Nel periodo natalizio una delle tante reti tv ha mandato in ondo per l’ennesima volta Via col vento: si vede che è un film sempre gradito, anche alle generazioni del XXI secolo, il che potrebbe sembrare strano. Infatti, sia il romanzo di Margareth Mitchell che è del 1936, sia la pellicola di Victor Fleming che è del 1939, sono due opere revisioniste ante litteram e, alla luce delle posizioni assunte dall’intellighenzia nazionale e internazionale, per nulla politicamente corrette… L’aria che tira non tra la gente, ma nei piani alti, non sembrava favorevole, e invece… In realtà mi aspettavo qualche indignata messa in guardia, magari indiretta, del presidente della Repubblica, sempre attentissimo a certe cose e meno ad altre, ma per fortuna non è stato così, forse perché non riguarda la storia italiana o europea. Meno male.
Non solo romanzo e film (più il primo che il secondo) si schierano apertamente dalla parte della Confederazione sudista, non solo ne esaltano il punto di vista, la mentalità, lo stile di vita, le ragioni all’interno della Guerra di Secessione, ma, per di più, presentano i nordisti come aggressivi, presuntuosi, vigliacchi, maramaldi, violenti, squallidi, rozzi, se non dei veri e propri banditi, violentatori e predatori. Non solo nel contesto generale, ma anche nella caratterizzazione dei personaggi: è una apologia dei vinti, una critica dei vincitori.
In più si aggiunga il modo in cui (almeno nel doppiaggio italiano di quegli anni che evidentemente si rifaceva allo slang della versione originale e che per fortuna è rimasto tale e quale dopo anto tempo) viene presentata la “servitù negra”: devota e servizievole nei confronti dei “padroni terrieri” sudisti, che amava di più dei “liberatori” nordisti. Per tacere del gergo usato: Mami si esprime come, secondo la political correctness, mai e poi mai si dovrebbe far esprimere un “personaggio di colore” nella letteratura, nel cinema e in TV! Come mai di fronte a tante brutture storiche, politiche, ideologiche e morali non abbiamo assistito ad una levata di scudi della intellettualità progressista? Forse perché il film è ancora troppo popolare?
L’argomento ci tocca da vicino. Romanzo e film sono apparsi a 70 anni dalla conclusione della guerra civile americana, senza che negli Anni Trenta si parlasse di scandalo: al contrario, la Mitchell divenne una eroina nazionale e la pellicola ottenne una valanga di Premi Oscar (si dice che alla sua “prima” ad Atlanta vi fossero anche gli ultimi superstiti della guerra!). Ancora oggi, forse proprio in quello stesso cinema, lo si continua a proiettare ancora ininterrottamente ogni giorno dopo 80 anni dalla uscita!!
In Italia sono trascorsi 75 anni dalla guerra civile e mai e poi mai ci si potrebbe immaginare una situazione simile. Eppure lo scontro fra americani nordisti e sudisti 1861-5 non fu meno fratricida, devastante, sanguinoso e “ideologico” (almeno mezzo milione di morti), cioè uno scontro fra opposte “visioni del mondo”, dello scontro fra italiani fascisti e antifascisti 1943-5. In entrambi i casi hanno vino i “buoni”. E nemmeno si può dire che il tempo passato sia diverso: dovremmo forse aspettare che praticamente tutti i protagonisti superstiti siano scomparsi per poter parlare della nostra guerra civile con maggior equilibrio e senza demonizzazioni? Credo sia una illusione anche perché praticamente ci siamo. Il motivo, già espresso chiaramente, è che i discendenti morali e ideali di quei combattenti, rappresentati dall’Anpi, ente morale, continueranno ad impedirlo, e i massimi rappresentanti di questo Stato si considereranno sempre i “custodi dei valori” della vulgata dei vincitori, come se la ricerca storica che si basa su nuovi documenti e testimonianze, non su ideologie, potesse essere impedita e considerata qualcosa di disdicevole e inaccettabile per l’eternità.
La sinistra italiana è nel profondo faziosa, disonesta, falsificatrice, ottusa, vigliacca (e talora criminale), oltre le generazioni. Quale la novità?
Segnalo che Olivia de Havilland (Tokio, 1 luglio 1916) continua felicemente in vita…