Il boom dell’arte italiana? Il mercato dice che i valori dei nostri artisti avanzano. In special modo quelli del Novecento. E non vogliano adesso snocciolare freddi dati, ma questi dicono tanto: il giro d’affari cresce del 3.3% sullo stesso periodo del 2018. Sotheby’s Milano indica un più 28,37% e la congiuntura pare favorevole sia nella Londra depressa della Brexit che nel capoluogo lombardo. In questo quadro gli operatori sottolineano che l’arte italiana tira e il XX secolo non smette di raccontare la sua storia. Per esempio, ‘Thinking Italian’ a Londra, il prossimo 4 ottobre, porta in asta un’opera di Burri del 1953, “Sacco olio, oro e vinavil”, con la stima da 3,5 a 5 milioni di sterline. Rispetto ad altre valutazione sono numeri importantissimi. Come quelli per un Giorgio Morandi, ‘Natura morta’ del 1946, stimato da 400 mila a 600 mila sterline, ad ottobre in vendita nella capitale inglese.
L’arte italiana è tutta appeal. Richiama operatori internazionale, i quali sanno che il Novecento testimonia una complessità unica: il secolo breve, le avanguardie, il Fascismo, gli scontri ideologici, l’affermarsi travolgente della modernità in un paese con un passato contadino. E questa ricchezza storico-artistica permane come un patrimonio da analizzare e promuovere. Fare ciò poi in un quadro post-ideologico per discutere liberamente di Futurismo, di artisti del ventennio fascista, di avanguardie pop degli anni sessanta e settanta. Così il Novecento rappresenta un punto di arrivo per pittori e scultori che abbracciano il ‘ritorno all’ordine’ del classicismo restauratore; ma, nello stesso momento, raffigura un punto di partenza per gli artisti che vanno verso l’espressionismo o il superamento della forma.
Il Novecento italiano, per metafora, è un oceano battuto da grandi onde. Battuto ovvero dal contrasto perenne tra l’apologia della forma e il suo annullamento, in particolare a partire dagli anni Trenta. E i mercanti conoscono bene questa dualità. Conoscono che i futuristi, la pittura metafisica, il Novecento sarfattiano affiancato al Regime, poi ‘Corrente’, i giganti Fontana e Burri, sino ai pittori di Piazza del Popolo, creano il più complesso scenario storico dei linguaggi in Europa. Ed è una storia che si spiega attraverso quel contesto storico-politico-culturale che dal 1919 giunge sino al 1968; un contesto che dice chiaramente che alla nazione appartiene tutto: una mostra di Sironi a Roma come un’esposizione di Vedova a Venezia.
Con tale premessa sarà giusto aprire a nuove rivisitazioni per alcuni creatori di linguaggi, da rileggere senza confini culturali; e sarà giusto vedere crescere le quotazioni di quei maestri italiani mai minori: Maccari, Martini, Soffici, Licini che confermano la ricchezza immensa dell’arte italiana.