Nel 1984 Mondadori pubblicò una edizione speciale del romanzo che George Orwell scrisse nel 1948 e che intitolò, mutando l’ordine delle cifre, appunto 1984, e ne affidò la introduzione all’allora noto Umberto Eco. La tesi del semiologo di Alessandria era che nessuna delle negative previsioni dello scrittore inglese si fosse avverata. Tesi sbagliata allora e ancor più oggi, a distanza di trentacinque anni e essendosi aggravate e radicalizzate alcune situazioni allora soltanto ipotizzate.
Come si sa, quella di Orwell era una antiutopia, o distopia come si preferisce dire oggi, cioè il “peggiore dei mondi possibili” le cui avvisaglie e radici egli vedeva ne mondo uscito dalla seconda guerra mondiale che aveva, secondo la vulgata, opposto “democrazie” a “dittature”. Il mondo da lui immaginato per il 1984 raffigura invece una delle più radicali dittature mai pensate. Vediamone alcuni aspetti la cui previsione è sconcertante ed eclatante.
Sul piano internazionale il mondo di 1984 immagina alcuni blocchi continentali di potere e di nazioni che non potendosi scontrare direttamente in un conflitto globale ed apocalittico, si confrontano settorialmente, e spesso per interposta ppersona, in limitati conflitti locali anche se devastanti. E’ quanto sappiamo avvenuto durante la “guerra fredda”, ma è un sistema che vige ancora oggi, dove gli scontri regionali con “delega” delle superpotenze, si moltiplicano ma si esauriscono in loco senza espandersi.
Ma non è questo l’aspetto certamente più clamoroso di quanto scritto da Orwell, bensì almeno altri due su un piano “privato” che ci riguarda tutti direttamente.
La società del Grande Fratello (nel senso di fratello maggiore, quello che si preoccupa di noi) è una società ipercontrollata attraverso visori posti per ogni dove, comprese le abitazioni private, dove non esiste dunque intimità e riservatezza (concetto ripreso dall’omonimo programma televisivo). E non è forse proprio quanto succede oggi, non ad opera di una Dittatura, bensì grazie alla Democrazia, non solo disseminando di telecamere il territorio per il nostro bene e sicurezza (ci siamo ormai abituati), ma adesso soprattutto attraverso le grandi società mediatiche come Facebook, Amazon e Google? Il recente scandalo internazionale del “furto dei dati personali” di milioni di utenti lo dimostra. Non solo. Il controllo individuale oggi può avvenire assai più semplicemente attraverso gli smartphone e le loro innumerevoli applicazioni. Questi sono ormai veri computer tascabili che ti seguono ovunque, ti segnalano ovunque, ti controllano ovunque. Per essere indipendente da loro non basta spegnerli, non devi averli con te, deevi lasciarli altrove. E ovviamente nessuno lo fa: basta andare su un mezzo pubblico e guardare intorno giovani e vecchi che viaggiano con te…
Non c’è dunque un solo Grande Fratello, ma innumerevoli Grandi Fratelli che ti controllano sempre e ovunque, e sanno tutto di te. E, cosa peggiore rispetto alla distopia orwelliana, grazie alla tu collaborazione, con il tuo consenso. A dispetto delle conclamate leggi in difesa della cosiddetta privacy. L’ostentazione di se stessi, la messa in mostra, la voglia di raccontare tutto della propria vita e delle proprie faccende intime è troppo forte ed è stata potenziata da questi marchingegni. Inutile poi lamentarsi che avvengano fatti terribili e tragici se si è portati a fare di FB o di Whatsapp una specie di diario pubblico e in pubblico.
