In un precedente articolo su “Cultura. Da Julius Evola a Cristo passando per le visioni di Elias de Tejada”, avevamo messo in luce un tratto di storia della destra italiana da molti poco noto o addirittura sconosciuto. In Italia il rappresentante più influente del pensiero tradizionalista – con tutte le tortuosità dottrinali che tale termine evoca – fu senza ombra di dubbio Julius Evola.
All’ombra del pensatore romano crebbero giovani destinati a diventare futuri deputati del Parlamento italiano, leader di peso all’interno del M.S.I. (Pino Rauti) e anche giovani intellettuali che videro assai presso spegnersi davanti a loro – in maniera assai tragica – prospettive lusinghiere, giungendo quasi a scalfire il monopolio culturale ostile del mondo accademico italiano. Ci riferiamo in particolare ad Adriano Romualdi, figlio dell’allora presidente del M.S.I. Pino, che morì in un incidente stradale appena trentaduenne. Dopo essersi laureato in Storia contemporanea all’Università La Sapienza, sotto la guida di Renzo De Felice, divenne assistente ordinario dello storico Giuseppe Tricoli all’Università di Palermo.
Evola commenterà così la sua morte:
“Con la morte del carissimo giovane amico Adriano Romualdi, dovuta ad una brutta contingenza, la nuova generazione orientata in senso «tradizionale» e di Destra viene a perdere uno dei suoi più qualificati esponenti. Nel mio ambiente, pochi avevano una cultura vasta e varia […] Egli volle dedicare anche un saggio – il migliore che conosco – alla mia attività e alle mie opere: è uscito presso l’Editore Volpe, che per lui aveva egualmente un’alta considerazione […]. Col riconoscimento anche accademico, per cui recentemente a Romualdi era stata affidata una cattedra, gli si apriva già una più vasta sfera di influenza e di possibile formazione spirituale della nuova generazione”. (L’Italiano, agosto-settembre 1973: https://www.rigenerazionevola.it/per-adriano-romualdi/#_ftn1)
Il giovane docente forlivese scrisse nel 1973, per la casa editrice Settimo Sigillo, Idee per una cultura di destra in cui passava in rassegna le schegge intellettuali ed il retroterra ideale che la destra culturale e politica aveva dietro di sé interrogandosi sulle prospettive – da par suo non particolarmente rosee – che si stagliavano lungo la sua linea d’orizzonte.
Qualche anno prima, nel 1966, era passato quasi inosservato la pubblicazione del libro La monarchia tradizionale (Edizioni dell’Albero di Torino) del cattedratico, filosofo del diritto e della politica ispanico, Francisco Elías de Tejada. Il sottotitolo, estremamente significativo: Il fascismo superato a destra, recava con sé più di un qualche spunto critico e affidava all’intelligenza del lettore il compito di indagare l’origine della tradizione italiana nel campo della concretezza storica, alla luce di una visione del mondo ben ordinata e definita.
L’introduzione La tradizione Italiana e la postfazione La tradizione di Napoli, scritte appositamente per la traduzione in lingua italiana dell’opera, sono tra le pagine più importanti e dimenticate della cultura tradizionale e di destra della nostra penisola.
Perché – ci si potrà chiedere – mettere in relazione, sin dal titolo, la tradizione italiana con quella di Napoli? La prospettiva del pensatore ispanico muove i passi dalla terra dei suoi avi, Napoli, alla ricerca dell’“essenza di una tradizione italiana” (La tradizione Italiana, in La monarchia tradizionale, Dell’Albero, Torino 1966, p. 7), premunendosi contro il pericolo di “dissertare su temi estranei al mio ambiente” (Ibidem).
Il tradizionalismo italiano, spiega il pensatore ispanico, ha dietro di sé secoli che racchiudono la sua linfa vitale, la quale deve essere riscoperta poiché è la sola che può mostrare la via per la rinascita dei popoli italiani. La concretezza storica e la realtà di un passato vivo, intimamente vissuto nel sangue dei suoi avi, consente a Tejada di affermare che la sfida più insidiosa, nella nostra penisola, alla retta comprensione del pensiero tradizionale è quella di “superare il moderno concetto di nazione”. “La mentalità del nostro tempo – spiega –, ed in special modo quella che hanno ricevuto nei centri d’insegnamento le ultime cinque generazioni, non concepisce con profili esatti né l’universale né il patrio, comprende solamente il nazionale come compiuta realtà politica” (Ivi, p. 14).
