Stefano Angelucci Marino, regista e attore, come nasce il testo dello spettacolo “Hermanos”?
“Il Progetto Hermanos nasce dall’ esperienza teatrale vissuta in Argentina, Uruguay e Paraguay nell’estate 2018 da noi, attori e registi: con Giuliano Bonanni siamo stati protagonisti di due produzioni in collaborazione con il Teatro Stabile d’Abruzzo. Dopo essere entrati in contatto diretto con i discendenti dei migranti friulani e abruzzesi, sentono l’urgenza di affrontare il tema del fenomeno migratorio non in una prospettiva nostalgica e poetica, ma attraverso una angolazione concreta e attualizzante. È per questo che il Progetto teatrale si basa su una drammaturgia originale, ispirata dagli scritti di Giovanni Testori, frutto della rielaborazione del materiale prodotto dal processo di ricerca artistica degli attori coinvolti”.
L’arcipelago degli emigranti tricolori: uno spazio dimenticato nell’Italia dei nostri giorni?
“Assolutamente. Eppure c’è una questione di italianità apertissima all’Estero. Abbiamo la seconda, terza e quarta generazione che, in modi diversi, chiedono l’appartenenza al Paese. Vanno studiate e incentivate nuove forme di partecipazione. Sono italiani in cerca di Patria”.
Che visuale offrono un friulano e un abruzzese da Buenos Aires? Quando sentono il legame con l’Italia?
“Questa è una storia di integrazione sociale e d’amore, un amore che distrugge e consuma. È la storia di due giovani emigranti che tra loro si chiamano fratelli, non perché siano consanguinei ma perché sono entrambi orfani di una terra che era anche la loro madre. I due hermanos sono figli dell’Italia del dopoguerra che li ha abbandonati al proprio destino, vivono in un quartiere operaio di Buenos Aires e lottano ogni giorno per non dimenticare le proprie origini, per radicarsi in un nuovo orizzonte. Pur essendo molto diversi fra loro, hanno in comune la passione per la boxe e il desiderio di affermarsi, ma il destino li porrà in contrasto e, come altri celebri fratelli, uno si affermerà sull’altro, con il sangue”.
Di quali contributi si avvale l’opera?
“Il testo è scritto e diretto da me e Giuliano Bonanni, sulla ci siamo io e Giuliano oltre a Chiara Donada e Rossella Gesini, le scenografie e le luci sono di Claudio Mezzelani, le maschere del BRAT Teatro, nell’ambito di una produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo, con la partecipazione di Associazione Culturale “Luigi Candoni”, Teatro del Sangro, e in collaborazione con Ente Regionale teatrale FVG, Comune di Udine – Assessorato alla Cultura, CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, ARLeF – Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane con il Patrocinio di Ente Friuli nel Mondo spettacolo in italiano, friulano, spagnolo e abruzzese”.
La reazione del pubblico italiano in Sudamerica e quella in Italia alla rappresentazione?
“Lo spettacolo è stato accolto con grande favore in Sudamerica e in Italia. Tutti ci hanno raccontato di emozioni forti e di un grande impatto”.
I suoi prossimi progetti?
“Stiamo iniziando a lavorare su una nuova opera in Sudamerica. Nel 2020 dovremmo riuscire a dare forma e sostanza al progetto”.
Pietrangelo Buttafuoco presidente dello Stabile dell’Abruzzo: che segnale può rappresentare per il mondo libero del teatro italiano?
“E’ una nomina importante. Adesso Pietrangelo sa bene che deve realizzare un lavoro quotidiano e capillare, a Roma (Ministero) e soprattutto nei territori della regione, dove bisogna rilanciare le azioni dell’Ente e costruire un nuovo percorso per il teatro pubblico”.
Quelli nostri erano emigrati che scappavano per davvero dalla miseria, ed erano per davvero una RISORSA per il paese in cui venivano, perché erano dei gran lavoratori. Ma ciò nonostante venivano trattati dai governi e dai cittadini locali al limite del disumano. I nostri emigrati che avevano dignità e umiltà a vendere, vengono vergognosamente strumentalizzati dai sinistroidi immigrazionisti, con paragoni assurdi e offensivi, dicendo che noi avremmo il “dovere” di ospitare queste masse di afroislamici, che una volta giunti qua pretendono troppi diritti e invece di comportarsi da ospiti si comportano da padroni. Non solo, vengono esaltati e coccolati, se non addirittura venerati come figure religiose da parte dell’Argentino al Vaticano.
Werner. È vero.