Gli storici non hanno alcun dubbio nell’affermare che l’evoluzione della Russia è stata influenzata sia dalla sua peculiare posizione geografica, sia dalle sue dimensioni, che ne hanno fatto una potenza planetaria. Nondimeno, in epoca antica e medievale, la sua estensione ha comportato innumerevoli pericoli derivanti dalle continue invasioni – da parte non solo di nomadi delle steppe ma anche di genti stanziali – che la Russia ha dovuto contrastare su tutti i fronti. Come se non bastasse, anche il clima impietoso, che in inverno raggiunge temperature polari, ha messo in seria difficoltà la popolazione, costringendola a sacrifici indicibili.
La nascita della Russia, intesa come stato organizzato, viene fissata generalmente tra il IX e X secolo d.C., quando compare la Rus’, un’aggregazione di principati che si estende dal Mar Baltico al Mar Nero e dal Dnepr al Volga, abbracciando quel territorio che gli studiosi hanno definito “Eurasia interna.” Sebbene F. Donald Logan sostenga una sua preminente origine norrena, la Rus’ è sorta da una fusione di popolazioni slave, finniche e baltiche che ha reso queste genti totalmente differenti da quelle europee, diversità a cui hanno contribuito anche la sottomissione da parte dei mongoli e la successiva conquista dell’immenso territorio siberiano. Non a caso gli zar hanno fatto ricorso più volte alla suggestione della “Terza Roma”, proclamandosi eredi diretti tanto dell’Impero Bizantino quanto di quello di Gengis Khan, teoria che tuttora continua a far discutere gli esperti.
Al riguardo, è uscito recentemente Prima Lettera Filosofica, un saggio di Pëtr J. Čaadaev, curato da Aldo Ferrari, che ha avuto un’influenza fondamentale sull’analisi della cultura della Russia e che ancora oggi costituisce un punto di riferimento per il dibattito degli intellettuali sul tema.
La figura di Čaadaev (Mosca, 27 maggio 1794 – Mosca, 14 aprile 1856), intellettuale moscovita di prim’ordine, non è confinabile all’interno degli schemi politici nei quali siamo abituati ad aggirarci, perché il suo pensiero è assai complesso. Come se non bastasse, a causa della censura zarista il materiale non è agevolmente consultabile. Alcuni commentatori lo hanno definito un liberale critico del regime, mentre da altri era considerato semplicemente un tradizionalista. In realtà il filosofo russo è molto di più per tutti coloro che hanno la volontà di approfondire il suo lavoro di pubblicistica.
Fortemente suggestionato dalla cultura europea, Čaadaev sferra una mordace critica nei confronti del sistema politico della Russia, ritenendolo dispotico e arretrato, e arriva addirittura ad affermare che:
«Noi non apparteniamo a nessuna delle grandi famiglie del genere umano; non siamo né dell’Occidente né dell’Oriente e non abbiamo tradizioni né dell’uno né dell’altro. Situati al di fuori del tempo, l’educazione del genere umano non ci ha mai toccati.»
(Pëtr J. Čaadaev, Prima Lettera Filosofica, Aspis, Milano, 2019, cit. p. 101).
Allo stesso tempo, tuttavia, non possiamo annoverare Čaadaev tra i filosofi progressisti, ma dobbiamo per forza inserirlo tra i tradizionalisti in quanto si dimostra profondamente critico nei confronti della rivolta decabrista, ritenendo impossibile un colpo di mano che possa destituire il sistema vigente, come accaduto in Francia. In fatto di religione, il filosofo russo dichiara la sua fede cristiana asserendo che:
«Il modo migliore di conservare il sentimento religioso è di conformarsi a tutti gli usi prescritti dalla Chiesa. Questo esercizio di sottomissione […] è un vero culto che si rende a Dio.»
(Pëtr J. Čaadaev, Prima Lettera Filosofica, Aspis, Milano, 2019, cit. pp. 99-100).
Pare impossibile, ma nonostante siano trascorsi quasi due secoli dalla pubblicazione di Prima Lettera Filosofica, quest’opera risulta ancora imprescindibile per chiunque voglia addentrarsi nei meandri della cultura russa e cerchi di comprenderne meglio gli sviluppi storici, economici e sociali.
*Pëtr J. Čaadaev, Prima Lettera Filosofica, Aspis, 2019, 168 pagine, 16 euro