Al fine di far risuonare le corde di un comune destino e inalberare una medesima vocazione occorre abbeverarsi “alla sorgente della storia per riconoscere la validità delle diversità rispettive, […] prima premessa per pervenire all’universalità e riscoprire finalmente la realtà di codesti popoli la cui personalità viene soffocata in nome di un nazionalismo, che, nato al suono dei tamburi della rivoluzione francese, entra già nella curva del tramonto” (Ivi, p. 15).
La “compiuta realtà politica” a cui invita a guardare Tejada è l’Impero ispanico (e non già semplicemente spagnolo) dei secoli XVI e XVII. “Sotto re come Carlo V e Filippo II – egli scrive – Napoletani, Milanesi, Sardi, Siciliani avevano accesso al governo dei loro popoli e perfino governavano genti della penisola iberica o del continente americano”. Le “Italie” del XVI secolo non sono l’immagine sfigurata di una realtà amorfa né rappresentano l’idealizzazione di una contingenza storica astrattamente considerata. Esse, al contrario, costituirono l’ordine sociale “giusto” ed autenticamente “tradizionale”, in quanto unirono “saldamente la diversità storica nella comune impresa del cattolicesimo militante”.
Aver ignorato la forza propulsiva della Controriforma e la missione universale e civilizzatrice del cattolicesimo romano, di cui si fecero alfieri i re ispanici, fu precipuamente il limite della “portentosa costruzione […] dell’esimia figura di Julius Evola, con tutto il rispetto che merita la sua statura eccezionale”. (F. Elías de Tejada, Julius Evola alla luce del Tradizionalismo ispanico, in “Arthos” (Genova) n. 4-5/1973, p. 192)
La vocazione eroica e cavalleresca che animava i temuti Tercios ispanici (i quali videro la luce proprio in Italia, tanto che le formazioni più antiche recano sin dal nome le loro origini: Tercio Viejo de Nápoles, Tercio Viejo de Sicilia, Tercio Viejo de Lombardía o de Milán) traeva impeto e vigore, fedeltà e sprezzo del pericolo, santità e saldezza dal “senso cristiano della vita, [dal]la perseveranza tenace nel servizio del Cristianesimo quale lo formula la dogmatica del Cattolicesimo romano. […] Italiani e Spagnoli – afferma Elías de Tejada – innalzarono in Trento il monumento della loro fede nei termini immortali che, piacciano o no, sono nostri. Quel nostro cattolicesimo fervente ed intransigente sostenne le battaglie del Signore e ci dette coscienza del nostro comune destino. Potranno i popoli essere diversi nella storia, appunto perché sono uniti nella fede (La tradizione Italiana, in La monarchia tradizionale, Dell’Albero, Torino 1966, p. 24).
Una fede che, all’indomani del Concilio Vaticano II, ha perso smalto e mordente, per inseguire un associazionismo scialbo e inconcludente disperso nelle melmose paludi di una filantropia che elimina da sé ogni richiamo al trascendente, bandisce la sacralità ed elimina Verità e dogmi dal proprio orizzonte esistenziale.
Una constatazione che, nonostante le mille ritrosie e i dovuti distinguo, lo stesso Evola non poté mancare di far sua, affermando in Orientamenti che
“[…], se il cattolicesimo fosse capace di far propria una tenuta di alta ascesi ed appunto su questa base, quasi come in una ripresa dello spirito del miglior Medioevo crociato, far della fede l’anima di un blocco armato di forze, quasi di un nuovo Ordine Templare compatto e inesorabile contro le correnti del caos, del cedimento, della sovversione e del materialismo pratico del mondo moderno-certo, in tal caso, ed anche nel caso che come minimo esso si fosse tenuto fermo alle posizioni del ‘Sillabo’, per la nostra scelta non potrebbe esservi un solo istante di dubbio” (J. Evola, Orientamenti, Europa, Roma 1971, p. 21).
