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La mostra. IconoSophia di Alessandro Bulgarini (dal 29 febbraio a Brescia)

by Luca Siniscalco*
14 Febbraio 2020
in Cultura
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Sabato 29 febbraio 2020 alle ore 18:00 presso la Galleria di SpazioAref in Piazza Loggia n.11f a Brescia, inaugura la nuova mostra personale di Alessandro Bulgarini: I c o n o S o p h i a

Il pittore torna all’Aref dopo quattro anni con una selezione di dipinti a olio ed opere su carta inediti, accompagnati da un testo critico del filosofo Luca Siniscalco che illustrerà la sua scelta estetica, le implicazioni filosofiche e la collocazione storica della sua particolare ricerca artistica.

***

Il saggio di Siniscalco

Il progetto I c o n o S o p h i a presenta una nuova analisi critica (dopo le mostre Ierofania del 2015, Codice Sincretico del 2016 e Alta Fantasia del 2017) della proposta visiva del pittore Alessandro Bulgarini, da tempo focalizzata su tematiche filosofiche e approfondimenti iconografici legati ai temi del sacro e del simbolismo.

IconoSophia richiamaallamenteil concetto di iconografie di sapienza, raffigurazioni filosofali e può essere inteso in senso ampio come la definizione di una ricerca pittorica peculiare focalizzata sull’approfondimento e la rielaborazione dei simbolismi e le iconografie delle varie Tradizioni, nonché di alcuni paradigmi legati alle domande fondamentali dell’uomo.

In un periodo storico segnato da profonda instabilità sociale nonché da mutamenti epocali legati allo sviluppo delle nuove tecnologie da un lato, ed all’emergenza ambientale dall’altro, la riscoperta delle radici della propria cultura e di quella degli altri popoli (sulla scorta del profondo lascito intellettuale di autori del calibro di C.G.Jung, J.Hillman, M.Eliade, H.Corbin) diviene una necessità imprescindibile per poter affrontare le sfide dei tempi. La pittura, nel farsi nuovamente canale di diffusione di bellezza ma soprattutto di conoscenza e significati profondi, diviene occasione di meditazione e introspezione, nonché di dibattito culturale.

La pittura di Bulgarini si propone come un tentativo inattuale, in senso nietzscheano – e pertanto attualissimo – di riportare l’immagine, nella sua dimensione figurativa più autentica, al centro della prassi artistica. Oltre certe iperboli concettuali e minimalistiche, colpevoli di privare l’arte della sua dimensione estetica – ossia sensibile, corporea e simbolica – ma nel contempo lontanissima da ogni malinconica rievocazione di un’arte mimetica e semplicemente decorativa, la poetica di Bulgarini s’impone mediante il riconoscimento della centralità dell’immagine.

La potenza espressiva dell’Icona, tradizionale strumento di collegamento fra visibile e invisibile, materia e spirito, immanenza e trascendenza, si manifesta in modo rinnovato nelle tele del pittore. Le quali sono tutte dirette a raffigurare – lo diciamo con le parole di Pavel Florenskij – «quelle immagini che separano il sogno dalla realtà, che separano il mondo visibile dal mondo invisibile ed in tal modo congiungono i due mondi».

Strumenti modernissimi, dunque – sin dallo stile, che richiama il surrealismo, arricchito di sarcastici riferimenti alla cultura contemporanea – impiegati per esprimere pittoricamente principi tradizionali, oseremmo dire arcaici e perenni.

La saggezza (sophia) dell’icona si rivela infatti nella sua essenza creativa, capace di condurre l’astante nel regno della meraviglia, nel territorio insondato e insondabile dell’originarietà. Di quella chimera chiaroscurale che non si mostra nello sperimentalismo a tutti i costi, come talora si è portati a credere, quanto piuttosto lungo i crinali del terreno dell’Origine, dell’appartenenza alla propria identità di essere umano, che, come ebbe a notare lo storico delle religioni Mircea Eliade, si realizza integralmente proprio laddove, come insegna un’etimologia filologicamente forzata ma densa di suggestioni, l’uomo si fa humus, ossia terra.

Eccolo allora sondare le potenze profonde del nostro immaginario, il regno degli archetipi dell’inconscio collettivo che lo psicanalista svizzero Carl Jung ha sapientemente saputo problematizzare.

