Come se Jefferson Davis avesse deciso, nel bel mezzo della Guerra di Secessione americana, di candidarsi alla presidenza degli stati uniti d’America. Rosario Crocetta, governatore della Regione Siciliana, annuncia la sua volontà di correre per la segreteria del Pd (quando ne verrà celebrato il congresso, of course), negli stessi giorni in cui gonfia il petto per lo sbarco in continente, settant’anni dopo quello degli Alleati, del suo progetto politico: il Megafono. Il partito che, sotto la regia politica di Beppe Lumia, proprio in Sicilia sta tentando di cannibalizzare il Partito Democratico, proponendosi come ago della bilancia dei nuovi equilibri politici siciliani, spostatisi verso il centrosinistra grazie soprattutto all’attivismo del governatore.
Che, da un lato, ha aperto le porte di una nuova stagione politica ai tanti epigoni della stagione lombardiana e cuffariana, approdati direttamente nelle fila del movimento crocettiano; dall’altro ha chiuso un accordo politico con Lino Leanza, fino all’inizio del 2012 numero due di Raffaele Lombardo, che con il suo Articolo 4 ha creato un contenitore politico subito diventato polo d’attrazione per tanti deputati dell’Ars, puntellando la traballante maggioranza regionale. Risultato doppio, per Crocetta: il suo Megafono si è affermato alle amministrative del 9 giugno scorso, facendo il pieno di voti a Catania, dove trova spazio nella giunta Bianco con due assessori (poco importa che i consiglieri eletti siano quasi tutti ex Mpa); la sua giunta regionale trova un po’ di respiro, quello necessario ad affrontare le complesse problematiche isolane, andando un po’ oltre alla mera politica dell’annuncio fin qui praticata, ma non solo: quello indispensabile per alimentare il sogno politico della leadership nazionale del centrosinistra.
E qui casca l’asino: perché il Crocetta che scalda i motori per sfidare Renzi (addirittura benedicendo l’apertura di un circolo del suo movimento a Firenze), Cuperlo, Fassina e chissà chi altri ancora, e lo stesso Crocetta che rivendica l’autonomia del suo percorso politico in Sicilia, dove (parole sue, pronunciate la notte dell’ufficialità del successo di Bianco a Catania), “Pd e Megafono possono convivere e federarsi”. Confederarsi e vivere in pace: che era un po’ quello che volevano fare i sudisti nel 1860, staccandosi dalla Madrepatria perché l’economia basata sulla schiavitù non era più sopportata dal Nord, certo, ma soprattutto perché insanabili erano diventati i contrasti tra le due sezioni quanto a politica dei dazi, colonizzazione dei territori del West (quelli contenuti nel mitico acquisto della Luisiana), scelte per la localizzazione delle grandi infrastrutture. Ma Jefferson Davis, presidente della Confederazione, appena insediatosi a Richmond, non penso mai neppure per un attimo di candidarsi a presidente degli stati del Nord, dai quali si erano appena separati. Ma Crocetta sì. Forse perché, come ricorda il fortunato fake che sta spopolando su facebook, virando in satira le uscite del presidente della Regione, Crocetta può. Anche candidarsi a segretario di un partito che, nella migliore delle ipotesi, è solo un suo alleato.