Francesco De Gregori è insieme poesia, note, arte e pop. Un cantautore libero. Può leggere autori politicamente scorretti, presentare romanzi del non allineato Pietrangelo Buttafuoco («I cinque funerali della signora Goering», edizioni Mondadori) e portare anche un po’ di sana eresia sulle pagine del Foglio, quotidiano che – perso l’antico smalto corsaro – veleggia nei laghi rassicuranti del neo-progressismo.
La pubblicazione della trascrizione della conversazione per la Festa dell’ottimismo del Foglio tra il cantautore romano e la giornalista Annalena Benini rileva ancora meglio come De Gregori non sia mai stato “un intruppato” tra gli ottusi dell’ideologia. Ecco una breve rassegna delle sue riflessioni.
Il mestiere di musicista
Nel Folkstudio “è cominciata una bella vita di artista per me, perché avevo vent’anni, l’età in cui la vit ti si presenta in una serie di cose belle, di proiezioni verso il futuro, e questo fatto di scrivere canzoni, fare un mestiere artistico, suonare la chitarra, cominciavo a capire che aveva buone possibilità di diventare un mestiere, il mio mestiere”.
L’alterità
“Preferisco l’analisi all’indignazione. E ho preferito cercare di leggere quello che succedeva intorno a me anche da posizioni politiche diverse dalle mie. Io ero e mi considero anche oggi un uomo di sinistra, ma quello che succedeva (negli anni settanta, ndr) e non era in sintonia con le mie idee, io cercavo di capirlo senza dover mai utilizzare la categoria della rabbia, che non mi piaceva allora e non mi piace adesso”.
I nostri tempi di transizione (non di rabbia)
Per De Gregori l’Italia non vive un periodo di rabbia, ma una stagione critica “di trasformazione velocissima del paese”.
Oltre le ideologie
Le ideologie entravano nelle canzoni (negli anni ’70): “Non nelle mie. Io ho scritto canzoni che parlavano di fattori umani. Penso a “Pablo” che raccontava la povertà”.
Il senso dell’arte
Qui De Gregori demolisce una volta per tutte gli artisti (o gli pseudo tali) che prostituiscono la propria vocazione in un teatrino di propaganda con il tentativo di rieducare i popoli: “La grande potenza dell’arte non è insegnare ma smuovere qualcosa dentro di te, così che tu cresca insieme ai tuoi cambiamenti. L’arte ti accompagna, ti aiuta, ti stimola, ma non ti dà una via maestra. Puoi amare Céline come scrittore senza per questo essere un antisemita. Puoi amare Moravia senza essere di sinistra”. “L’arte – conclude De Gregori – può anche essere scandalosa. L’artista dev’essere sé stesso e non bisogna pretendere che ci assomigli. (..) L’artista rischia nel momento in cui pubblica: tanto meno è conformista quanto più rischia la sua credibilità sul piano sociale. E’ un rischio che gli artisti onesti si assumono. Continuiamo a guardare “Io e Annie”, i film di Roman Polansky e a leggere Céline”.
Bravissimo cantautore, peccato che é di sinistra…
Il “principe” non è nuovo a uscite non allineate, ricordo la sua bellissima “Il cuoco di Salò” che scatenò non poche polemiche fra i kompagni… Un pò come quando Dalla dichiarò di essere lettore di Evola…
“Vedete, quando ho scritto Il cuoco di Salò, io non volevo fare revisionismo, volevo solo ribadire l’appartenenza alla storia di quei ragazzi che andarono a Salò, misi il verso “dalla parte sbagliata si muore” senza esserne convinto ma per compiacere quel politicamente corretto che ancora oggi ci domina, eppure fui criticato lo stesso, e con asprezza”.
(Francesco De Gregori, 5/2/2016)
L’altra canzone di De Gregori in cui riflette pur essendo di parte e ‘Le storie di ieri ‘ dedicata a suo padre … mio padre aveva un sogno comune condiviso dalla sua generazione.
De Gregori indaga e non invece contro i perdenti tipico atteggiamento di certa cultura ‘ sinistra ‘ che non ha mai riflettuto sul detto greco ‘…La giustizia fugge dal campo del vincitore ‘…
Sapevo che non era riflessivo. ..
Bentornato Catilina! Vero, molto bella “Le storie di ieri” dal suo storico album Rimmel, De Gregori è un irregolare pur essendo chiaramente di sinistra, poi non ha mai negato dignità a chi è morto “dalla parte sbagliata” anche per via dell’esempio di suo zio credo, partigiano ucciso dai partigiani,comandante della Brigata Osoppo nome di battaglia “Bolla” ucciso nell’eccidio di Porzûs dai partigiani della Brigata Garibaldi agli ordini di Tito, nello stesso eccidio morì anche Guido Ermes Pasolini, fratello di Pier Paolo, altro irregolare della storia della sinistra, forse anche quest’episodio ha contribuito a formare lo spirito critico di questi due non allineati…