Rita Delcroix, spentasi lentamente e quasi nascostamente, il 21 febbraio, non era soltanto la moglie di Giano Accame, nota a chi aveva la fortuna di frequentare il marito, ma una signora dall’intelligenza vivissima, animata da curiosità culturali e generosa come poche ormai se ne vedono nel regalare la propria amicizia. Si apriva con quel sorriso illuminato da occhi che fecero innamorare il giovane intellettuale, che la incontrò giovanissima sulla spiaggia di Loano Liguria e si accendeva di passione per le idee che riteneva di difendere a costo di sembrare aggressiva. Era una toscana intransigente, ma anche aperta alla comprensione delle ragioni degli altri. L’intelligenza non le faceva difetto e per questo si mostrava disponibile.
Figlia di Carlo Delcroix, eroe italiano
Era di ottima fibra Rita. Nacque sulle rive dell’Arno, a Firenze, nel 1936 da Carlo Delcroix e da Cesara Rosso di San Secondo. Il padre è stato un “mito” per generazioni di italiani, combattente, eroe della prima guerra mondiale, oratore tra i più brillanti del Novecento, scrittore prolifico e parlamentare. Fu a lungo presidente dell’Associazione Mutilati di guerra e a lui si deve il sito dell’organismo presso il Mausoleo di Adriano. La madre non fu meno eroica del marito occupandosi totalmente di lui, oltre che dei tre figli, al punto di trascrivere tutto ciò che l’onorevole Delcroix le dettava, dai libri agli articoli ai discorsi, privo com’era della vista compera e delle braccia.
Rita respirà letteratura e storia, poesia e politica, ardimento e carità fin da bambina. Stimato da Gabriele D’Annunzio e da Ezra Pound, Delcroix pubblicò in una serie di pregevoli volumi l’avventura della nuiva Italia, oltre alle sue memorie, che tanto Rita quanto Giano mi imprestavano molto volentieri, fino a quando non ne feci incetta da alcuni antiquari che inteneriti dalla mia giovane età mi chiedevano prezzi più che ragionevoli per quelle preziose pagine che qualche volta mi permisi di mostrare alla signora Delcroix, madre di Rita, in occasione di alcuni incontri in casa della figlia, solitamente a pranzo. Lo facevo apposta. La signora Cesara davanti a quelle pagine apriva non di rado il suo libro dei ricordi, perdendosi nelle narrazioni dell’amore che lo aveva legato a Carlo. Nel 1960, a Loano in Liguria, Rita incontra il giovanotto per il quale perde la testa e lui per lei. Giano divenne l’uomo della sua vita. Era un giovane giornalista, brillante e colto, figlio di un ammiraglio, nato a Stoccarda, che ebbe la ventura di arruolarsi nella Repubblica Sociale Italiana l’ultimo giorno utile, ma è come se vi fosse stato fin dal primo momento con quei vinti che intendevano salvare soltanto l’onore di quanto rimaneva di una nazione devastata.
Si innamorano, si amano, si sposano, mettono al mondo tre figli – Nicolò, Zizzi e Barbara – scelgono di vivere a Roma, all’ultimo piano di un Palazzo dal quale si gode la vista più bella della città. Ha rivelato Nicoló che Giano scrive ad un amico all’estero che “Rita ha occhi verdi profondi, un animo romantico ed un temperamento forte che alle volte la porta a furibonde arrabbiature. Ma poi le passa presto perché è una donna di buon animo. Ha una naturale generosità per i deboli. Vorrebbe raccogliere tutti i cani e i gatti randagi di Roma. Divora i gialli di Simenon. Ha grande passione per la storia e la letteratura. Scrive bene, con facilità. Ma soprattutto, prima di ogni altra cosa, è una madre. I nostri tre figli sono il suo grande amore, il resto passa in secondo piano”.
E Rita come studiosa, appassionata di storia, contemperando il ménage familiare con la lettura e la ricerca, riesce a mettere insieme due importanti volumi: Il santo dell’allegria, una biografia di San Filippo Neri (1990), vincitore del Premio Elba; e nel 1996 Giuliano dei Medici, che ottiene il premio Lunigiana.
