«Il cielo era grigio e una finissima pioggia cadeva lentamente. Una sottile nebbia avvolgeva tutto con il suo umido abbraccio. Mentre Clara tornava a casa da scuola, camminando per le strade in pietra del suo piccolo paesino, pensava tra sé e sé ai compiti per l’indomani. Non aveva la benché minima voglia di mettersi seduta nella sua camera e rimanere lì inchiodata per ore e ore.» Comincia così il bel romanzo per ragazzi, Clara e il flauto magico (Tabula fati, pp. 101 € 10), opera prima di Francesca Ceglie, giovane studentessa della facoltà di Scienze della Formazione, già diplomata in violino presso il Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, che unisce alla passione per la letteratura quella per la musica. Subito l’attenzione del lettore, piccolo o grande che sia, viene catturata: Clara è una ragazza come tante che non ama particolarmente studiare, ma a scuola si fa comunque benvolere perché prende le difese dei più deboli contro i prepotenti ed ha un sogno segreto che coltiva incoraggiata dalla nonna pianista: diventare musicista. E soprattutto sta per vivere un’avventura straordinaria grazie ad un libro magico trovato per caso in una vecchia bottega. Si trova infatti catapultata nella Vienna del 1791 e incontra nientedimeno che Mozart alle prese con uno delle sue celebri partiture, Il flauto magico. Ebbene, Mozart, pressato da un committente trucido e poco sensibile, è in piena crisi, è bloccato nella composizione dell’opera e Clara si offre di aiutarlo a scrivere e terminare la partitura in una sola notte. E non sarà affatto facile, perché il grande musicista è tutto genio e sregolatezza, è disordinato, capriccioso, giocherellone, è, come scrive l’autrice con un’efficace espressione, “un pazzo al quadrato”. Ma tra i due c’è una strabiliante sintonia: «Comunicavano così bene e si capivano al volo perché per entrambi l’unica lingua che riuscisse davvero a esprimere ciò che avevano dentro era la musica.» È infatti grazie alla musica che entrambi riescono ad esprimere il proprio mondo interiore, i propri sentimenti più riposti, i propri pensieri più reconditi, anzi grazie alla musica «come degli attori, potevano calarsi nei panni di più personaggi, potevano raccontare qualsiasi storia, attraversando ogni angolo del mondo. Si facevano così avventurieri nella giungla, innamorati che passeggiavano per le vie della città, poeti e sognatori, uomini adirati o pescatori che si lasciavano cullare dalle dolci onde del mare.» Clara riesce nella sua impresa facendo sentire a Mozart che non è solo, che c’è qualcuno che gli vuole bene – ed è questo il messaggio di fondo, la toccante morale del romanzo: «senza di lei, forse, Mozart si sarebbe arreso e non avrebbe scritto più nulla (…). Ma Clara non fece ciò che fece per salvare l’umanità da questa grave mancanza, assolutamente no. Lo fece solo perché riconobbe in Mozart la sua stessa fragilità, i suoi stessi desideri e la sua stessa voglia di vivere di musica.» E a questo proposito non possiamo non osservare come la scrittura della Ceglie sia ariosa, musicale, accattivante. Come scrive a ragione Daniele Giancane nella prefazione, «Francesca Ceglie – pur alla sua opera prima – sa scrivere per i ragazzi, ne conosce i ritmi e le necessità, mette a punto un linguaggio di indubbia attrattività, perché non si sofferma mai eccessivamente in descrizioni di paesaggi o personaggi (li accenna brevemente), corre nel dinamismo dell’azione, con frequenti richiami ai lettori, come se ella stesse narrando una storia accanto al caminetto con attorno i suoi ascoltatori». Dopo la sua avventura, vorremmo dire dopo la sua “missione”, Clara ritorna alla vita quotidiana e noi con lei, quasi a malincuore. Ma l’autrice, con grande abilità narrativa, insinua nella chiusa del romanzo un dubbio: siamo sicuri che si sia trattato solo di un sogno? L’epilogo sembrerebbe suggerire il contrario e allora i confini tra sogno e realtà si fanno sfuggenti…
*Clara e il flauto magico di Francesca Ceglie (Tabula fati, pp. 101 € 10)