L’ultimo a essere pizzicato è Placido Domingo. Ottimo tenore, decenni fa; i miei sparuti lettori ben sanno quanto lo disistimi da quando, non rassegnandosi a por fine a un’onorevole carriera, ha tentato ridicolmente di trasformarsi in baritono e direttore d’orchestra. Il mio giudizio ha aumentato, se possibile, l’acerrima avversione che verso di me nutrono quei cretini che , alla francese, vengono chiamati “melomani”: errore giusto, perché i “musicofili” non sono “pazzi” (dalla radice “mane”) e possono persino essere persone intelligenti. Ma Domingo – ecco il punto – è stato espulso dal mondo musicale perché accusato di “molestie sessuali”: come sempre, risalenti a decenni fa. Ciò non rileva sul fatto artistico. Siamo nel 1984 di Orwell?
Uno dei più grandi direttori d’orchestra viventi, James Levine, sebbene paralizzzato e costretto alla sedia a rotelle per il morbo di Parkinson onde è affetto, è stato ignominiosamente considerato un mostro indegno esercitare l’arte perché un tale, trent’anni fa ragazzo, gli ha imputato una relazione sessuale nata dal metus reverentialis dal grande Maestro esercitata nei suoi confronti. Questa è stata la più infame di tutte, considerato lo stato in che il sommo musicista versa: lui, che ha fatto grande il Metropolitan, temo addirittura non ne abbia per molto. E, più indegna di tutto, il suo successore, omosessuale dichiarato, s’è “indignato“ accusando il predecessore e affermando che gli omosessuali debbono essere “perbene” e “sposati.” Una caricatura dell’impiegatuccio.
I rapporti sessuali sul luogo di lavoro m’ispirano disgusto. C’è sempre un potere, più o meno osteso, esercitato dalla parte agente o incitante (chiamiamola così perché a definirla attiva, riderebbero miliardi di persone). Ma c’è un sottile potere avvolgente, fatto d’ingenuità, di invocati debolezza, timidezza, stato di necessità, coniugi dichiarati brutali o indifferenti, dall’altro lato. L’insidia della “parte debole” non è meno pericolosa. Oggi il fatto vale per: uomo su donna, donna su uomo, uomo su uomo, donna su donna, transgender su transgender. Sono finiti i tempi della segretaria insidiata dal capufficio. Sono finiti sui media: nella vita, il primario sulla dottoressa, il professore sull’aspirante “associat(o)a, e così, sono sempre più frequenti e ripugnanti. E vale sempre più la “promessa lunga coll’attender corto” della “sistemazione” in carriera.
Infine, c’è l’attrazione reciproca, nata dal desiderio di un mutuo piacere. A prescindere dall’età e da quel sentimento che chiamano amore – se c’è. Chi la condanna è un ipocrita.
Il mondo rigurgita di situazioni alla Alberto Sordi. Tempo fa ho tentato invano di difendere la libertà erotica di un’insegnante che s’era innamorata di un ragazzo di quattordici anni e consumava. È l’altra faccia della mentalità calvinista oggi prevalente; laddove nei seminarî gli aspiranti sacerdoti, quasi tutti ricchioni, sono assai più accorti nelle loro relazioni pur se sempre più palesi.
Ripeto: le vittime sono oggi gli uomini famosi: calciatori, cuochi, cantanti, sarti, attori, e persino direttori d’orchestra. Levine, Kuhn, Harnoncourt, Dutoit, Gatti, e tanti altri, quale che sia il loro valore e la fondatezza dell’imputazione, la pagano amaramente. Un grande direttore, affetto da moglie che per gelosia si spinse a simulato suicidio, nei lunghi anni nei quali fu a capo alcuni dei più importanti teatri lirici del mondo, ebbe relazioni con segretarie, addette stampa, cantanti, donne delle pulizie, “maschere” (donne, intendo: si vocifera, ma è certo una fandonia, che da una di costoro abbia avuto una felice, o infelice, paternità). Tutti tacquero, tacevano, tacciono, taceranno. Eppure la posizione professionale del grande Maestro non è così prestigiosa come vent’anni fa: in altre parole, non fa paura a nessuno. Egli, peraltro, non essendo napoletano, di San Gennaro non è adepto, e il suo patrono è di serie C. Ormai toccherà a lui.
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*Da Il Fatto Quotidiano del 17.08.2019