Ma voi ve le immaginate 500 persone che battono le mani, urlando alalà, al termine di uno spettacolo, mentre l’attore sul palco intona la Canzone del Carnaro, sventolando un tricolore gigantesco?
Sembra incredibile, eppure è successo, ieri sera, a Pescara, nell’ambito della kermesse dannunziana “La Festa della Rivoluzione”, fortemente voluta dal presidente del consiglio regionale abruzzese Lorenzo Sospiri, mentre a Montesilvano si teneva sulla spiaggia il concerto di Jovanotti. La pioggia battente e la presenza a pochi chilometri del famoso cantante, non sono riusciti a scoraggiare i pescaresi dal recarsi all’Aurun: hanno fatto bene.
“Fiume 1919 città d’arte e di vita” di Edoardo Sylos Labini è uno spettacolo da non perdere. Il ritmo è incalzante, la commistione di teatro colto e varietà perfettamente riuscita, la scenografia di foto d’epoca, che ritraggono D’Annunzio e i suoi legionari rivisitata in digitale, raffinatissima. E poi ci si diverte, con i duetti tra Sylos Labini e la protagonista femminile, Mariangela Robustelli, Ermione nello spettacolo, e i rimandi satirici all’attualità improvvisati dal protagonista come in uno spettacolo di varietà. Certo Fiume 1919 è soprattutto una storia erudita dell’opera e della vita di D’Annunzio e dell’Impresa, in cui la sceneggiatura di Leonardo Petrillo è stata abilmente integrata con i testi pubblicati nel numero monografico di Culturaidentità dedicato appunto al centenario della marcia di Ronchi e della presa della città dalmata, ma come sempre accade quando la cultura si sposa in modo efficace con l’arte e con la poesia, lo spettacolo sopratutto emoziona, entusiasma, addirittura commuove. Emozionano i discorsi del Vate recitati da Edoardo; entusiasmano i racconti delle intrepide azioni legionarie che ricordano che il nostro non è solo un popolo di piagnoni e aspiranti disertori, ma anche di eroi ed idealisti; commuovono le canzoni e la voce di Mariangela soprattutto quando chiamano la folla in platea all'”ultima alalà”. Bello.
Una prima, quella di Pescara, da replicare in giro per l’Italia, con un’operazione metapolitica che può contribuire a consolidare un immaginario e a trasformare il “comune sentire”, stimolato dalle suggestioni che il teatro sa produrre e liberare nell’applauso finale, in un “comune pensare” strutturato e dotato di piena cittadinanza nella cosiddetta “cultura alta”.