Ma, a mo parere c’è un’altra previsione di Orwell che si è avverata nel modo peggiore. Il protagonista del suo romanzo lavora al Ministero della Verità che ha il compito di adeguare libri, giornali, testi e immagini, alle sempre nuove verità ideologico-politiche dello Stato e del Partito. Sicché di punto in bianco personaggi scompaiono da libri di storia e enciclopedie, fatti scomparire dalle foto, o eventi acclarati cambiano versione. Le stesse parole mutano di senso: Pace vuol die Guerra, ad esempio. E noi oggi non siamo abituati alle guerre che sono operazioni umanitarie? E’ la Neo-lingua, è il Bis-pensiero di Orwell. E non ci vediamo imporre, grazie alla propaganda dei mass media o di particolari lobby culturali la modifica del vlore delle parole, e alcune di esse non ci vien detto che non si devono più utilizzare perché omani in alto loco si è deciso che sono “offensive” o “inappropriate” o “inappropriate” nei confronti di alcune “minoranze”? Termini che una volta erano considerati usuali e assolutamente non offensivi ma solo descrittivi non si potrebbero più usare – peniamo a pellerossa, zingaro, negro – a rischio di discredito sociale per chi le scrive o pronuncia anche senza voler dir male di nessuno.
E’ un condizionamento dettato da innumerevoli Grandi Fratelli che dimostrano come Gorge Orwell avesse avuto profeticamente ragione settanta anni fa.
È semplice: tali parole sono state connotate negativamente. La lotta al politicamente corretto non credo abbia come scopo il diritto ad offendere (o forse sì, considerata la cafonaggine dei politici “sovranisti”). Negro, zingaro o frocio sono sempre stati termini offensivi e oggi vengono utilizzati in genere dai cafoni e dagli adolescenti. A questo punto gettiamo alle ortiche anche il galateo: scorreggiamo e ruttiamo liberamente a tavola…che ne dite?
Beh, usare l’espressione “omosessuale” al posto di “frocio” o “checca”, oppure di “disabile” al posto di “handicappato”, ci può anche stare, perché in effetti suonano più formali, ma sostituire “negro” con “di colore”, “clandestino” con “migrante”, oppure imporre al femminile i nomi di determinate cariche come “sindaca”, “presidenta”, “ministra”, ecc., allora sì che siamo in piena dittatura del politicamente corretto.
Sui nomi al famminile d’accordo. Ma converrai che se dici negro in pubblico, anche in modo non dispregiativo, scatta in automatico la manina sulla bocca, sempre che tu non sia un radical chic che può permetterselo o un personaggio televisivo folcloristico (due figure che spesso coincidono).
‘Negro’ è semplicemente nero in spagnolo, usato peraltro anche negli USA di un tempo. Ma, io che in un Paese ispanofono ci vivo, trovo la cosa ben ridicola…Del resto anche Black credo non venga più usato negli USA. Ma allora non dovrebbero più dire ‘bianco’ neppure, ma solo ‘causasian’, il corrispettivo di ‘afro’…
Zingaro non è offensivo più di rom o gitano o gipsy ecc… una realtà oggettiva, storica, come italiano o serbo… Del resto, ognuno a questo mondo gode della considerazione che si merita, ovunque, e non per la denominazione del gruppo etnico di appartenenza…
Non bisogna neanche fare del Politically Correct un totem. Bisogna sbeffeggiarlo sempre, è una idiozia liberal-gauchiste contro l’intelligenza ed il senso comune, ma senza finire incriminati… Del resto le censure servono per essere aggirate e turlupinate…da sempre…
Ci sono dittature molto più pericolose di quella di Facebook, peraltro. Io ne so qualcosa, anche se per voi, magari, Maduro, Ortega, Castro ecc. sono solo
‘antimperialisti’ che suscitano addirittura simpatie… Stolti!
Sig.Antonio : il tutto libero è stato abbondantemente superato dall inno ridotto a gioco aperitivo con tanto di cubiste. Ovviamente non uno di questi ferventi patrioti ha speso una parola.
Internet, Facebook, Amazon ecc.? Chi li ha inventati e diffusi? Gli USA. Ed allora volete che non siano coerenti con la “logica imperiale USA”? Basta non usarli.