Ha perso Giuseppe Conte. E con lui hanno perso il Partito democratico e il Movimento Cinque Stelle. La vittoria del centrodestra in Umbria, consegna – anzi, conferma – il ribaltamento dei rapporti di forza all’interno della coalizione.
La sconfitta umbra è bruciante per la sinistra italiana. Perché si tratta di aver perso una roccaforte dopo decenni di governo. È un cambiamento che sarebbe stato epocale già se Lega, Fdi e Forza Italia avessero vinto per un solo voto di scarto. Invece no: la proporzione è tutta in un clamoroso venti percento di distacco che suona come una campana a morto per il rassemblement giallorosso del Conte bis. Non basta ancora: va registrata l’impennata dell’affluenza (quasi il 10% in più) alle urne che ha giocato a favore degli avversari di Pd-M5S: gli elettori si sono mobilitati, rifuggendo la tentazione astensionista di una gita domenicale, per andare a votare centrodestra.
LA SOMMA NON FA IL TOTALE
A pesare sulle scelte dei cittadini umbri è stata, sicuramente, la ridda di problemi, di scandali e di inchieste locali che si sono abbattute sulla giunta uscente e sui candidati prescelti. La funzione “certificatoria” del Movimento Cinque Stelle, quale “garante” dell’onestà nella cosa pubblica e della bontà della proposta politica, non è bastata a restituire credibilità all’estabilishment umbro e del Partito democratico. Anzi: ha finito per divellere quella dei grillini, sprofondati poco più su del 7% mentre il Pd ha (comunque) tenuto fino al 22% delle preferenze. Il patto, dunque, è stato sonoramente bocciato. E una responsabilità ce l’hanno quelli che di un’alleanza civica tra le due formazioni che, dopo anni di sonore polemiche si erano ritrovate nella stessa coalizione, l’avevano caldeggiata da Roma.
LA SCONFITTA DEL PREMIER
Su tutti, il premier Giuseppe Conte che s’è scontrato con la dura realtà della politica e delle elezioni che non perdonano troppe giravolte né, evidentemente, hanno mostrato di credere a un progetto che pare appiattito su posizioni che, al di là di destra e sinistra, non appaiono per nulla popolari. Qualche scivolone (l’Umbria derubricata a provincia di Lecce), poi, ha fatto il resto: non si può banalizzare, mai, l’esito di un’elezione. E meno che mai prima che le urne si aprano. Fosse anche quella di un condominio. Non basta né scusarsi né presenziare. Ormai la frittata è fatta. E all’indomani della debacle, l’autoconsolazione ha il sapore dell’autoconvinzione: “Non ci si ferma per una sconfitta”. Ma sconfitta, in Umbria, sarebbe stata se maggioranza e opposizione – unite in una sola coalizione – avessero perso per un pugno di voti. Ma così la disfatta politica di Pd e M5S assume le dimensioni drammatiche di una Caporetto.
LA SFIDA DEL CENTRODESTRA
Per il centrodestra c’è una vittoria che appare (molto) più larga di ogni più rosea aspettativa. L’occasione è di quelle golosissime: se Forza Italia continua a sprofondare (appena il 5,5%), Fratelli d’Italia e la Lega hanno l’occasione di riempire di contenuti politici la destra e di mostrare di superare la fase adolescenziale del sovranismo/populismo. La sfida vera, per Salvini e Meloni, ora è questa: quella del governo.
Complimenti! Ed adesso a lavorare bene, molto bene, per non far rivincere il PD la prossima volta…
Ho consultato i risultati elettorali per le regionali in Umbria dal 1970 a quelle di ieri, e devo dire che è incredibile la mutazione politica che c’è stata. Il vecchio PCI era al 45% fino al 1985, dopodiché è sceso sotto il 40, anche prima di diventare PDS. Il PD non è mai riuscito a eguagliare il PCI, tant’è che alle elezioni del 2010 e del 2015, era al 35%. Ma hanno perso il 10% dei voti alle elezioni di ieri. Ma il tonfo peggiore l’ha subito il M5S ed anche giustamente direi: alle regionali del 2015 aveva preso il 15%, ma il boom di voti in Umbria lo ha fatto alle politiche con il 28%, superando il PD, per poi dimezzare alle ultime europee, e dimezzare ulteriormente con il voto di ieri. Tutto ciò è emblematico, perché significa sostanzialmente che la maggioranza di coloro che votavano M5S, è anti-PD, e dunque contro il governo giallofucsia. Se il M5S non stacca la spina a questo governo “Giuseppi bis”, si autocondanna all’estinzione, e quello che è accaduto in Umbria accadrà in altre parti d’Italia, a cominciare dall’Emilia-Romagna. Il M5S ha preso per i fondelli il suo elettorato, e quest’ultimo lo ha ripagato come merita, votando per altri o non andando a votare. Superfluo è commentare l’ampio e previsto successo della Lega, che pensate, nel 2000, quando per la prima volta si presentò alle regionali in Umbria, aveva preso lo 0,24%, ed oggi in quella stessa regione è il primo partito con il 38%. E’ inutile che a sinistra si lamentano del voto plebiscitario a Salvini & co., ma la colpa è unicamente loro, che invece di occuparsi dei problemi reali, quali economia e lavoro, si sono occupati solo di unioni gay, uteri in affitto, immmigrazione, ius soli e stronzate varie. L’Umbria, pur non essendo una delle regioni economicamente più depresse d’Italia, ha comunque problemi relativi all’alto tasso di disoccupazione, specie giovanile, ma soprattutto ha problemi di sicurezza essendo una regione ad alta immigrazione. E siccome Salvini, pur con toni populistici, si occupa di questi problemi, più di 2/3 degli elettori umbri gli ha dato il proprio voto, fregandosene altamente di Siri, Savoini, i rubli, ecc. Ovviamente l’altro vincitore delle elezioni è Fratelli d’Italia, che ha preso il 10% dei voti, che pensate è il doppio di quanto prendeva il vecchio MSI in quella regione. Se anche a livello nazionale, Lega e FdI, prendessero gli stessi voti delle elezioni di ieri, avrebbero gli stessi numeri per formare un governo senza il morente partito di Forza Italia, che a mio avviso sparirà perché il suo elettorato transiterà verso Italia Viva.