Dove va la destra siciliana? Voto anticipato o no, quella isolana va alle ferie d’agosto consapevole di una dimensione politico-governativa che non trova pari nel resto del Paese. La nomina di Salvo Pogliese a segretario regionale per la Sicilia Orientale dei Fratelli d’Italia, conferisce sostanza (e concretezza numerica) al partito di Giorgia Meloni. In fondo, che l’unico sindaco di centrodestra a capo di una città metropolitana abbia lasciato Forza Italia per il soggetto erede della fiamma tricolore vale come un segnale di spessore per tutto il ceto dirigente isolano, e non. Campione di preferenze e abile mediatore istituzionale rispettato anche da M5s e Pd, Pogliese (coadiuvato dall’ex presidente di Azione Giovani, Basilio Catanoso) è chiamato a consolidare le stime di FDI su percentuali decisamente a due cifre.
Benché cresciuto nella cantera del Fronte della Gioventù, l’operazione Pogliese è dunque tutt’altro che amarcord e va decisamente oltre. Superato il primo anno a guida della città di Catania tra le onde del dissesto (evitando traumatiche lacerazioni sociali), i fondi del decreto crescita proiettano i restanti quattro anni di mandato verso un crinale di sviluppo chiamato a definire un modello amministrativo virtuoso e declinabile esclusivamente a destra. Con Pogliese, entra in FDI un pacchetto di amministratori di peso capitanati da tre giovani sindaci espressione della cosiddetta generazione Ateju: Massimiliano Giammusso, Antonio Bonanno e Salvatore Puglisi. Una classe dirigente che è chiamata a far squadra con la deputata Carolina Varchi, Mauro La Mantia e Giampiero Cannella. Dirigenti-militanti che da Palermo hanno iniziato a costruire mattone su mattone proprio mentre la guerra tra Berlusconi e Gianfranco Fini aveva mandato in frantumi l’intera area nazionale.
Una destra di governo, quindi. L’elezione di Raffaele Stancanelli all’europarlamento – il Richelieu della destra siciliana – conferma un trend politico che vede FDI in crescita e pronto alla possibile (ma non certa) tornata elettorale. La vicenda di Stancanelli va inquadrata nel dettaglio. Perché la sua candidatura ha avuto un prezzo di pagare: l’addio da Diventerà Bellissima, il movimento da lui stesso fondato e che ha trascinato Nello Musumeci verso l’elezione a governatore. Una lacerazione figlia della scelta congressuale dei gialloblù di non schierarsi nella competizione europea né con la Lega, né – appunto – con FDI.
Al voto, Musumeci preferisce da sempre l’azione di governo. All’indomani del 27 maggio, ha riaperto un canale con Matteo Salvini. Ma al momento la comunicazione tra i due è ferma alle questioni istituzionali. Di recente, Musumeci ha dichiarato in conferenza stampa che, in caso di voto, la sua collocazione naturale resta (va da sé) nel centrodestra. “Una granita con Salvini? Sono a dieta”. Intanto Ruggero Razza, assessore alla Salute e volto navigato della destra giovanile, alle sirene elettorali preferisce lavorare al riordino della rete ospedaliera e alla stabilizzazione delle professionalità nel sistema sanitario regionale. È invece un altro esponente dell’ex Alleanza Nazionale, rimasto però in Forza Italia, a pensare alla difficile sfida di rimettere ordine alle Infrastrutture dell’Isola con blitz nei cantieri e le revoche degli appalti per le aziende inadempienti: Marco Falcone. Mentre Manlio Messina (FDI), volto vincente della destra universitaria catanese, è chiamato alla guida dell’assessorato Turismo.
C’è destra anche nella Lega siciliana. Era stato il Corriere della Sera, mesi fa, a riferire della telefonata fatta da Matteo Salvini all’assessore ai Rifiuti del Comune di Catania. E suonava più o meno così: “Non pensare alla mancata candidatura all’Europee, stai tranquillo: si vota in autunno..”. Una previsione forse oggi confermata. Fabio Cantarella, già esponente di An ma dalle chiare frequenze sicilianiste, è uno degli uomini cardine del Carroccio isolano. Uno di quelli, a quanto risulta, destinato a fare strada. Molta strada.