verificare, nessuno ha i mezzi e nemmeno la voglia di immergersi nelle centinaia di migliaia di pagine instancabilmente prodotte sul veggente da studenti privi di personalità”.