Luigi Di Maio torna nelle retrovie del M5S, dove era stato davvero poco, dal momento che quando fu eletto nel 2013 in poche settimane passò da deputato semplice a vice presidente della Camera. Ora da capo politico fa un passo indietro, torna nelle retrovie per preparare una possibile riscossa durante gli stati generali, ovvero il congressino di quello che resta della corazzata pentastellata.Il Movimento grillino paga l’indefinitezza dell’ideologia di fondo e i troppi dietrofront dopo un avvio da movimento anti liberale, anti ue e antisistema (l’ex m5s Paragone ha buon giovo nel parlare di tradimento delle origini).
Terza repubblica divora-leader
La politica italiana consuma i propri protagonisti come legna sul fuoco. Cosa resta di Matteo Renzi, Enrico Letta, ora Luigi Di Maio, ma anche di Maurizio Martina, Angelino Alfano, Beatrice Lorenzin? Poco, o molto poco. La vita nello spazio pubblico prosciuga il futuro di chi non lavora su idee forti, su visioni, su orizzonti. Tutti gli altri bruciano, producono una fiamma, ma poi si polverizzano.
A destra non accade nulla di simile a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che declinano un tentativo moderno di affermazione dell’identità patriottica. Evocano radici, idee profonde, con semplificazioni digitali che a volte spiazzano che ha una idea più strutturata della politica. Ma l’essere ancorati a un profilo identitario li preserva da un rapido appassimento. E li pone nella condizione di costruire, in tempi non troppo lunghi, un orizzonte di governo.
L’orizzonte di governo degli identitari
Non si governa con il megafono e nemmeno con i social web strategist che hanno visto precipitare, per esempio, Matteo Renzi. La lungimiranza è nella capacità di costruire un programma di cambiamento. E in questo caso sono necessari intellettuali, tecnici, accademici, manager pubblici e privati. E’ quindi indispensabile prepararsi alla stagione della politica delle cose concrete, selezionando il migliore blocco dirigente patriottico possibile, scegliendo persone oneste, competenti e disponibili al lavoro comunitario. Una sfida da cogliere, per la Meloni e Salvini, al fine di dare una prova di governo solida. Non come si vanno declinando le amministrazioni regionali conservatrici, dalla Basilicata alla Sardegna, spesso poco convincenti.
Sono perfettamente d’accordo. Prepararsi già da questo momento a forgiare B una classe dirigente capace. Non ripetere lo stesso errore di Fini. Non solo lui era inadeguato ma pure gran parte della dei dirigenti di cui si era circondato.
Ho qualche dubbio da questa euforia quasi collettiva di vittoria elettorale.Essendo la stragrande maggioranza del popolo Emiliano-romagnolo consapevole di aver beneficiato privilegi dalla tanto reclamizzata politica di sinistra,quindi al momento del voto potrebbero pensare …schersuma nee..tiremo inanzz..Da buoni Italioti..Vorrei tanto che rimanesse un mio cattivo pensiero.. Potrebbe anche essere..farci credere di proposito che la sinistra perda, così in caso di vittoria grandissima grancassa mediatica per forviante alle problematiche del governo e tirare a campare..Mascherando una comunque sia grande successo di Meloni Salvini e perché no pure del Berlusca.
Dai Baldoni fai il bravo: l’Msi e poi An sono decenni che prendono per i fondelli i loro poveri elettori e i loro militanti. Direi che hanno ruminato abbastanza, che ne dici?