Allora, Barbadilli: il Covid-19 incombe e vi costringe in casa? Nessun problema, nessuna paura: guardate il bicchiere mezzo pieno. Si tratta di un piacevolissimo iato, nella frenesia della vita moderna: altro che Cynar!
Sceglietevi una poltrona bella comoda, un divano, un’ottomana, il letto magari, e dedicatevi alla lettura: la sana, vecchia, decongestionante lettura. Intendiamoci, non dico mica di passare tre settimane a leggere: potete dedicarvi a mille altre attività, non ultime quelle legate ai più minuti piaceri, però una scorsa a qualche libro, nella presente situazione culturale della Penisola, può fungere da anticorpo per quel virus che non vaporerà in un mese, ma che resterà tra noi, e che si chiama ignoranza. Stante l’invito che mi è stato rivolto dai Barbadilloni ottimi massimi, dunque, vi suggerirò una lettura, secondo la mia discutibilissima esperienza e il mio, ancor più discutibile gusto. E vi suggerirò il mio caro, dimenticatissimo, Carlo Emilio Gadda. In Gadda potete davvero trovare tutto ciò che vi occorre, da Jünger a Céline, senza andare troppo lontano a gettare l’amo. Perché Gadda fu straordinario censore del proprio tempo e profeta di quello venturo: seppe avvolgere con la sua ilarità sulfurea i casi dell’Italia, rimanendo italianissimo e patriota, e seppe descrivere la tragedia e la farsa, con parole scintillanti, con accostamenti vertiginosi. Questo, va da sé, lo rese illeggibile a due categorie umane: gli analfabeti, per i quali la lingua di Gadda appare inaccessibile, ricchissima com’è di arcaismi e di tecnicismi, di lingue e dialetti mescolati insieme. E, poi, i colpevoli, che nelle sue pagine rileggerebbero un ferocissimo atto d’accusa contro di loro: meglio, dunque, negare Gadda, silenziarlo, lasciare che l’oblio ne faccia vendetta. Invece, leggetelo, Gadda, che ne vale la pena: ci troverete amare verità e dolorose risposte, ma anche risate schiette.
Naturalmente, non si può pretendere di accostarsi ad una prosa densa e complessa come quella gaddiana, partendo dai suoi lavori più intricati, più osticamente gaddeschi: Gadda va affrontato un passettino alla volta, per arrivare a goderselo appieno. L’errore madornale di chi affronti Gadda e subito, sconsolato, ne abbandoni la lettura, è quello di cimentarsi, senza preventivo addestramento alle più gaddifere esternazioni, ai suoi equilibrismi più concertati, come il Pasticciaccio o la Cognizione. Il mio suggerimento è di fare come fece Gadda: partire da dove partì lui, ossia dalle sue due prime e formidabili raccolte di racconti: La Madonna dei filosofi e Il Castello di Udine. Che, poi, raccolte di racconti, in definitiva, nemmeno sono, ma che, certamente, contengono, più decifrabili, alcuni elementi della pisicopoetica gaddiana: la Grande Guerra e l’amore per l’Italia, la poesia malinconica e il rimpianto, l’umorismo e la feroce autobiografia. Di lì, credo, ci si può muovere senza timore all’interno delle nevrosi gaddesche: la madre, la morte del fratello, la villa di Longone, che vanno a mescolarsi con quelle cose che dicevo prima, quelle dei primi scritti.
Così, se volete documentarvi sulle nevrosi militari del Nostro, leggete il suo Giornale di guerra e di prigionia: lì ci sono le delusioni e i dolori di un bravo italiano, ma anche intelligenti notazioni sulla nostra condotta nel 15/18. Oppure, leggetevi le straordinarie pagine milanesi de La Meccanica o de L’Adalgisa, che vi restituiranno una Milano d’antan, del tutto increduta al giorno d’oggi, con i suoi Bernasconi e Ghiringhelli e Brocchi e Brambilla. Ecco, dopo esservi profilatticamente gaddizzati, potete lanciarvi nel baratro de La Cognizione del dolore: per chi scrive, il più gran libro del nostro Novecento: devastante monumento all’amore filiale e fraterno e all’incapacità di manifestarlo e, al contempo, esilarante caricatura della Lombardia e della Brianza, ossia del mondo.
Il capolavoro
Infine, se volete evadere dalle atmosfere lacustri e milanesi, potete affrontare l’ultimo romanzo di Gadda, anomalo capolavoro nella sua vasta produzione: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Lì scoprirete come l’autobiografismo, la ricerca filosofica, la ricostruzione accuratissima di luoghi e dialetti, possano coniugarsi con il romanzo giallo e perfino con l’epica virgiliana. Insomma, vi invito caldamente a leggere Gadda, perché ci troverete gran parte di quello che, spesso, andate a cercare in autori esotici e in scritti peregrini e introvabili. Spesso, quel che cerchiamo altrove è proprio fuori della nostra porta. E io mi auguro che lo troviate, nelle pagine circonvolute del Gran Lombardo, dell’Ingegner Fantasia. E che possiate, come me, esclamare: porca l’oca, ma qui c’è tutto!