Lo stesso Signore, tuttavia, mai promise la placidità delle acque sulle quali avrebbe solcato la barca di Pietro, né assicurò la clemenza dei tempi a venire, anzi. Assicurò però la vittoria finale, la salvezza per coloro che crederanno sino alla fine. La prospettiva di un “giudizio finale” (“Sono venuto in questo mondo perché si operi un giudizio, affinché quelli che non vedono, vedano, e quelli che vedono, non vedano”- Gv 9, 39) e la visione della vita da intendersi come “militia” (“Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla Terra; non sono venuto a portare la pace, ma la spada” – Mt 10, 34) ha permesso per secoli, a milioni di persone, di conoscere il sano significato di “misericordia”, la quale, per esercitarsi, non può fare a meno della giustizia, termine finale a cui è indissolubilmente ancorata.
Sotto le medesime coordinate trovò forza e rifugio quella “religiosità idalga, militante, combattiva. Quella stessa che nelle Sue [di Cristo] parole era violenta definizione dei farisei come sepolcri imbiancati. […] In questa religione dura e militare – scrive Elías de Tejada – trova posto l’avvicinamento a Dio per mezzo del servizio, usando armi dottrinali e materiali. Il Cristianesimo è, nella versione tradizionalista ispanica, servizio a Dio secondo questi insegnamenti di Gesù Cristo. Perciò nella Cristianità medievale vi furono eroiche crociate concepite come forme di religiosità cavalleresca, perciò il Cristianesimo fu lotta di otto secoli nella penisola ispanica, per questo il Cattolicesimo della Controriforma si chiamò Mülhberg e Lepanto, per questo la Spagna fu Cristianità missionaria […]. Giungere a Dio attraverso la milizia è la forma eroica della Tradizione ispanica” (F. Elías de Tejada, Julius Evola alla luce del Tradizionalismo ispanico, in “Arthos” (Genova) n. 4-5/1973, p. 204).
Oggi la destra politica italiana ed europea si trova in un momento di svolta. La situazione propizia che si trova dinanzi deve risvegliare memoria, incentivare riflessioni, stimolare letture al fine di rimettersi in gioco scommettendo sul realismo; su un modello che abbia la realtà storica, culturale e religiosa al centro della proposta politica. Rientrare in possesso della nostra anima implica uno sforzo culturale e valoriale obnubilato dallo “Zeitgeist” contemporaneo, che si presenta sotto le vesti suadenti ma quanto più distruttive della post-modernità.
La Tradizione, ente concreto, nemico di qualsivoglia astrattismo, è la stella polare a cui deve guardare la destra. Ecco perché occorre tornare a sfogliare libri come quello di Adriano Romualdi, ad organizzare eventi, dibattiti, discussioni ove idealità e cultura abbiano la meglio su alleanze elettorali ed orizzonti partitici. Occorre tornare a parlare di eroismo e sacrificio, e di legare alla militanza quotidiana la Croce di ogni giorno, fonte ed alimento di qualsiasi “azione impersonale”, così come ci ha indicato nei suoi scritti e nella fecondità del suo pensiero il maestro Francisco Elías de Tejada.
In questo bell’articolo avrebbe meritato menzione anche Prezzolini.
Se la destra continua a guardare agli Elías de Tejada non va proprio da nessuna parte. Il tradizionalismo ha una sua logica culturale, non politica…
Si ma senza bagaglio culturale non vai da nessuna parte e ottieni risultati effimeri.
L’egemonia culturale senza cultura non esiste
Sì, ma un carlista tradizionalista, che era isolato anche nel confuso e contraddittorio panorama della destra ispanica non vedo che contributo culturale possa oggi apportare, al di là dell’originalità delle sue posizioni… Un De Maistre nato in ritardo… Poi anch’io mi sento idealmente vicino a lui, ma ‘spenderlo’ in vista di una teorica ‘egemonia culturale’ mi pare quanto meno illusorio…
È ovvio che il mio era un discorso generale e non riferito ad un carlista. Ma non avere solide basi non ti permette di affrontare la complessità del tutto. Qui siamo , purtroppo, nel tempo dove un rutto pesa più di una buona lettura.Diceva il saggio che il sapiente sta sul limite senza cadere mai
Poi è chiaro che l’egemonia culturale è una cosa talmente complessa ed è il prodotto di una infinità di fattori , spesso, ingovernabili. Però esiste e plasma le società ( dall’alba delle civiltà)