Racconti asciutti, essenziali, stile conciso, denso, concreto. Pochi aggettivi. Storie agro-dolci dal finale spesso imprevisto e imprevedibile. Qualche concessione alla favola, compresa la morale, (Selva oscura) e un richiamo al Boccaccio di “Lisabetta da Messina” (La piantina di menta,che ha vinto anche un premio).
L’autrice riesce a presentare in modo sintetico ed efficace le umane tipologie.
Una “commedia umana”, in sintesi. I personaggi si muovono seguendo i propri istinti, quasi appartenessero ad un’umanità primigenia. C’è un’ironia di fondo da parte di chi scrive, un voler rappresentare l’uomo così com’è, un non volersi far coinvolgere più di tanto dal racconto.
Episodi di cronaca nera ed anche rosa, talvolta qualche lieto fine e sempre la capacità di far riflettere il lettore.Storie boccaccesche (La scossa di terremoto) e lo sguardo sornione di chi osserva e scrive:”Cosìva spesso il mondo” (Manzoni docet).Il bombardamento indiscriminato dei media che porta chi ne è vittima (TUTTI NOI!) a firmare per la reintroduzione della censura(Cronache). Mi sembra di trovarmi di fronte alla favola del Re travicello. Cinema e leggenda (Sinistro marino) in una sapiente contaminatio digeneri come se chi scrive volesse mettersi alla prova mostrando la propria capacità di spaziare da un genereall’altro. Un colore accomuna e lega l’inizio e la fine di questo libro:il nero, presente nel primo titolo:”Berta e Nereo” e nella chiusa dell’ultimo racconto:”Duchesse noir”.
Quanto di vero e quanto di inventato ci sia in questi piccoli racconti viene da chiedersi, ma ciò che conta è la voglia di continuare a “visitare” questa galleria di umanità, certi di non rimanere delusi.
Tante storie compiute e qualche raccontino con la brevità e la concisione tipica dell’apologo.
Ma non sarà che questa capacità di sintesi derivi alla nostra dal suo essere una “poetessa” momentaneamente prestata alla prosa?
Racconti in prima e in terza persona: dal diario e dallo stile confidenziale alla nuda cronaca, con il suo linguaggio concreto e immediato; dai ricordi personali, fortemente connotati, alle colte citazioni, tipo quella del vaso di fiori sul davanzale, che ci riporta al Decameron,fino all’autocitazione nella “favola” del lupo che adorava il salame di cinghiale (v. A cena col cinghiale).Qualche sconfinamento nella fiaba (Eden) o nella “commedia degli equivoci”(L’ascensore, Riso facile).
Fa capolino ogni tanto un intento didascalico; è come se queste piccole storie costituissero un exemplum di ciò che non si deve.
Sono raccontiche si possono leggere e gustare nello spazio di un caffè.
Ed il formato tascabile del libro lo rende ancor più gradevole ed accattivante.