Il primo dei due volumi è la storia del Santo più amato dai romani, “Pippo bono”, lo chiamavano, che rifiutò per umiltà la berretta cardinalizia. La Delcroix situa la sua storia nei torbidi che caratterizzarono gli anni Venti del Sedicesimo secolo. Pochi anni dopo il terribile Sacco del 1527, giunse in una Roma ancora ferita, un angelico, sorridente vagabondo, Filippo Neri appunto, che avrebbe attraversato quasi interamente il secolo segnato dalla Riforma cattolica. Quando morì, nel 1595, era divenuto padre Filippo, il sacerdote più noto e amato della città, talmente vicino al popolo e nel contempo legato alle grandi famiglie e agli studiosi dell’epoca. Amico di Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Camillo de Lellis, Felice di Cantalice, fu un mistico «tra i più misteriosi», come ha scritto don Giuseppe De Luca, che lasciò una traccia profonda della sua spiritualità, ergendosi come una delle figure più originali della santità cattolica. In questa biografia, dietro la figura del santo, l’autrice porta alla ribalta Roma con le sue chiese, le sue piazze, i suoi monumenti, popolata da un’umanità pittoresca. Le capacità narrative di Rita Delcroix e la sua profonda conoscenza del personaggio e degli avvenimenti storici, produssero un libro che a leggerlo trent’anni dopo ha la stessa freschezza di quando lo avemmo tra le mani odoroso di stampa.
Lo stesso dicasi di Giuliano de’ medici (1479-1516), duca di Nemours, figlio di Lorenzo il Magnifico, che governò Firenze dopo il 1512 col fratello Giovanni e seguì questo, divenuto papa Leone X, a Roma, dove fu nominato capitano generale della Chiesa. Umanista di rara sensibilità, ottenne dal Papa nel 1515, la signoria di Parma, Piacenza, Modena e Reggio e dal re di Francia Francesco I, nipote di sua moglie Filiberta di Savoia, il ducato di Nemours. Fu ritratto dal Ghirlandaio e da Raffaello; a lui Machiavelli voleva dedicare “Il Principe”; la sua tomba è fra i capolavori di Michelangelo, ubicata nella sagrestia nuova in San Lorenzo a Firenze. Soldato, cortigiano, mecenate, Giuliano è il simbolo di un’epoca che, malgrado lo splendore dell’arte, era prossima al declino. Non manca in questa biografia una vena politica che Rita non riesce a tenere a freno. Ed è un affresco tra i più riusciti degli ultimi decenni, di una Firenze dai molti volti e centro del potere come poche altre Signorie.
Negli ultimi anni della sua vita , per come le forze glielo consentivano, Rita Delcroix si era applicata alla stesura di un romanzo storico sul Risorgimento. Lo tratteggiava attraverso la vicenda e le lettere di un ragazzo partito da Quarto per la Spedizione dei Mille, ucciso nella Battaglia di Milazzo. Quel giovane garibaldino si chiamava Antonio Ghilini. Anche lui, come Giano, era loanese.
Infine un ricordo personale..
Quando Rita e Giano Accame m’invitavano a colazione o a cena da loro per me era sempre una festa. Primo perché mangiare in mezzo a tanti libri, oltre che in compagnia di due persone davvero speciali, mi faceva sentire come “protetto” e lì, tra la sala da pranzo e lo studio ed il salotto, tra tanta carta nella quale mi sarei voluto immergere, fiorivano racconti di ogni genere sul presente, ma soprattutto sul passato. Ogni incontro conviviale era un “seminario” dal quale uscivo sempre pieno di idee e suggestioni. In secondo luogo, era una festa perché Rita, oltre a deliziarmi su San Filippo Neri e su mote altre cose, mi deliziava anche il palato soprattutto quando in tavola portava un enorme tacchino ripieno che da decenni non ho più avuto la fortuna di assaggiare.
Io che sono sempre stato un vagabondo, soprattutto in quei miei primi anni romani, quando ero giovane e solo a Roma, l’ultimo piano di Lungotevere Mellini, era un rifugio comunitario nel quale ci s’incontrava con tanti amici, tra i quali voglio ricordare in particolare Fausto Gianfranceschi e Alfredo Cattabiani. Le libagioni come le parole erano abbondanti e di gran qualità. Ma ciò che sovrastava discorsi e tentativi di discussioni era il sorriso l’affabilità di Rita curiosa e colta, affettuosa e discreta nell’informarsi di cose che mi riguardavano. E, naturalmente, se avessi bisogno di qualcosa. A me bastava il calore di Rita e di Giano. E perdermi nella loro foresta di libri e di ricordi …
Le esequie si terranno lunedì mattina a Roma alle 10,30 a Lungotevere Prati 12, nella Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio.
Poi, nel cimitero di Loano, martedì, Rita e Giano s’incontreranno dopo dieci anni, per non perdersi mai più…