A proposito dell’autoesclusione della Lega dal Governo, è stata evocata l’abusata metafora della traversata del deserto; ma qui la figura retorica appare quanto meno lacunosa. Se da un lato, infatti, si tratta di restare con poca acqua, e cioè in astinenza dalle cariche pubbliche – e dalle relative responsabilità – a tempo indeterminato, e quindi di prepararsi ad una lunga marcia con scarse risorse, dall’altro non vengono messe in risalto l’esigenza e l’urgenza di procedere verso una meta da aver chiara da subito e che non si risolva nella semplice riconquista di un’oasi. A tale scopo, occorre mettere a punto tecniche e, soprattutto, strategie adeguate e coerenti.
Punto di partenza: il riesame dei principali accadimenti politici di questi ultimi mesi, guardando soprattutto al panorama internazionale e, su questa base, dar luogo ad una circostanziata autocritica da parte dei protagonisti (o dovremmo dire: del protagonista?) di questa esclusione.
Limitarsi alle peraltro giustificate lamentele per le modalità di formazione del nuovo governo giallorosso ed alla motivata denigrazione di tutti gli attori in campo – non escluso il Presidente della Repubblica – non porta da nessuna parte, e lo stesso dicasi per le sottolineature – anche queste condivisibili – della natura ancillare di questo governo verso i centri di potere europeo.
In tema di “pars destruens”, bene la scelta di Salvini di partecipare alla manifestazione promossa dalla Meloni il giorno del voto di fiducia al nuovo governo Conte a Montecitorio; ma questo non basta, come non basta la minacciata “guerriglia” nelle Commissioni e nelle Aule del Parlamento: ammesso infatti che tali iniziative risultassero, a scadenza più o meno breve, efficaci, si riuscirebbe ad andare al voto e, forse, nuovamente al governo; ma con chi e per fare cosa? Se la storia è maestra di vita, bisogna che ci mostriamo studenti volenterosi e capaci, e quanto si è visto nei 14 mesi di governo gialloverde dovrebbe averci insegnato qualcosa.
Quanto allo scenario europeo, dopo aver sottolineato una volta di più come il partito sconfitto proprio nelle consultazioni europee abbia collocato ai vertici di quelle istituzioni due suoi uomini (Sassoli e Gentiloni), infliggendo, col concorso dei potentati continentali, un ulteriore vulnus alla democrazia sostanziale, c’è da prendere atto che l’auspicata o temuta avanzata – a seconda dei punti di vista – dei partiti sovranisti in Europa si è rivelata e si sta rivelando decisamente inferiore alle attese. L’ultima dimostrazione ci viene dai risultati delle elezioni in Sassonia e Brandeburgo, dove l’AFD, pur avendo quasi triplicato i voti, è rimasto al di sotto dei consensi raccolti dalla CDU, che probabilmente governerà in coalizione con i Verdi. Sorte non dissimile tocca, ormai per tradizione, al partito dei Le Pen, nelle sue successive denominazioni e leadership, sempre alla soglia della Presidenza in Francia e poi sistematicamente sconfitto dall’”Union Sacrée” di tutti gli altri, inclusi i partiti “di destra” sedicenti o presunti. Non sarebbe male chiedersene i motivi; forse le condizioni dei popoli europei non sono così malandate da far desiderare cambiamenti radicali a tutti i costi? Forse il lungo periodo di benessere ha infiacchito gli animi? Forse la propaganda mondialista – chiesa bergogliana in prima fila – ha dato i suoi frutti? Bisogna capirlo e trarne le opportune conclusioni.
E allora? Qui non è solo questione di “poteri forti”, che pure esistono e si fanno sentire. Insomma, senza un autentico respiro europeo, senza una strategia condivisa con “amici” affidabili, non solo il governo nazionale, ma la stessa Europa che vogliamo e che era anche nei nostri sogni giovanili resteranno chimere. L’Europa dei popoli, l’Europa nata dalla cultura greco-romana, ma anche dai successivi apporti cristiani, germanici, arabi, l’Europa delle cattedrali, ma anche della Tecnica ci chiede di rivoluzionare gli assetti della costruzione finanziario-burocratica che regna a Bruxelles e Strasburgo, sulla scorta degli interessi nazionali (imperiali?) di Berlino e perfino di Parigi.
Per svolgere questo compito immenso, non solo la Lega, ma tutte le forze che si riconoscono in una visione dove si sposano sovranità, identità e rispetto del popolo devono collegarsi con le analoghe forze politiche – e culturali! – operanti negli altri paesi del Continente. Si dice che il sovranismo, specie nelle sue declinazioni nazionalistiche, alimenti gli egoismi sciovinisti, e questo purtroppo si è verificato in molte circostanze recenti (non solo in materia di migrazioni). Se non si riuscirà nell’intento di creare questi legami, in sintesi che si risolvano nell’individuazione di obiettivi e strategie e strumenti comuni, vincere questa o quella elezione servirà davvero a poco.
La partita decisiva si giocherà, a parer nostro, in Europa, dove è chiaro chi sia il Nemico, ma vi è ancora la massima incertezza sull’Amico, per usare il lessico schmittiano. In Italia, intanto, non si deve disperdere e vanificare il consenso che si è aggregato intorno al centrodestra, “nuovo” soprattutto nelle sue componenti leghiste e di Fratelli d’Italia; ma in termini di popolo, c’è da conquistarsi la fiducia del popolo dell’astensione, e da curare i sogni e i progetti – e gli interessi – di blocchi sociali ai quali, dal Nord al Sud, non basta la protesta. Ci servono pazienza e fantasia, determinazione e spessore culturale. La scommessa è difficile, ma è fondamentale attrezzarsi per vincerla e farne durare gli effetti.
Non credo che quanto ottenuto dai cosiddetti sovranisti sia poco; aver costretto tutti gli altri a grandi coalizioni pressoché in ogni paese chiave smascherando il falso bipolarismo di prima e’ un gran risultato che dara’ frutti. Di certo non basta distruggere, bisogna offrire qualcosa di diverso ed un ritorno alla CEE pre Mastricht potrebbe essere accettata da tutte le destre alternative.
Ancora una volta sposo la visione di Del Ninno, abbandonare sterili nazionalismi(che non significa però abbandonare il concetto di Patria come comunità di destino) a favore di una visione continentale e di “grande spazio geopolitico” con le conseguenze che esso comporta, del resto se anche il cosiddetto “sovranismo” trionfasse in una sola nazione non sarebbe in grado di realizzare le istanze sopra citate, è un pò quel concetto di “trotzkismo nazional-rivoluzionario”, formula denigratoria con cui si identificavano certe teorizzazioni di qualche anno fa, in questo il concetto di Lega delle leghe può essere una buona idea in opposizione anche a quella “internazionale sovranista” di matrice atlantica… In proposito può essere interessante la teorizzazione di Fabrizio Fratus: https://www.fabriziofratus.it/il-comunitarista/primo-piano/politica-europea-1/86-un%E2%80%99europa-1000-patrie.html
Non bisogna odiare l’Europa, ma l’Unione Europea per come è strutturata, che è la vera anti-Europa.
Odiare non serve. Bisogna lavorare per cambiare, non fare il Salvini…