La Terra, intesa come Madre, luogo generatore delle istanze elementari che pervadono il mondo simbolico dell’uomo, torna al centro dell’interesse artistico, apre squarci verso un mondo di immagini che toccano l’esperienza più intima degli spettatori. L’immagine, allora, perde ogni superficiale funzione ornamentale, dismette i panni del divertissment per divenire specchio di una problematizzazione radicale – filosofica pertanto – del reale.
Paradossalmente, affinché l’arte possa confrontarsi con la realtà, anche nella sua dimensione socio- politica, è preliminarmente necessario che faccia epoché rispetto al mondo dei fenomeni, ossia, come insegna la fenomenologia, metta in discussione il mondo dell’apparenza per tornare su di esso con sguardo accresciuto e rinnovato.

Così I c o n o S o p h i a significa aprire la mente – ed il cuore – alla sapienza delle immagini, alla capacità, attraverso l’immaginazione, di riconnettere l’esperienza individuale a quella collettiva, la psiche personale all’anima mundi. Significa, in ultima istanza, abdicare al mondo dei simulacri proposto dalla società contemporanea, la cui apparente passione per la dimensione visiva cela in realtà, come ben spiegato dal filosofo Baudrillard, un’intima avversione iconoclasta nei confronti della natura autentica delle immagini. La cui abissalità sovrarazionale fu ben compresa da Jung, che spiegò con genio: «Colui che parla con immagini primordiali, è come se parlasse con mille voci; egli afferra e domina, e al tempo stesso eleva, ciò che ha disegnato, dallo stato di precarietà e di caducità alla sfera delle cose eterne; egli innalza il destino personale a destino dell’umanità e al tempo stesso libera in noi tutte quelle forze soccorritrici, che sempre hanno reso possibile all’umanità di sfuggire ad ogni pericolo e di sopravvivere persino alle notti più lunghe… Questo è il segreto dell’azione che può compiere l’arte».

Del pari Ernst Jünger ebbe a scrivere: «L’opera d’arte è transeunte, ma attesta qualcosa d’immortale. Tutte le immagini visibili sono olocausti, sono servizio liturgico nell’ambulacro che conduce a un’immagine invisibile».

Di questa prospettiva estetica alta e impegnata si è voluto far carico, fra gli altri, Alessandro Bulgarini. La sua proposta pittorica non è d’altra parte un grido solitario e inascoltato, bensì un richiamo alla funzione fondativa dell’arte che rientra all’interno di un vivace dibattito culturale. È difatti una spinta nodale nei momenti di discussione del paradigma culturale vigente in questa nostra attualità, quella modernità – o postmodernità, se si preferisce – che Roberto Calasso, il celeberrimo Editore di Adelphi, ha stigmatizzato nel suo ultimo saggio sotto la paradossale nozione di “innominabilità”.

L’opera di Bulgarini intende piuttosto gettare i tasselli di quella pedagogia dell’immaginazione tanto auspicata da Italo Calvino: strumento indispensabile con cui educare i giovani a un rinnovato amore per la bellezza e l’autenticità estetica. Un Pulchrum che sia, pertanto, vero fulcro trascendentale inscritto nella stessa realtà sensibile – e non al di là di essa –, approccio conoscitivo tramite cui lasciar risplendere in modo rinnovato il cosmo e i suoi mirabili frammenti.

«La bellezza – ci spiega James Hillman – è una necessità epistemologica; l’aisthesis è il modo in cui noi conosciamo il mondo». Non resta che riappropriarci di questa primordiale facoltà gnoseologica rivolta alla comprensione di noi stessi e dell’universo che ci circonda.

La pittura di Bulgarini è un segnavia lungo questo difficile ma affascinante percorso. Di contro a quella equivoca “civiltà dell’immagine” in cui, come ben intese Henry Corbin, «invece che elevare l’immagine al livello di un mondo che le sarebbe proprio, invece che investirla di una funzione simbolica, rivolta al senso interiore, abbiamo soprattutto la riduzione dell’immagine al livello della percezione sensoria pura e semplice, e quindi la definitiva degradazione dell’immagine».

*(1991) è Professore di Estetica presso e-Campus e collabora con l’Università degli Studi di Milano e Unitre Milano. I suoi interessi di ricerca attraversano trasversalmente l’Estetica, la Storia delle Religioni, il Perennialismo e la filosofia della Rivoluzione Conservatrice

@barbadilloit

 

Luca Siniscalco*

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